Il peggio sembra passato tuttavia non mancano di ricordarci, ogni volta che sembra volersi affacciare un po’ più di ottimismo, che “siamo ancora in emergenza”. L’Italia e il mondo piano piano ripartono e, tra difficoltà, crisi economiche e paura per la tanto temuta ondata di contagi di ritorno, ci si approccia a quella che ormai tutti conosciamo come “la nuova normalità” a cui siamo chiamati ad abituarci tra guanti, mascherine e distanziamento. Nell’intervista con Andrea Fontana, Sociologo della Comunicazione e dei Media Narrativi nonché autore del libro “Ballando con l’apocalisse”, affrontiamo le conseguenze di questi due mesi di lockdown ma cerchiamo di scoprire anche gli insegnamenti che possiamo trarre da quest’esperienza che ci ha scosso molto ma può insegnarci ancora di più. Come ci spiega Andrea nel suo libro, infatti, il coronavirus è senz’altro il più rumoroso ma certamente non l’unico “evento estremo” che ci sta coinvolgendo. Oltre alla pandemia da Covid-19 ci sono altri “pericoli” che Andrea descrive come “l’apocalisse dei giorni nostri”, primo tra tutti è il cambiamento climatico.
Siamo ormai in piena “Fase 2” dell’emergenza coronavirus ma le conseguenze del lockdown ce le porteremo dietro per molto tempo. Quali i segni maggiori che ci lasceranno questi due mesi di chiusura forzata? Chi ne risentirà di più? Ne risentiremo tutti. Mi pare di vedere tre atteggiamenti di fondo da parte di individui e organizzazioni. Da una parte c’è chi rimuove l’evento e afferma: “non è successo niente, andiamo avanti” e all’estremo opposto invece c’è chi cerca di elaborare il trauma, dicendo: “è cambiato il mondo e dobbiamo capire come rivedere le nostre vite”. In mezzo, frastornato, chi sostiene: “non ci capisco ancora nulla”. Ecco, credo che andremo avanti ancora un po’ così, cercando di gestire i segni della rimozione, della confusione e dell’emancipazione. Vedremo quale dei tre atteggiamenti prevarrà.
Si parla molto di responsabilità della politica e del sistema di comunicazione e si discute ampiamente sulle modalità in cui quest’emergenza sia stata ed è tutt’ora affrontata sotto i più svariati punti di vista. Non crede che il cittadino si senta disorientato dalle diverse narrazioni che si sente raccontare e che circolano intorno all’emergenza coronavirus? C’è un modo per distinguere quelle che potremmo definire delle “verità personali” dalla realtà oggettiva? In questo momento siamo in piena infodemia. Siamo entrati in una dimensione del dibattito pubblico dove non c’è più tanto il confronto tra verità oggettive e falsità di fatto. Piuttosto tra diverse interpretazioni scientifiche di eventi, quali la pandemia e le crisi economiche. L’infodemia infatti ti costringe a vivere all’interno di contraddizioni sistemiche. L’infodemia non riguarda più la “verità personale” ma la “verità collettiva” visto che viene a mancare una “teoria di mondo fondativa” in favore di molte possibili e plausibili. Ed è anche uno scontro di potere. In una fase così concitata, come individui dobbiamo selezionare molto bene le nostre fonti informative e non condividere informazioni di cui non siamo assolutamente certi. E “fidarci” maggiormente delle esperienze di cui abbiamo diretta testimonianza. Tutto il resto è solo un “sentito dire”.
A prescindere dall’emergenza dal punto di vista sanitario ed epidemiologico, se un giorno tutto sarà finito, crede che riusciremo a voltare pagina dopo uno shock come quello derivante dal coronavirus? O ne usciremo cambiati per sempre? Come esseri umani siamo molto adattivi. Per cui sono piuttosto confidente che volteremo pagina. Ci siamo già ripresi da pandemie, guerre e carestie nel passato. Il problema è quando lo faremo. È il modo e il tempo di ripresa che cambia la qualità di vita nel frattempo. È quello che scegli di fare nel cambiamento catastrofico che rende migliore o peggiore le condizioni di vita. Se, gli Stati della Ue, e le Regioni Italiane con il Governo, sapranno cooperare e trovare forme di sviluppo condiviso attraverseremo la notte con qualche luce di conforto. Se lo Stato e le Regioni italiane non coopereranno dando supporto a famiglie e lavoratori allora la notte sarà lunga e senza conforti.
Cerchiamo di dare una nota di positività in un contesto in cui tutto sembra tendere al negativo: c’è un aspetto di questa vicenda dal quale possiamo trarre una lezione di vita, un insegnamento da replicare e mettere in atto nella nostra quotidianità per contribuire a rendere migliore il nostro mondo? Senza dubbio. Intanto la sensibilità ritrovata. Davamo tutto per scontato. Invece nulla è tale. Per cui il risveglio di consapevolezza individuale e collettivo. Nuova coscienza verso il lavoro, verso gli affetti, verso gli obiettivi della propria vita. Questa energia che ci super-attiva va sfruttata, per cambiare aspetti delle nostre esistenze che magari erano diventati pesanti per noi. Poi la tecnologia. Abbiamo visto che ci sono tecnologie utili (digitali e non solo) che devono svilupparsi ancora di più e a cui tutti devono avere accesso. Personalmente ho capito cosa non ho ancora fatto per mettermi al passo con i tempi. E ognuno qui deve valutare il suo “passo”: cosa gli serve e cosa no. Poi, l’assoluta predominanza dell’unità della famiglia umana. Che ha dato una grande prova nel suo vivere una cittadinanza attiva: 3 miliardi di persone si sono chiuse in casa e ci sono state per proteggersi. Sono perfettamente consapevole che i popoli di questo Pianeta sono tutti diversi, con tantissimi interessi anche divergenti. Ma l’unità nella diversità dovrà essere la stella polare del nostro futuro. Dobbiamo fare pressione verso le nostre Istituzioni affinché sappiano trovarla e portare vera prosperità. Il Covid 19 ci ha mostrato questa verità di fatto: o affrontiamo insieme il futuro e possiamo farlo, o torniamo tutti nel passato, con egoismi atavici, povertà, miserie.
Infine, una domanda sul suo libro, “Ballando con l’apocalisse. I nuovi cittadini, i nuovi brand, i nuovi mondi nell’era dei cambiamenti catastrofici”, edito da ROI edizioni ed uscito in libreria lo scorso 5 febbraio. Alla luce del suo libro, la pandemia da coronavirus non è l’unico “evento estremo” che ci sta coinvolgendo. Magari questo è senz’altro il più rumoroso, ma oltre all’emergenza coronavirus, ci sono altri “pericoli” che fanno meno rumore ma non per questo sono meno importanti. Tra questi è il cambiamento climatico che nel libro descrive come “l’apocalisse dei giorni nostri”. Ci spiega meglio che intende e qual è la sua visione? Come può e dovrebbe intervenire la politica per porre rimedio a questo dramma?Ballando con l’Apocalisse è stata una previsione e un appello. Ho iniziato a scrivere il libro nel settembre 2019 per poi pubblicarlo nel gennaio 2020. Mentre lo scrivevo, da sociologo facevo ricerche e studiavo report e dati. In questo modo venivo in contatto con documenti – consultabili da chiunque perché online – che erano chiarissimi sul futuro che ci attendeva e ci attende.
Siamo entrati nel tempo dei cambiamenti catastrofici, quei cambiamenti radicali che implicano capacità di gestione estrema. Da questo punto di vista, ci sono 4 grandi sfide da gestire a livello collettivo. Sfide che si sono sincronizzate e che ci urlano in faccia di intervenire:
- la sfida economica: dobbiamo trovare un modo di generare valore condiviso superando le logiche del debito, per non essere tutti schiavi di un economia finanziaria che non ci porta da nessuna parte.
- La sfida tecnologica: dobbiamo gestire i cambiamenti della tecnica tenendo sempre a mente che l’umanità è il fine, altrimenti diventeremo mezzo e saremo sopraffatti
- La sfida politica: i problemi del mondo, come Covid-19 dimostra, sono di tutti. Chi deve gestirli e come? Occorre trovare un modo geopolitico capace di avere una vera governance collettiva e che non sia solo la via Americana o la via Cinese o la via Russa.
- La sfida ambientale: il Pianeta sta cambiando. Non mi interessa qui di chi sia la responsabilità, è un fatto. Abito a Milano e prima che arrivasse il Covid-19 nel mese di febbraio 2020 sono rimasto colpito da una cosa: il 3 febbraio 2020 a Milano c’erano 21 gradi. Questi cambiamenti a loro volta avranno ripercussioni politiche ed economiche oltre che tecnologiche. Per cui ancora una volta: siamo pronti?
Dopo un periodo di delusioni e di anti-politica, mai come oggi è il momento delle Istituzioni e della politica vera. Ci stiamo rendendo conto che per gestire gli eventi estremi servono Organismi di Governance capaci di tutelare salute e benessere di individui e comunità.
Questo ci aspetta: un ritorno al ruolo politico dei cittadini e la nuova responsabilità umana di trovare forme di prosperità, crescita, sviluppo non all’insegna della decrescita felice, ma della sostenibilità. Non più parola retorica ma imperativo categorico.