Mentre è ormai certa la volontà da parte dell’esecutivo di prorogare lo stato di emergenza nazionale al 31 gennaio 2020, continua a preoccupare l’aumento progressivo dei casi di nuovo Coronavirus in Italia e nel resto d’Europa. Se la situazione italiana è infatti oggettivamente meno allarmante di quella registrata in paesi come Francia o Regno Unito, resta un dato di fatto la risalita del contagio anche da noi, tanto che non manca chi parla già di seconda ondata. Ma ci troviamo davvero nella stessa drammatica situazione di sei mesi fa? In realtà, il confronto con i dati di allora ci rivela un quadro a dir poco differente.
I numeri parlano chiaro. Per comprendere in cosa la situazione italiana attuale sia diversa rispetto a quella vissuta nella scorsa primavera è sufficiente dare un’occhiata ai dati pubblicati giorno per giorno dal Ministero della Salute nel quotidiano bollettino emanato dalla Protezione Civile. Confrontiamo ad esempio i dati dello scorso lunedì 5 ottobre con quelli del 25 marzo 2020: abbiamo scelto queste due date perché presentati pressoché lo stesso numero totale di casi di positivi al Sars Cov 2, ovvero intorno ai 60 mila casi. Nello specifico il 5 ottobre abbiamo avuto 58.903 positivi e il 57.521 lo scorso 25 marzo. Ma, al di là di questa vicinanza numerica nel numero dei totali positivi, i dati relativi agli altri aspetti dello stato dell’epidemia e delle sue conseguenze sul sistema sanitario sono profondamente mutate.
Il diverso profilo dei contagiati. Sebbene gli esperti abbiano più volte sottolineato come sia sbagliato affermare che il coronavirus sia mutato, è innegabile che il profilo attuale dei contagiati sia profondamente diverso rispetto ad alcuni mesi fa. Vediamo cosa ci dicono i numeri: ciò che prima di tutto merita di essere evidenziato è l’enorme differenza nel numero dei ricoverati con sintomi, in quanto a fronte degli oltre 23 mila del 25 marzo, oggi questo numero si ferma alla rassicurante soglia dei 3.487 casi.
Ovviamente sarebbe erroneo valutare l’intero contesto a partire dal confronto tra due sole date, ma già solo questo dato è rappresentativo delle diverse condizioni del sistema sanitario italiano e della sua tenuta, oggi ben più salda di allora. A confermare questo aspetto sono soprattutto i dati inerenti i posti in terapia intensiva, la cui insufficiente disponibilità nei mesi di marzo e aprile 2020 è stato uno dei massimi problemi della risposta del sistema sanitario italiano all’epidemia in corso: se allora infatti alla data del 25 marzo fu registrato un numero totale di 3.489 posti occupati in terapia intensiva, al 5 ottobre questi ultimi sono stati poco più che 323.
Il numero dei tamponi. Se già i dati fin ora esposti delineano un quadro sanitario nettamente meno allarmante di quello determinato dal contagio incontrollato dei mesi primaverili, ciò diviene ancora più evidente se si guarda ad altri elementi, in primis al numero dei tamponi. Solo nella giornata del 5 ottobre infatti ne sono stati effettuati oltre 60.240, un numero significativamente maggiore dei 27.481 eseguiti il 25 marzo.
La curva sale, ma lentamente. È infine lo stesso andamento giornaliero del contagio ad allontanare ancora di più i dati odierni da quelli passati. Il dato più importante in questo senso è il contenuto aumento del numero dei morti registrato rispetto al giorno precedente: se infatti al 25 marzo i deceduti in più rispetto al giorno prima erano ben 683, lunedì scorso sono stati 16 le vittime registrate. Significativo è inoltre notare come a fine marzo la curva dei contagi, nonché quella dei ricoverati e delle terapie intensive saliva ad una velocità notevolmente maggiore rispetto ad oggi: ad esempio, al 25 marzo l’incremento rispetto al giorno prima dei ricoverati con sintomi fu di 3.491 persone, mentre al 5 ottobre quest’ultimo non ha raggiunto le 1.500 unità.
I dati. Possiamo dunque constatare una differenza sostanziale che rende di fatto impossibile l’equiparazione della situazione attuale a quella vissuta durante la prima ondata. A fronte infatti di un numero di contagiati pressocché simile, sono completamente diverse tutte le restanti condizioni, prima tra tutte il grado di monitoraggio del contagio e il diverso stato di salute effettivo dei positivi al Covid-19.