Sono stati ben 92 i cambi di casacca verificatisi dall’inizio del governo Conte II, un numero significativamente alto, soprattutto se confrontato con le precedenti legislature. È quanto emerge dall’ultimo studio della Fondazione Openpolis. Un fenomeno, quello dei passaggi di gruppo da parte dei parlamentari, da sempre esistito, ma fortemente acuitosi dallo scorso settembre, proprio in parallelo alla nascita dell’ultimo esecutivo. L’instabilità si conferma così come una caratteristica intrinseca dell’attuale scena politica, ma iniziano a farsi sempre più concreti i rischi per la solidità della maggioranza.
I cambi di casacca sembrano essere ormai divenuti una costante del Conte bis. Difatti “nell’instabilità politica, cominciata con l’avvio del governo Conte II – riporta il sito di Openpolis – si delinea un assetto parlamentare in continua evoluzione”, dove alla data dell’8 gennaio 2020 si contavano ben 92 passaggi da un gruppo parlamentare all’altro. Il dato appare ancor più emblematico se si lo si confronta con il periodo antecedente al mese di settembre 2019, quando è stato inaugurato l’attuale esecutivo: rispetto all’agosto 2019 infatti il numero di cambi di casacca è passato da 29 a 80 in un solo mese. Da allora il fenomeno è tutt’altro che regredito, continuando invece a crescere mese per mese fino ad arrivare ai 92 cambi di gruppo registrati a gennaio 2020.
Protagonisti di questo fenomeno, Pd e M5s appaiono oggi in forte perdita, a causa della continua fuoriuscita di membri interni. In particolare è il M5S a soffrirne maggiormente: basti pensare al recente addio dell’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, o a quello dei deputati Gianluca Rospi e Nunzio Angiola, passati tutti e tre al Gruppo Misto. È infatti la fisionomia sempre più eterogenea assunta da quest’ultimo a rappresentare – secondo lo studio di Openpolis – un altro fattore di precarietà per gli attuali equilibri parlamentari: “il gruppo Misto di camera e senato sta diventando – si legge sul sito della fondazione – una vera e propria babele di componenti parlamentari”. Quest’ultimo infatti, raggruppando in sé forze dal profilo del tutto dissimile, nonché componenti della maggioranza e insieme dell’opposizione, finisce con il rendere ancora più complessa la “comprensione dei processi politici” in atto.
Un “via vai” sempre più abituale che rischia così di far venire meno il numero su cui si regge la maggioranza. Se è infatti vero che i parlamentari italiani esercitano le loro funzione “senza vincolo di mandato” (art. 67 della Costituzione), è altrettanto vero che il sistema esecutivo si regge su dei numeri che non possono venir meno, pena la sopravvivenza stessa del governo. Openpolis ha infatti sottolineato come “la soglia della maggioranza al senato continui a preoccupare”, motivo per cui “i 162 senatori (+1 sulla maggioranza assoluta) di M5s, Pd, Italia Viva e Per le autonomie necessitano del sostegno delle varie componenti del Misto”, prime fra tutti Liberi e Uguali e Maie.
I continui cambi di casacche hanno inoltre stimolato la nascita sempre più frequente di nuove forze politiche, dalla renziana Italia Viva ad Azione, il nuovo partito guidato dall’ex dem Carlo Calenda. Ma se da una parte il Pd ha dovuto incassare diversi smembramenti interni, dall’altra il M5s è stato segnato da una vera e propria emorragia, tanto da indurre i più sospettosi a presupporre un’immanente scissione anche all’interno al MoVimento, ipotesi tuttavia più volte smentita dai vertici Cinque Stelle. Che questi siano gli effetti collaterali di un’alleanza di governo a tratti forzata e non gradita a tutti gli esponenti della maggioranza sembra ormai essere un fatto difficile da confutare. Che nonostante ciò, quest’ultima riesca a sopravvivere (a sé stessa, verrebbe da aggiungere) è questione ben più complessa, alla quale solo il tempo potrà dare una risposta certa.