Avete presente quella sensazione che ci assale quando, ormai adulti, torniamo nei luoghi della nostra infanzia? Come quando ripensiamo ad un particolare odore, sapore, come quella torta che ci preparava la mamma? O il profumo della nonna? Quei profumi che ci riportano subito in quel particolare posto come se fosse passato solo un istante da quando ci trovavamo in quel luogo, dove andavamo solo noi, nostra madre e la vicina di casa.
Le mappe mentali: soprattutto nei momenti di crisi. Sicuramente il COVID-19 ha stravolto le nostre vite; sia dal punto di vista personale di relazione, spazi, confini che lavorativi: e non parlo solo dello smart working o dell’home working, faccio riferimento ad una nuova modalità di darsi priorità, utilizzo di strumenti ritenuti spesso complementari: parliamo per un momento di mappe mentali. Come è chiaro a tutti uno nei momenti di grande incertezza, inabilità, mancanza di informazioni – come quello che stiamo vivendo- mantenere la lucidità e la necessaria visione di quello da fare e soprattutto di tutto quello da non fare: una per tutti farsi prendere dalla paura e dal panico. Esiste uno strumento molto utile a mio avviso e neanhe troppo complicato da usare come una bussola in questi particolari momenti, nel momento in cui lo sforzo che ci viene richiesto è davvero importante. La mappa mentale è una rappresentazione grafica del pensiero, ideata da Tony Buzan e che si fonda su un o sviluppo di competenze visive, creare immagini che aiutino a memorizzare e creare collegamenti tra gli argomenti. La mappa ci porta verso un obiettivo in maniera chiara, quasi naturale: e proprio quando si è sotto stress la chiarezza è l’unico drive da utilizzare, una mente confusa è noto che scelga sempre la strada più facile e non la più efficace. Le mappe si alimentano con la capacità di osservare, vedere oltre i confini, con il ragionamento e una necessaria dose di coraggio – che non guasta mai -.
My Productive Quarantine. In questo momento io sto lavorando da casa, in Home working perché per la policy che abbiamo adottato nell’azienda dove lavoro – la cassa di risparmio di cento – per il contrasto della diffusione del coronavirus prevede un uso di smart working e home working laddove attivabile ma soprattutto la non compresenza nello stesso luogo fisico di owner e back up di un processo o settore. Tralasciando il fatto che io amo definirimi una workaholic è ormai un dato di fatto che la produttività in ambiente domestico o comunque “smart” sia più alta o quanto meno non ridotta, l’impegno maggiore e sicuramente le ore dedicata al lavoro sono tante. Abbiamo però la possibilità di creare valore, scegliendo di arricchire le nostre competenze anche mentre non stiamo lavorando e scegliendo dei canali formativi che ben si conciliano con questo momento: studiare anche mentre guardiamo netflix, ed aspettando che esca la nuova serie della casa di Carta, per imparare la pianificazione dal professore, possiamo e dobbiamo fermarci a guardare un documentario per me molto utile e ben fatto: il Pensiero Creativo.
Il Pensiero Creativo: 52 minuti di training. Il neuroscienziato David Eagleman sonda il processo creativo di vari innovatori, esplorando modi complessi e rischiosi, a volta, per stimolare la creatività. Un viaggio stimolante, molto anglosassone, per spiegare come tutto ciò che è all’infuori dell’ambiente naturale sia il risultato di un pensiero creativo: un percorso umano durante il quale abbiamo portato pezzi di noi, del nostro sapere, in giro per il mondo, abbiamo contribuito a regalare parte delle nostre esperienze agli altri e a godere reciprocamente delle proprie energie alimentate da quelle degli altri, cercando di massimizzare il valore aggiunto di ciascuno. Ognuno di noi con la propria particolarità. Da dove arriva l’illuminazione? Come si crea quello scatto nella mente che permette di risolvere quel problema che ci angosciava da tempo? quando e come avviene quel momento di piena consapevolezza che ci permette di vedere tutto chiaro, tutto semplice? La creatività, è stata definita, come quella è caratteristica esclusiva degli esseri umani, quel dono che insieme alla parola ci ha fatto fare il salto evolutivo da animale a essere umano. Degli animali però, ricordiamoci sempre che condividiamo circa il 99% del DNA con gli scimpazè, abbiamo conservato l’istinto inteso come quella spinta interna, impulso, inclinazione naturale o innata. Quando poi creatività ed istinto si fondono, i risultati sono tanto inaspettati quanto geniali.
Una carrellata di menti e creatività. Sentendo parlare di pensiero creativo, probabilmente il primo collegamento che faremo sarà diretto ad artisti più comunemente (e giustamente) considerati tali: Leonardo, Frida Khalo, Picasso, Caravaggio, Mozart. Pittura, poesia, letteratura, musica. Nel documentario viene presentato un altra grande arte che beneficia della creatività: la scienza. Michelle Khine è una nanotecnologa che è riuscita a portare avanti le sue ricerche grazie ad una brillante trovata. Michelle racconta come, in preda alla disperazione, le sia venuto in mente un gioco in voga quando era bambina: si avevano a disposizione delle specie di pellicole, ci si disegnava sopra, queste venivano messe in un fornetto e, PUF!
Per tornare ai nostri giorni credo che ciascuno di noi abbia in mente le parole di Annalisa Manara il medico anestesista che per prima ha diagnosticato a Codogno il Covid-19 “Ho pensato all’impossibile. Se il noto falliva non mi restava che entrare nell’ignoto“. E non è genio questo? Grazie alla sua “pazzia clinica” in nostro paese ha avuto la possibilità di tentare di rallentare l’epidemia. Eagleman sottolinea come il cervello umano non crei diretti collegamenti tra input ed output, ma che questi ultimi “possono mescolarsi e scontrarsi con ciò che è già li, possiamo rimuginare su idee e pensare a cosa e considerare possibilità”. Durante la visione del documentario incontriamo numerosi folli (e adorabili) personaggi che, personalmente, ma credo ciascuno di noi vorrebbe incontrare almeno una volta nella vita magari come vicino di seggiolino in aereo. Incontriamo Bjarke Ingels, visionario architetto danese, fondatore del Bjarke Ingels Group (BIG) che, per intenderci, ha attualmente in mano il progetto del Two World Trade Center. Due di questi amici virtuali mi hanno particolarmente colpita: un inaspettato Tim Robbins ci offre la sua interessantissima esperienza di insegnante di recitazione a gruppi di detenuti, parlando di come il potenziale creativo delle persone in prigione sia incredibile, e questo non fa altro che confermare la teoria secondo la quale le doti e i talenti si distribuiscono in maniera casuale e democratica! L’altro è il brillante Nathan Myhrvold, l’uomo tra i più intelligenti al mondo secondo Bill Gates. Nathan di mestiere è curioso. Avete capito bene. È Un inventore forse, un genio sicuramente, un pioniere, un sognatore. ”Ho sempre avuto difficoltà a descrivermi perché le cose che faccio sono abbastanza improbabili, tanto che metterle insieme ne ridurrebbe la credibilità. Insomma, scrivo grandi libri di cucina.E ho inventato un nuovo tipo di reattore nucleare.E faccio ricerca su dinosauri e asteroidi”
Credetemi: e guardatelo. Prendere elementi dagli ambiti più diversi e mescolarli tra loro come fossero ingredienti per una torta. Il Pensiero Creativo è un inno alla sperimentazione, un invito ad accogliere segnali provenienti dagli ambiti più disparati, rielaborarli e creare qualcosa di nuovo. Paesaggi, suoni, sensazioni, espressioni facciali e matematiche, parole, gesti, materiali. Siate permeabili, accogliete la Bellezza che vi circonda, fatela vostra e fatevi guidare dalla creatività in un percorso senza confini, regole e strade già segnate: non vedrete la fine per un po’ e, chissà, l’arrivo potrebbe anche essere una delusione. Ma vuoi mettere la soddisfazione se il risultato finale è un successo? Fa parte dell’apprendimento essere confusi. “Per essere creativo, per pensare fuori dai proverbiali schemi devi essere disposto a sbagliare. Devi anche essere disposto ad avere ragione e avere tutti che pensano che tu abbia torto.” A me ha convinto.