È stato più volte bersaglio di polemiche e critiche, eppure ad oggi la sua strategia nella lotta contro il nuovo Coronavirus è quella ad aver raggiunto i risultati più incoraggianti in Italia. Stiamo parlando del presidente della regione Veneto, Luca Zaia, che fin dall’arrivo dell’epidemia in Italia ha messo in atto nella sua regione un piano che si potrebbe riassumere nel motto “test,test,test” – riprendendo le sue stesse parole –, anche quando questo significava scontrarsi con il parere dell’Oms. Ma il rigore e il controllo capillare si sono rivelati vincenti nell’individuazione dei positivi, soprattutto asintomatici, riuscendo così a limitare il contagio rispetto alle stime di inizio marzo.
Il Veneto potrebbe dunque essere un modello valido anche per le altre regioni. Lo suggeriscono gli stessi dati che mostrano come nella regione si stia registrando un incremento dei contagi inferiore a quello previsto dalle stime. Il trend è stato evidenziato da uno studio condotto dall’Università di Padova, che ha confrontato i dati reali con le previsioni del 3 marzo: a partire dal 2 marzo, la curva dei casi riscontrati è cresciuta più lentamente rispetto a quella prevista. Nello specifico, alla data del 12 marzo, lo studio ha registrato 1.023 casi osservati contro i 1.356 previsti, per una stima di 333 contagi evitati in dieci giorni. “
La strategia “tamponi a tappeto” adottata fin da subito da Zaia ha dunque buone possibilità di essere quella vincente in questa guerra silenziosa contro il virus. D’altronde, il presidente del Veneto si è mostro fermo su questo punto, anche quando la sua linea si scontrava con le direttive dell’Oms che raccomandavano di eseguire i tamponi solo ai sintomatici. Questo almeno fino a questa settimana, quando martedì scorso la stessa Oms ha richiesto all’Italia un cambio di strategia, invitando ad eseguire più tamponi per isolare gli infetti. Insomma, sembra proprio che i fatti stiano dando ragione alle scelte di Zaia. “Abbiamo già effettuato 40 mila tamponi in Veneto e continueremo dato che da Vo’ Euganeo esce fuori una grande esperienza: identificare i soggetti positivi e asintomatici, e quindi isolarli significa poi far crollare il numero dei sintomatici e dei positivi nella comunità” ha rivendicato il presidente veneto.
Una sfida a Roma? “Non c’è nessuna sfida” risponde Zaia a proposito di un eventuale scontro con le misure intraprese dalla capitale, in quanto “la gestione della sanità – ha specificato ai microfoni di Rai Radio 1 – è un abito sartoriale, perché ogni regione ha la sua organizzazione, anche in funzione della sua conformazione territoriale e culturale”. Tuttavia – almeno per quella che è stata la linea di contagi in Veneto – le sue intuizioni si sono rivelate giuste. “Noi abbiamo iniziato da subito a fare i tamponi, quando abbiamo avuto il 22 febbraio i primi due contagiati nel comune di Vo’. Io ho deciso da subito di fare i tamponi a tutti i cittadini, non su una base scientifica, ma perché volevo conoscere meglio la situazione” ha aggiunto Zaia, sottolineando come dai 66 asintomatici riscontrati in quell’occasione nel piccolo comune di 3000 abitanti, si è passati a distanza di 15 giorni a soli 6 asintomatici.
Ma queste misure potrebbero non bastare. Date infatti le difficoltà registrate nel limitare il traffico di persone nelle città più colpite, soprattutto in Lombardia, quest’ultima ha deciso di chiedere alle compagnie telefoniche di monitorare i movimenti dei cittadini oltre i 300 metri. Il risultato è allarmante: ancora il 40% della popolazione si sposta oltre questa distanza. Un’idea che non è dispiaciuta affatto a Zaia, che a proposito dell’idea di seguire l’esempio lombardo anche in Veneto ha dichiarato: “è un’ottima soluzione. Il problema – riporta Il Gazzettino – è che siamo in un paese nel quale la limitazione della privacy e di libertà personale sono evocate a ogni piè sospinto. Ma siamo in emergenza, e ci vuole un provvedimento che ci legittimi a fare tutte queste attività”.