In alcuni Stati, come la Francia, il nuovo Coronavirus sembra allentare la sua presa, ma la situazione resta grave a livello globale. Infatti, stando ai dati della Johns Hopkins University sono stati superati i 60 milioni di contagi di coronavirus nel mondo e il totale delle vittime è di oltre un milione e quattrocento mila decessi. Guidano la tragica classifica dei Paesi più colpiti gli Stati Uniti, con oltre 262 mila morti, davanti a Brasile, con poco meno di 171 mila, India, con oltre 134 mila, Messico, poco meno di 103 mila e Regno Unito, vicino alle 56 mila.
Le difficoltà di Berlino. La situazione in Germania resta complessa. Infatti, lo Stato tedesco non riesce ancora a invertire la curva dei contagi di Covid-19, mentre il periodo delle feste natalizie si avvicina e si complica la volontà dell’esecutivo tedesco di alleggerire le restrizioni per permettere ai cittadini di fare le spese per le festività e riunirsi, anche se con il limite massimo fissato a dieci persone. Secondo l’ultimo bollettino diffuso dal Robert Koch Institut, il numero di casi confermati è salito di 22.268 unità, mentre il Paese ha superato ufficialmente il milione di casi confermati.
Certamente, la crescita esponenziale è stata fermata, ma secondo il Cancelliere tedesco, Angela Merkel, intervenuto al Bundestag, “non c’è ancora un’inversione del trend, la crescita dei contagi si è fermata a un livello alto, troppo alto. E in molti Länder crescono ancora troppo invece di calare”. Il capo dell’esecutivo tedesco ha anche citato il tragico record di vittime raggiunto il 25 novembre, oltre quattrocento decessi, per far comprendere la gravità della situazione: “Questo deve preoccuparci. Se aspettassimo che le terapie intensive si riempiano sarebbe troppo tardi”.
Allentamento delle misure francesi. In Francia invece sono stati registrati altri 13.563 positivi, contro i 16.282 di ieri. I decessi sono stati 339, ma dati in diminuzione rispetto ai giorni precedenti, mentre continua a scendere anche il numero dei ricoverati nelle rianimazioni, 130 in meno rispetto a ieri per quelle intensive, 4.018 il dato globale, e di 662 in meno per quelle sub intensive, per un totale di 29.310. Sulla base di questi dati, il governo ha annunciato un alleggerimento di parte delle misure con i negozi che resteranno aperti fino alle 21, anche se bar e ristoranti resteranno con tutta probabilità chiusi fino al 20 gennaio. Saranno, invece, aperte le località sciistiche, pur lasciando chiusi gli impianti di risalita. Così, la Francia prova ad uscire dalla seconda ondata tragica ondata del Covid-19, che ha colpito duramente Parigi e tutto il resto del Paese. Il Primo ministro francese, Jean Castex, in conferenza stampa ha specificato i dettagli della fase di alleggerimento delle misure, che partiranno da sabato prossimo.
“I primi risultati ci sono, grazie ai vostri sforzi. La pressione epidemica rimane forte ma si sta riducendo, più in Francia che in altri Paesi europei”. Il Premier francese ha specificato che l’indice R0 è ormai 0,65 nello Stato francese: “uno dei livelli più bassi in Europa. Oggi abbiamo i primi risultati, la pressione dell’epidemia si riduce”. Tuttavia, ha poi chiarito che l’emergenza non è ancora finita “non possiamo abbassare la guardia, è prematuro parlare di deconfinamento”.
Bar e ristoranti. Come detto, saranno aperte in vista delle ferie natalizie le stazioni sciistiche, ma, come ha specificato il Presidente francese, Emmanuel Macron, solo per “godere dell’aria pura e delle nostre belle montagne”, dato che gli impianti di risalita resteranno chiusi al fine di evitare il rischio di contagi, oltre che per “la situazione degli ospedali in loco”. In merito alla questione dei bar e ristoranti, che rimarranno chiusi fino al 20 gennaio, Macron ha specificato che “si tratta di una decisione estremamente difficile, ma è necessaria”, ma ha anche annunciato di voler rendere il 2021 “l’anno della gastronomia francese” per contribuire al rilancio del settore della ristorazione.
Il timore coreano (e asiatico) di una terza ondata. Per il secondo giorno consecutivo, la Corea del Sud ha segnato più di 500 nuovi casi di Covid-19, il dato più alto da inizio marzo. Nello specifico sono 569 i nuovi casi nelle ultime 24 ore, che portano il totale a 32.887, mentre 516 sono state le nuove vittime accertate. Il Primo ministro Chung Sye-kyun ha messo in guardia la popolazione sul fatto che le infezioni giornaliere potrebbero superare i mille contagi giornalieri, portando il Paese in una crisi più grave, inclusa la carenza di letti ospedalieri, se le misure restrittive non riuscissero a fermare il contagio: “la situazione è estremamente grave e acuta, poiché tutte le 17 città e province metropolitane e in particolare tutti i 25 distretti di Seul stanno segnalando nuovi casi”.
Ironicamente, solo pochi giorni fa erano arrivate le parole di elogio dell’Organizzazione mondiale della sanità nei confronti dei Paesi asiatici, come la Corea del Sud, dove le “persone sono pienamente coinvolte, assumono comportamenti che rendono difficile la circolazione del virus. Mantengono le distanze, indossano mascherine, si isolano quando sono malate, proteggono i gruppi più a rischio”. Oggi, invece, non solo la Corea del Sud, ma tutti gli Stati del quadrante asiatico temono l’arrivo della terza ondata.
Le misure permanenti nel Regno Unito. Persisterà in gran parte del territorio nazionale il regime di allerta rossa anche dopo la scadenza del lockdown nazionale del 2 dicembre. A darne l’ufficialità alla Camera dei Comuni è stato lo stesso ministro della Sanità, Matt Hancock, spiegando che nella prima fase successiva alla fine del lockdown, segnata da un ripristino in versione rafforzata del sistema di restrizioni locali graduate, l’area di Manchester e diverse altre contee saranno sottoposte comunque a un regime di allerta rossa, cioè di rischio molto alto, che prevede limitazioni solo leggermente inferiori all’attuale confinamento. Un numero maggiore di persone rimarrà nella fascia intermedia dell’allerta arancione, ovvero rischio elevato, mentre solo una piccola parte delle contee potrà godere del livello più basso di divieti, quello previsto dall’allerta gialla a rischio medio.
La difficile situazione statunitense. Non si arresta l’avanzata del virus negli Stati Uniti, dove preoccupa particolarmente il numero delle vittime giornaliere, che ormai da alcuni giorni rimane sopra le duemila unità. Secondo quanto riportato dai dati della Johns Hopkins University, nelle ultime 24 ore sono stati oltre 2.400 i morti per coronavirus: il bilancio peggiore da più di sei mesi. L’ultima volta che le vittime da Covid-19 hanno superato questo numero in un giorno era stato all’inizio di maggio, al culmine della crisi sanitaria americana. Nella stessa giornata, poi, sostati registrati quasi duecentomila nuovi contagi.
Nonostante una situazione ancora critica, la Corte Suprema ha deciso di bloccare le limitazioni imposte dalle autorità dello Stato di New York alle funzioni religiose. Nello specifico, con un voto di 5 a 4, è risultato decisivo il pronunciamento della giudice Amy Coney Barrett, nominata dal presidente Donald Trump e confermata dal Congresso solo poche settimane fa. La decisione della Corte è in contrasto con altri due pronunciamenti riguardanti le chiese in California e Nevada, dove i giudici consentirono ai governatori di limitare la partecipazione alle funzioni religiose, espressi prima che la giudice Barrett entrasse a far parte della massima corte statunitense