I campi elettromagnetici potrebbero non essere del tutto privi di rischi per la salute umana. Nonostante infatti ancora non esistano studi che provino in modo certo il legame tra esposizione alle onde elettromagnetiche e l’aumento di probabilità di sviluppare il cancro, alcuni recenti ricerche hanno evidenziato alcuni dati non del tutto rassicuranti e degni di ulteriori approfondimenti. Un’eventuale futura conferma imporrebbe dunque un inevitabile stop al sempre più importante utilizzo di questo tipo di onde in ambito tecnologico, basti pensare alla corsa all’ambito 5G. Quest’ultimo potrebbe infatti rivoluzionare il nostro stile di vita, essendo finalizzato non più solo alla comunicazione tra persone, bensì a connettere tra loro un ampio spettro di dispostivi wireless (dall’elettrodomestica al settore automobilistico passando per le industrie e il campo medico).
Il parere della comunità scientifica. Quello dei rischi per la salute umana connessi all’esposizione dei campi elettromagnetici è un argomento tanto complesso quanto necessario. Difatti, è fondamentale ricordare che i campi elettromagnetici non sono un’invenzione dell’uomo, ma esistono già in natura, in quanto generati ad esempio dalla stessa elettricità dell’atmosfera o dal campo magnetico terrestre. Inoltre, la frequenza delle onde a cui è normalmente sottoposto l’uomo è molto al di sotto dei livelli considerati pericolosi. Ecco perché ad oggi la comunità scientifica internazionale non ha ancora confermato l’esistenza di “un rapporto diretto di causa ed effetto – si legge sul sito dell’Airc – tra l’esposizione a campi elettromagnetici e il cancro”, ma è concorde sulla necessità di nuovi studi.
L’interazione tra campi elettromagnetici e tessuti biologici è scientificamente provata, così com’è stato dimostrato che quest’ultima varia in base alla frequenza delle onde e aumenta con l’avvicinarsi alla fonte delle stesse. Sempre l’Airc sottolinea come “il principale effetto dei campi elettromagnetici (soprattutto quelli a radiofrequenza – ovvero quelli prodotti da radio, televisione, antenne per la telefonia cellulare e forni a microonde) sul corpo umano sia il riscaldamento”. Ma, è opportuno specificare che affinché venga prodotto un riscaldamento significativo sul nostro corpo è necessaria una frequenza ben maggiore di quella massima stabilita dalla legge italiana.
L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha dunque, per questo insieme di motivi, classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza come possibilmente cancerogeni per gli esseri umani (cancerogeni di gruppo 2B), una definizione che indica agenti per i quali esiste “una limitata prova di cancerogenicità negli esseri umani e un’insufficiente prova di cancerogenicità in animali di laboratorio”. Ma, è proprio quest’ultimo punto che ha generato recentemente all’interno della comunità scientifica ineliminabili dubbi sulla sicurezza dei campi elettromagnetici: due studi infatti sugli effetti di questi ultimi sulla salute di migliaia di roditori, condotti in due paesi distinti e indipendentemente l’uno dall’altro, hanno evidenziato lo stesso dato: l’aumento significativo dell’insorgenza di Schwannomi, un tumore molto raro del cuore, nei ratti maschi.
I risultati della ricerca italiana. Ebbene sì, uno dei due studi in questione è stato condotto in Italia: dal 2005 al 2008 i ricercatori dell’Istituto Ramazzini di Bologna hanno osservato gli effetti su 2448 roditori, sottoposti dalla fase prenatale alla morte a campi elettromagnetici di 1,8 GHz – ovvero la stessa del 2G e del 3G – per 19 ore al giorno. La Dottoressa Fiorella Belpoggi, che ha supervisionato lo studio, ha spiegato ai microfoni di Petrolio (Rai1) come il manifestarsi di un tumore raro, come è appunto lo Schwannoma del cuore, sia indice di una possibile cancerogenicità dell’agente – in questo caso le onde radio – esaminato. Inoltre, a rendere ancora più allarmante il quadro è stata – come specificato da Belpoggi – la pubblicazione contemporanea dei risultati di uno studio in parte simile (con roditori esposti a onde simili a quelle emesse dai cellulari) dello statunitense National Toxicology Program: anche in questo caso è emerso un lieve aumento dello stesso tumore e degli gliomi (tumori celebrali maligni). Una coincidenza quindi – avverte Belpoggi – che non può essere in alcun modo sottovalutata e che necessità di ulteriori approfondimenti prima che il 5G (e non solo) diventi la nostra nuova normalità.