Roma. Primum vivere. Molti si sono domandati perché Grillo avesse deciso di fare un governo con il Pd considerato da quasi tutti, anche dai protagonisti, contro natura. Un’alleanza di governo con la forza politica che fino al giorno prima era stata dipinta come il male assoluto della politica italiana e da combattere ad ogni costo, pone un serio problema di coerenza che dal punto di vista elettorale, e non solo, non pagherà, soprattutto per chi di certi valori ne ha fatto una bandiera. In una fase, poi, di tracollo nei consensi per il Movimento con il rischio di aggravare la situazione. Eppure il dado è tratto, a meno di clamorosi colpi di scena. Perché? La spiegazione è tutta politica. Grillo sì è convinto che il Movimento, così come l’abbiamo conosciuto fino ad oggi non esiste più. E’ finita la fase dell’antipolitica movimentista e del vaffapensiero, che la breve esperienza di governo ha archiviato in modo brusco, e sta per iniziare una nuova vita politica che si fonderà su due pilastri: alleanza di centro-sinistra strutturale e profilo più istituzionale.
Perché i 5 Stelle vanno con la sinistra a “tempo indeterminato”? La riflessione di Grillo, probabilmente è questa. Il Movimento 5 Stelle della prima fase, quello dell’antipolitica, è giunto a conclusione con questa esperienza di Governo che ha evidenziato tutti i limiti e le contraddizioni di una certa strategia politica e che ha condotto in poco tempo i 5S dal record di consensi ad una caduta libera verso la marginalità. Lo schema tripolare di questa legislatura in cui ci sono tre aree politiche più o meno al 30 per cento, che da sole non possono governare, ha prodotto tra tante cose, una conseguenze decisiva: l’esplosione politica della Lega e il rafforzamento dell’area di centro-destra come unica area politica in grado di presentarsi alle elezioni e vincere, anche grazie alla debolezza e non “assimilabilità” (fino ad oggi) degli altri due poli in campo. Come dimostrato alle europee e nelle tornate locali. Gli altri due poli, ossia pentastellati e Pd sono abbondantemente sotto numericamente e con scarse possibilità di competitività elettorale perlomeno a medio termine. E’ evidente che in questo quadro i 5 Stelle sono “inutili” e non hanno nessun potere contrattuale in un’alleanza di centro-destra, e da soli non sono autosufficienti. L’unica possibilità che hanno per rientrare in una prospettiva di ruolo politico e istituzionale e usciere dal tunnel del declino è un’alleanza non effimera e improvvisata ma strategica con l’altro polo debole, ossia il Pd e la sinistra. Sommati, infatti, anche dal punto di vista elettorale tornano entrambi ad essere elettoralmente competitivi. La non assimilabilità con il Pd della prima fase si trasforma in assimilabilità nella seconda fase e cambia le carte in tavola della politica italiana. Due debolezze che sommate costituiscono una forza competitiva. Questo è il nuovo spazio politico di manovra dei 5 Stelle e di Grillo. Se questo ragionamento è corretto o meno lo vedremo già alle prossime elezioni regionali di ot tobre in cui già si comincia a discutere di alleanze o di patti di non belligeranza tra 5 Stelle e Pd.
Le conseguenze elettorali della svolta di Grillo. E’ evidente che la svolta di Grillo non presuppone più un movimento al 33 per cento che va oltre i concetti di destra e sinistra (checché ne dica Di Maio), anche perché la tendenza nei consensi è inesorabilmente opposta. Il nuovo Movimento si attesterà su una base di consensi intorno al 15 per cento, ossia quella fetta di elettorato che si riconosce più in personalità come Fico e più disponibile ad un’alleanza “progressista” e il gioco è fatto. Per lavorare a questo scenario Grillo, Renzi e il Pd hanno almeno tre anni, ossia il resto della legislatura in corso, e il patto si cementerà definitivamente, dopo le alleanze locali, con l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Da oggi è iniziata la quarta repubblica fondata sul bipolarismo tra destra-centro (Lega, FdI e FI) e sinistra-grillini (Movimento 5 Stelle, Pd, più varie ed eventuali). Fantapolitica? Vedremo. Anche perché le variabili in gioco sono molte e le scivolate dietro l’angolo.