Cosa sono questi 400 miliardi di aiuti previsti dal decreto liquidità? Sono le somme che sulla carta lo Stato mette come garanzia nei confronti delle imprese per agevolare l’accesso al credito di queste ultime che si trovano con l’esigenze di liquidità a causa della chiusura forzata delle attività. Soldi che chiederanno alle banche e che ovviamente dovranno rimborsare per far fronte ai mancati fatturati e alle perdite di fette di mercato di queste settimane oltre ai pagamenti necessari per far riprendere le attività. Tra i pagamenti da sostenere, inoltre, non dimentichiamolo, ci saranno anche le tasse non pagate e solo rinviate a giugno. Si tratta, è bene dirlo, di un provvedimento positivo ma che ha tuttavia lo scopo di far pagare la crisi forzata alle aziende. E’ un decreto al di sotto delle aspettative in tempi così straordinari.
La vera agevolazione, inoltre, l’avranno solo i piccoli autonomi e le partite Iva che potranno accedere ad un massimo di 25mila euro senza istruttoria da parte delle banche, e che dovranno comunque rimborsare il prestito entro 6 anni. Le aziende che chiederanno somme superiori seguiranno le normali procedere di accesso al credito, come ha spiegato chiaramente il Presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, in più occasioni. E alla fine, proprio per questa ragione, potremmo trovarci con molte aziende che non potranno accedere ai presiti agevolati per esito negativo dell’istruttoria bancaria. Così Patuelli in un’intervista a Milano Finanza: “Non sarà possibile far arrivare alle aziende in tempi da sprint la liquidità assistita dalle garanzie pubbliche. Innanzitutto perché sarà prima necessario ottenere il via libera Ue allo schema. E poi perché, per le coperture sotto il 100%, le procedure non potranno che essere quelle ordinarie. Si avrà la possibilità di compilazione più rapida per i prestiti coperti da garanzia statale al 100%, mentre sarà sostanzialmente una pratica di fido ordinaria per quelle con garanzia dal 90% in giù”.
Quindi, semplificando, tutta l’operazione che c’è dietro il cosiddetto decreto è in realtà un provvedimento di indebitamento che per molte aziende segue l’iter ordinario. Qualcuno può smentire questo assunto? Aggiungiamo, poi, una condizionalità presente nel decreto che, se confermata, è sostanzialmente fuori dalla realtà. Parliamo del mantenimento dei livelli occupazionale pre-coronavirus per coloro che accederanno a questi prestiti. Facciamo un esempio semplice e concreto: se un ristoratore quando riaprirà potrà utilizzare solo un terzo dei propri tavoli è evidente che vedrà ridurre la propria clientela e di conseguenza sarà costretto a ridurre il personale. Questo schema, purtroppo, sarà generalizzato per molte attività e imprese. Morale, siamo in un circolo vizioso in cui le aziende avranno bisogno di liquidità, e per averla potranno ricorrere al prestito garantito dallo Stato – se l’istruttoria per le aziende che non hanno la garanzia del 100% andrà a buon fine – ma a condizione di mantenere i livelli occupazionali. Condizionalità che non potranno soddisfare perché ripartiranno a condizioni di mercato e di fatturato ridimensionate. Che facciamo?
“Potenza di fuoco”.Invece ce l’hanno raccontata con dichiarazioni altisonanti e con un uso disinvolto quanto costruito delle parole per propinarci una narrazione del provvedimento epica e che ci inducesse a percepire un altro film, ossia: lo Stato mette nelle casse delle imprese liquidità per 400 miliardi senza condizioni. Questo il messaggio subliminale che si è voluto far passare. In questo senso è illuminate l’analisi (sul piano della comunicazione) fatta da Francesco Mercadante su Il Sole 24 Ore che scrive: “Un uomo delle istituzioni, nel parlare dei bisogni della gente, deve stare attento non solo alle figure del significato, ma anche al timbro, al tono e – perché no? – alle pause e al ritmo perché ogni variazione genera un’alterazione, quantunque temporanea, del senso di realtà altrui”.
Le aspettative in tempi di sospensione dei diritti fondamentali dell’uomo. Alla fine, per usare le parole del direttore e giornalista economico Sergio Luciano: “La montagna ha partorito un annuncio di proporzioni topesche. Perché non basta la garanzia al 90% dello Stato, per ottenere davvero i soldi necessari a sopravvivere nel trimestre orribile che le imprese italiane hanno appena intrapreso”. Le aspettative, come ricordo Luciano, erano ben altre e di altro tenore e impatto: si puntava al 100% di garanzia per tutti, niente valutazione bancaria del merito di credito, 30 anni per il rimborso e 2 di preammortamento (periodo in cui si pagano solo gli interessi ma non il capitale). La realtà è bene altra e siamo di fronte un decreto indebitamento che alla fine non è nemmeno un’agevolazione per molte imprese.
Niente a fondo perduto? Se il momento è talmente straordinario che siamo giunti alla sospensione dei fondamentali diritti individuali e di libertà è evidente che le misure di sostegno devono essere realmente straordinarie e all’altezza della situazione. Ma cosa c’è di eccezionale e vantaggioso nello spingere, per cause superiori, le aziende ad indebitarsi? La crisi forzata la pagheranno le imprese con i loro soldi, perlomeno coloro che riusciranno a prendere questi finanziamenti. Con quali impatti, tra l’altro, sul piano occupazionale? Vedremo. Almeno, in questa fase di sospensione forzata delle libertà fondamentali risparmiateci, però, la retorica roboante dei superlativi che precedono la descrizione di provvedimenti. Ci rendiamo tutti conto che la situazione non è facile e il compito del Governo Conte è tra i più ardui probabilmente dell’intera storia repubblicana. Ma ciò non toglie che oltre all’annullamento dei fondamentali diritti di libertà ci sia anche quello dell’onesta intellettuale.
In attesa dell’Europa. In attesa di capire cosa avverrà davvero sul piano europeo dal quale ci aspettiamo la vera “potenza di fuoco” evocata dal premier Conte, sapendo che il Mes non ci riguarda se non per le novità in termini di spesa sanitaria e che gli Eurobond non li avremo mai, si spera almeno nell’efficacia immediata dei provvedimenti presi. Si spera nel fondo speciale proposta dalla Francia e sostenuto anche dall’Italia, ma soprattutto che i primi soldi stanziati per lavoratori dipendenti, autonomi, partite Iva, artigiani, famiglie e via dicendo arrivino il prima possibile sui conti correnti degli italiani.