Camere da letto trasformate in uffici di smart working, bagni di due metri quadri eletti a confessionali del Grande Fratello, salotti adibiti a campi da pallavolo per tornei notturni con palloncini senza elio, animali improbabili al guinzaglio per portare gente a spasso senza autocertificazione. Insomma, un vero manicomio! Tutto ci saremmo aspettati da questo 2020, tranne di trovarci in prigionia forzata nelle nostre case. Ho visto bambini rimpiangere la scuola, uomini buttare l’immondizia tre volte al giorno, donne sull’orlo di una crisi di nervi, anziani cenare alle tre del pomeriggio.
È vero, questa situazione generale di paura, dolore e pessimismo rende complicato gestire le giornate, ma anche questa volta, bisogna necessariamente trovare un punto luce, qualcosa a cui aggrappare la nostra speranza. Le angolazioni: sono loro il vero segreto. A volte basta guardare tutto da un’altra prospettiva, per affrontare le cose in maniera diversa. Questa è una situazione fuori dal nostro controllo, non possiamo cambiarla, né influenzarla, ma non dobbiamo subirla, possiamo cercare di sfruttarla per trarne opportunità, per creare valore, per trascorrere tempo di qualità con i nostri cari, per formarci, per imparare, per guardare il mare e per parlare di più. Questo è il momento dell’unione, della condivisione, delle regole e del rispetto per chi lavora incessantemente.
Non so come stanno vivendo le famiglie questo periodo di clausura forzata, ma posso dirvi come lo sto vivendo io. Iniziando ad apprezzare quello che normalmente mi sfugge: il valore del tempo. Sì, proprio di quel tempo che sembra non bastare mai, ma che spesso consumiamo in gesti e azioni inutili. Oggi sembra che le giornate siano più lunghe, ma in realtà sono solo meno affollate di impegni. Non abbiamo più tempo di prima, ma solo la possibilità di utilizzarlo in maniera diversa. C’è chi mangia tutto il giorno, chi fa sport con bici e rulli sul balcone, chi vede stagioni intere di serie su Netflix, chi legge, chi fa i compiti con i figli tutto il giorno, chi le pulizie di una primavera un po’ prematura. Poi ci sono io, che in questo periodo unisco vecchie e nuove passioni.
Tra un libro di coaching e un webinar on line, faccio dirette sui social per cucinare insieme alle mamme e ai bambini. E in quelle dirette quotidiane condivido tutto quello che so fare, che non è tanto, ma è ciò che basta in questo momento a chi ha bisogno di sentirsi parte di qualcosa di bello. Allora sì, quello che penso è che questo sia il momento di creare valore da condividere, di mettere la propria energia al servizio degli altri, di dare orari impegnati di cui le nostre agende e i nostri equilibri mentali hanno fortemente bisogno. Mentre faccio un gran casino e ripeto dosi per chi arriva tardi, osservo lo scorrere dei commenti e delle persone che sono collegate, tutte nello stesso istante, tutte insieme a fare la stessa cosa: cucinare. Per me è impegnativo, rinuncio ad altre cose, ma poi leggo tutti i vostri messaggi, vedo foto di bambini e genitori che cucinano insieme, sento i profumi delle mie ricette nelle vostre case e allora penso che, forse, un po’ di aiuto lo sto dando anch’io.
C’è il forte bisogno di sentirsi parte di qualcosa, di rendere le proprie giornate produttive e insieme diventa più facile. Ci preoccupiamo dei bambini, di come trascorreranno il loro tempo, ma io li osservo. Li vedo adeguare i loro ritmi alle giornate più lente, scandire i loro tempi, studiare con responsabilità, ridere insieme come non facevano da tempo. Li vedo leggere, cucinare con me, guardare il mare dalla finestra, parlare. Parlare, che bel suono che ha questa parola. Quante volte gli chiediamo di parlare quando siamo a cena in un ristorante, invece di stare a testa bassa sul telefono. È vero, poi li vedo anche connettersi alla playstation con i loro amici e giocare insieme, in un mondo virtuale che a noi spaventa ancora. Ma quello è il mondo della loro generazione, per loro è naturale riunirsi tutti insieme senza un luogo fisico e io sento che tra un “sono stato killato” e l’altro, si fanno confidenze personali, parlano di piccoli amori, chiariscono cose, si rinfacciano cose e prima di chiudere se le perdonano tutte. Affrontano, finalmente, anche una cosa a cui non erano abituati: la noia.
Con questo non voglio assolutamente dire che il Coronavirus è una benedizione, perché è una maledetta tragedia. Ma io voglio sperare che presto torneremo alle nostre vite con qualcosa in più, a parte la paura. La consapevolezza di ciò che abbiamo, la capacità di apprezzare e dare valore alle piccole cose, ai gesti quotidiani, alla nostra famiglia. L’importanza di prenderci i nostri tempi, di rallentare, di credere in qualcosa, di dare senza chiedere. La comprensione, la condivisione, la libertà. Sì, la libertà, forse è la sua mancanza che spinge molti alla follia, ma la prigione non è nelle regole e neppure nei doveri, la vera prigione è nella nostra mente e nelle sbarre che noi stessi creiamo intorno a noi. Forse, paradossalmente, questo è il momento di liberarci, di capire chi siamo, chi vogliamo essere e dove vogliamo andare. Forse è il momento di agire per uscire dai vecchi schemi e costruire insieme quel futuro ancora tutto da disegnare.