A poche settimane dall’approvazione della nuova Legge di Bilancio, si torna già a parlare di sugar e plastic tax, e purtroppo non in positivo. È infatti di questi giorni la notizia che farebbe sembrare ormai quasi certo il trasferimento della catanese Sibeg, l’azienda di proprietà della famiglia Busi che da oltre cinquant’anni produce e imbottiglia le bibite Coca Cola, dalla provincia siciliana a Tirana, in Albania. A determinare la drastica decisione il rincaro fiscale insostenibile – stando alle dichiarazioni dei vertici dell’azienda – determinato dalle due “microtasse” in arrivo nei prossimi mesi.
A rischio 350 lavoratori. Il futuro dello stabilimento catanese Sibeg è iniziato a farsi incerto già dal dicembre scorso, quando i sindacati sono stati convocati presso lo stabilimento siciliano per affrontare la questione del rincaro fiscale previsto in caso di introduzione di sugar e plastic tax. “Inizialmente la proprietà ci ha quantificato in una ventina di milioni di euro – ha raccontato Tonino Russo (segretario generale Flai Cgil Sicilia) a Il Sole 24 Ore – l’aggravio dei costi dovuti alla nuova tassa e per questo motivo ha avanzato una richiesta di esuberi pari al 40% dei lavoratori, cioè 151 persone”. Tuttavia, con il trascorrere delle settimane si è delineato uno scenario ancor più preoccupante: la “delocalizzazione” dell’intero stabilimento industriale nella città di Tirana, eventualità che lascerebbe senza lavoro ben 350 persone.
A Tirana, d’altronde, la Sibeg possiede già un altro stabilimento di produzione Coca Cola, fondato dalla famiglia Busi. È proprio Luca Busi, amministratore delegato della Sibeg, a sottolineare come il carico fiscale a carico della sede albanese sia nettamente inferiore a quello dovuto per la sede storica catanese: “a Tirana paghiamo soltanto una flat tax del 15%, mentre in Italia – riporta Il Sole 24 Ore – la tassazione complessiva sulle aziende ormai supera il 60%.” Non c’è dunque partita (almeno in termini di convenienza economica) tra i due paesi, soprattutto se si considera che, in base ai calcoli dell’azienda, l’arrivo di plastic e sugar tax determineranno un incremento di 18 milioni sulle spese fiscali di un’azienda dal fatturato di 115 milioni (16 milioni per sugar tax e 2 per plastic tax).
L’ultima possibilità in mano a Conte. In seguito ad un incontro avvenuto con tutte le sigle del comparto (Flai Cgil, Uila Uil, Fai Cisl e Ugl, l’azienda ha infatti reso nota (tramite comunicato stampa) la volontà comune di richiedere un confronto al premier Giuseppe Conte per un tavolo di lavoro utile a concertare possibili aggiustamenti e compensazioni per attutire il colpo”. Sarebbe questa l’ultima chance per i 350 lavoratori dell’azienda catanese che per il momento rischiano di divenire le principali vittime di quello che l’ad Busi ha definito “un quadro legislativo incerto e punitivo per un intero settore”. “Adesso che i giochi sono fatti – ha inoltre aggiunto Busi – e che i nostri appelli sono rimasti inascoltati, non ci resta altro che trovare strade percorribili per limitare le disastrose conseguenze dettate dalle imposte. Come prima cosa abbiamo cercato un confronto con i sindacati per tracciare un quadro, condividere preoccupazioni e linee da seguire».
“Queste tasse sono una condanna a morte per la nostra realtà” aveva infatti già dichiarato Busi, accusando l’attuale governo di insensibilità nei confronti dell’imprenditoria italiana: “Un Governo – si legge su La Sicilia Web – che non ascolta le ragioni del tessuto imprenditoriale e produttivo, con strategie politiche distanti – addirittura contrarie – all’obiettivo di crescita occupazionale e di sviluppo industriale, non fa altro che causare incertezza nel Paese”. Intanto da parte loro, i sindacati promettono di “lavorare in piena sintonia – ha dichiarato Alessandro Salamone (Uila Uil Sicilia) – con tutte le altre sigle per raggiungere l’obiettivo comune legato al futuro e alla serenità dei lavoratori coinvolti in questa incresciosa vicenda”.