Mentre si parla di una seconda ondata di Covid-19 molto più forte della prima, è innegabile che gli stili di vita degli Italiani siano cambiati. Lo vediamo tutti i giorni e, quando non lo vediamo, perché magari usciamo poco, lo percepiamo in quello che viene scritto sui social, nel modo in cui vengono gestiti scuola e lavoro, nelle conversazioni quotidiane.
Gli italiani continuano a essere pessimisti e sono tra le popolazioni europee che lo sono di più – insieme agli Spagnoli che comunque hanno visto peggiorare la loro situazione rispetto al 2019. A dirlo è il il Rapporto Coop 2020 – Economia, Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e domani redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione di Nomisma, il supporto di analisi di Nielsen e i contributi originali di Gfk, Gs1-Osservatorio Immagino, Iri Information Resources.
L’indagine è stata condotta tramite due sondaggi diversi nel mese d’agosto 2020. Il primo rivolto a 2000 persone over 18, il secondo alla community del sito italiani.coop coinvolgendo, come si legge nella presentazione del rapporto 700 opinion leader e market maker fruitori delle passate edizioni. Ma torniamo alle abitudini e ai pensieri degli italiani. Nonostante la vedano nera, emerge che solo il 5% delle famiglie che fa parte della cosiddetta “classe media” prevede di scivolare più in basso.
Nonostante ciò, c’è da considerare che il 38% delle persone intervistate crede che nel 2021 dovrò affrontare notevoli problemi economici e il 60% di questi teme di dover ricorrere ai propri risparmi o di essere costretto a chiedere un aiuto a Governo, banche, amici e parenti. Tra queste persone emergono giovani e donne, mentre c’è un 17% degli intervistati che vede un futuro più roseo immaginando un miglioramento delle proprie condizioni economiche. Queste persone, comunque, fanno parte di classi più alte quindi il loro ottimismo ha basi di partenza diverse.
Come cambiano gli stili di vita degli italiani causa Covid? Da un lato c’è l’Italia delle rinunce con il Pil pro capite ritornato ai livelli di metà anni ’90. Così come la spesa in viaggi è tornata ai livelli del 1975 e i consumi fuori casa indietro di 30 anni (795 euro nel 1991 contro gli 841 euro di adesso mentre nel 2019 era 1418 euro). Dall’altro, di contro, c’è un’Italia che ha (ri)scoperto il digitale e lo sta “usando” ovunque. Il Rapporto Coop parla di uno smart working cresciuto del 770% rispetto a un anno fa, degli acquisti online del 132%, di una digitalizzazione forzata ma comunque arrivata nelle attività professionali compresi anche il mondo della didattica, servizi e sanità.
Negli stili di vita degli italiani è da considerare il calo delle nascite: secondo il rapporto si potrebbe arrivare nel 2021 a perdere 30.000 nascite scendendo così sotto la soglia psicologica dei 400.000 nati in un anno e anticipando di quasi un decennio il ritmo della denatalità. Il futuro incerto, infatti, porta a rinunciare all’idea di un figlio: per i giovani italiani tra i 10 e i 34 anni la percentuale è del 36% mentre se si guarda, per esempio, alla Germania siamo al 14%, in Francia al 17%.
L’84% degli italiani ha messo la “vita” in stand-by. Nella sfera privata, comunque, le rinunce non sono solo queste: matrimoni, trasferimenti, acquisti di case e aperture di nuove attività sono tra i progetti rinviati o cancellati, e queste scelte di vita mancate coinvolgono l’84% di italiani. Quanto abbiamo finora detto, ovviamente, non può che avere risvolti psicologici a danno dei più deboli. Essere sempre più connessi equivale all’aumentare il rischio hikikomori (ossia di ragazzi che stanno in disparte, non escono più di casa, non vanno a scuola né fanno sport e gli unici contatti sono online): nei primi sei mesi dell’anno c’è stato un +250% fino a toccare quota 1 milione (fonte Generazioni Connesse 2000).
E la società rischia di diventare più violenta: è aumentato del 119% il numero di chiamate ai centri antiviolenza così come le violenze sono cresciute del 28% (fonte Istat). Stando agli intervistati, curare le ferite di questo periodo non sarà facile: il 38% degli executive italiani si aspetta nei prossimi 3-5 anni una società più rancorosa e violenta, il 27% pensa che la società sarà meno accogliente e solidale mentre il 16% teme l’avanzata di comportamenti a rischio (consumi di droga, alcol ecc…).
Vivere in una bolla. Con il lockdown e anche successivamente, si sono creati dei cluster chiusi e autoreferenziali, la bolla della vita affettiva che si auto-delimita (pur generando soddisfazione), gli spostamenti diventano di corto raggio e la comfort zone della casa che rassicura. E cosa si fa in casa? Ci si nutre – il 41% prevede di ridurre la spesa prevista nel prossimo anno alla voce ristoranti – ci si diverte – il 45% la quota di chi nel 2021 ridurrà la spesa per intrattenimenti vari fuori casa – si incontrano amici e familiari (a casa propria o a casa loro). E in caso si sia single o si senta mancanza d’affetto, si ovvia con un animale domestico: 4.3 milioni pensano di farlo prossimamente.
I social. Se si dice sempre che le “bolle sociali” sono pericolose perché rischiano di alimentare convinzioni errate e di non favorire il confronto, c’è da dire che con il Covid-19 la situazione non è migliorata e c’è il rischio che proliferino le fake news. L’uso massimo dei social, dei contenuti on demand e di contro la mancanza del confronto sociale dal vivo con i luoghi che lo favoriscono sempre meno frequentati – cinema, teatri, locali, librerie, club ecc… – sono elementi che coinvolgono e coinvolgeranno una parte oramai sempre più ampia della popolazione (il 30% degli italiani nel 2021 aumenterà il tempo trascorso su internet e il 19% quello passato sui social).
Il cibo? Sempre più fatto in casa, “sicuro” e sostenibile. Alla spesa alimentare gli italiani non rinunciano, ma solo il 31% dichiara di voler acquistare prodotti di largo consumo confezionato più economici a fronte di un 37% della media europea. Guardando dentro al carrello della spesa emerge dal rapporto di quest’anno un’inversione di tendenza rispetto allo scorso anno. Se nel 2019 si fuggiva da cucina e fornelli e il tempo medio passato a preparare il cibo era di 37 minuti, complice il lockdown gli italiani hanno riscoperto la gioia di prepararsi da mangiare. È del +28.5% in GDO su base annua l’acquisto di ingredienti base così come è cresciuto l’acquisto dei robot da cucina che ha fatto registrare a giugno +111% rispetto all’anno prima. Inoltre, il 30% degli intervistati dedicherà ancora più tempo alla preparazione del cibo e il 33% sperimenterà di più.
La bolla di cui parlavamo sopra ha i suoi lati positivi per la filiera del cibo e 1 italiano su 2 afferma di preferire acquistare alimenti che vengono dal proprio territorio, dando più importanza a questo aspetto di quanto facesse prima. Gli italiani sempre più verso la sostenibilità. Se è vero che per il 35% dei manager intervistati nella survey “Italia 2021, il Next Normal degli italiani” lo sviluppo della green economy è una delle tendenze che caratterizzeranno in positivo il post Covid, questa coscienza verde si traduce in acquisti correlati. Il 27% degli abitanti del Bel Paese acquista prodotti sostenibili/ecofriendly di più rispetto a prima del Covid e ha aumentato gli acquisti in punti vendita che puntano su prodotti sostenibili.