Uno studio commissionato da GE HealthCare, azienda leader nella tecnologia medica, nella diagnostica farmaceutica e nelle soluzioni digitali, dal titolo Reimagining Better Health (“Immaginare una salute migliore”), identifica prospettive ed esigenze di chi è al centro dell’assistenza sanitaria: pazienti e medici. Lo studio, condotto su un campione di 5.500 pazienti e rappresentanti di associazioni dei pazienti e 2.000 medici in 8 diversi Paesi, ha lo scopo di contribuire a delineare un percorso da seguire quando fattori di stress come il burnout, la mancanza di personale e il numero di pazienti arretrati mettono a dura prova la resilienza dei sistemi sanitari.
Ai partecipanti all’indagine è stato chiesto di rispondere a domande relative al sistema sanitario nel suo complesso, sulla base delle loro esperienze e osservazioni personali. I risultati rivelano che molti dei fattori di sviluppo in grado di far progredire il sistema rappresentano, al contempo, una sfida per pazienti e medici. In particolare, lo studio ha rilevato che la poca fiducia nell’IA, la scarsa interoperabilità tecnologica all’interno del sistema sanitario, il burnout della forza lavoro, la frammentazione della collaborazione sanitaria e l’accessibilità alle cure sono alcuni dei punti dolenti.
“In un settore come quello sanitario, caratterizzato da grandi sfide, l’ascolto di medici e pazienti è fondamentale per indirizzare al meglio gli sforzi” ha dichiarato Antonio Spera, Presidente e Amministratore Delegato di GE HealthCare Italia. “Reimagining Better Health vuole essere una sorta di utile promemoria delle barriere da superare e un invito all’azione per tutti gli stakeholder del settore sanitario affinché affrontino i problemi attuali concentrandosi sulle reali esigenze di medici e pazienti, per andare verso un sistema sanitario sempre più umano e flessibile“.
Riconoscimento delle potenzialità dell’Intelligenza Artificiale unito a scarsa fiducia. Oggi le tecnologie di Intelligenza Artificiale in ambito sanitario sono progettate per migliorare l’esperienza e i risultati dei pazienti, automatizzare le attività e aumentare la produttività. Sebbene la maggioranza dei medici intervistati ritenga che l’IA possa supportare il processo decisionale clinico (61%), consenta interventi sanitari più rapidi (54%) e contribuisca a migliorare l’efficienza operativa (55%), lo studio mostra che la diffidenza e lo scetticismo nei confronti dell’IA in ambito medico – senza riferimento a prodotti specifici – sono prevalenti tra tutti gli stakeholder.
Solo il 42% dei medici ritiene che i dati dell’IA siano affidabili (negli Stati Uniti la percentuale scende al 26%). I medici con più di 16 anni di esperienza sono ancora più scettici nei confronti dell’IA, con solo il 33% che si fida della qualità dei dati. Inoltre, i medici ritengono che, sebbene l’IA possa contribuire a ridurre le disparità di assistenza (54%), la tecnologia è anche soggetta a “bias”, pregiudizi incorporati (44%).
Scarsa fiducia nei nuovi modelli di erogazione delle cure. I pazienti indicano come priorità assoluta per il futuro, ancor prima delle soluzioni tecnologiche che consentono di individuare più rapidamente potenziali problemi di salute, una maggiore flessibilità nelle modalità, nei luoghi e nei tempi di erogazione dei servizi sanitari; tuttavia, la flessibilità dell’assistenza distribuita al di fuori delle mura degli ospedali può creare delle difficoltà.
La metà dei medici non si sente a proprio agio nel fornire assistenza clinica al di fuori dell’ambiente clinico tradizionale (50%). Anche i pazienti sono apprensivi nei confronti dei nuovi metodi di erogazione delle cure e non si sentono del tutto a loro agio con i test a domicilio o fuori dalla clinica (62%) senza supervisione. Inoltre, per i pazienti è importante chi fornisce le cure. Mentre la maggior parte dei pazienti (67%) ha un alto livello di fiducia nel proprio medico di famiglia, i livelli di fiducia scendono quando si considerano altri professionisti della sanità. Poco più della metà dei pazienti (52%) non ha fiducia negli operatori sanitari che non sono medici o infermieri ospedalieri per quanto riguarda i consigli sanitari appropriati.
Connettività in un sistema frammentato. Parte di questo disagio nei confronti dei nuovi modelli di erogazione delle cure può essere attribuito alla scarsa interoperabilità tecnologica del sistema sanitario. Poco più della metà dei medici afferma che le tecnologie mediche si integrano perfettamente tra loro (51%) e sono facili da usare e intuitive (53%).
Sebbene i pazienti e i medici desiderino che i dati sanitari rilevanti dei pazienti siano disponibili tra i sistemi e le piattaforme, questo non è stato pienamente realizzato. Il 41% dei medici non è convinto di avere accesso tempestivo a cartelle cliniche elettroniche affidabili e circa un terzo dei pazienti (35%) teme che i medici che li hanno in cura non abbiano accesso ai loro dati sanitari rilevanti.
La forza lavoro è caratterizzata dal burnout. Secondo lo studio, un impressionante 42% dei medici intervistati ha riferito che sta considerando attivamente di lasciare il settore sanitario. Inoltre, il 39% non prova un senso di orgoglio per la propria professione.
In tutti gli otto Paesi esaminati, la retribuzione inadeguata e lo scarso equilibrio tra lavoro e vita privata sono stati tra i motivi principali citati per abbandonare il lavoro. Inoltre, il 47% dei medici ha dichiarato di non sentirsi pienamente supportato dalla leadership.
I pazienti sentono l’impatto del burnout dei medici, con il 43% che afferma di non sentirsi ascoltato dai medici e meno della metà (42%) che trova che i medici siano in grado di empatizzare con la loro situazione personale e con il modo in cui questa influisce sul loro trattamento.
Un obiettivo comune. In termini di visione di ciò che ci aspetta, il 99% dei medici concorda (completamente o in parte) con la definizione di un futuro in cui: i pazienti e chi li cura sono più strettamente collegati tra loro grazie alle soluzioni tecnologiche; l’assistenza ai pazienti e le cure mediche si svolgono sia all’interno che all’esterno degli ambienti clinici tradizionali, ad esempio nelle case dei pazienti; l’ecosistema sanitario viene ampliato per includere una gamma più varia di operatori sanitari, alcuni dei quali potrebbero non essere presenti oggi.
Dallo studio Reimagining Better Health emerge un obiettivo chiaro: un sistema sanitario più umano e flessibile. GE HealthCare ne ha condiviso le principali evidenze per incoraggiare la discussione, la collaborazione e le azioni tra le parti interessate del settore: i pazienti, l’ampio spettro degli operatori sanitari, i leader del settore, i rappresentanti istituzionali, il settore tecnologico e l’opinione pubblica. Tutti sono invitati a considerare il proprio ruolo nel superare le barriere, in modo che tutti possano beneficiare di cure migliori.
Nota stampa GE HealthCare