Entro la fine del 2020, 12mila persone al giorno potrebbero morire a causa della fame innescata dalla pandemia Covid-19. Potenzialmente più di quanti ne stia uccidendo il virus, che sino ad oggi ha fatto registrare un tasso di mortalità media di circa 10 mila vittime al giorno nel mondo.
I dati. È quanto denuncia Oxfam con il rapporto ‘Il virus della fame’, da cui emerge che 121milioni di persone in più potrebbero ritrovarsi nel 2020 letteralmente senza nulla da mangiare per periodi prolungati, a causa dell’impatto della crisi economica e sociale legata alla pandemia. Soprattutto in aree del mondo già devastate da guerre, disuguaglianze estreme, cambiamenti climatici e dall’impatto di un sistema alimentare distorto che continua ad impoverire milioni di piccoli produttori e lavoratori agricoli.
“Entro la fine dell’anno a causa della pandemia oltre 270 milioni di persone, che già lottano per sopravvivere a guerre, disuguaglianze, cambiamenti climatici, potrebbero finire nella morsa della fame cronica, vale a dire un aumento dell’82%, rispetto all’anno scorso – ha detto Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia – . Allo stesso tempo, le 8 più grandi aziende dell’alimentare hanno provveduto a versare ai propri azionisti ben 18 miliardi di dollari, a partire da quando l’epidemia ha cominciato a diffondersi nel mondo nello scorso gennaio.”
“Una cifra 10 volte superiore a quella che le Nazioni Unite stimano necessaria per rispondere alle situazioni di emergenza alimentare causate dal Covid-19. E inoltre – aggiunge – va ricordato che più di 305 milioni di posti di lavoro sono andati perduti, cosa che non farà che alimentare la forbice delle disuguaglianze economiche e sociali spingendo sempre più persone in povertà”.
Il drammatico elenco dei 10 luoghi del mondo in cui si soffre maggiormente la fame – si legge nel rapporto – comprende paesi come lo Yemen, la Siria, l’Afghanistan e il Sud Sudan, colpiti da crisi alimentari, ulteriormente peggiorate con la pandemia, ma anche paesi a medio reddito come India, Sud Africa e Brasile, con milioni di persone già in bilico, definitivamente messe in ginocchio dal virus.
“Da quando la stagione del raccolto è finita non ho più un lavoro. Con i pochi soldi che sono riuscita a farmi prestare ho potuto comprare solo del pane, ma non basta a sfamare i miei figli”, racconta Wardeh madre di 7 figli, rimasta sola dopo aver perso il marito. Quando riesce a lavorare la sua paga è inferiore ai 2 euro al giorno.
Le donne e le famiglie che dalle donne dipendono sono maggiormente esposte al rischio fame, nonostante il ruolo essenziale che svolgono come produttrici di cibo e lavoratrici. La pandemia – rileva Oxfam – ha accentuato una vulnerabilità già esistente, dovuta a cause diverse ma collegate tra loro, come la discriminazione che le porta a guadagnare meno o ad avere meno beni rispetto agli uomini; il lavoro informale, da loro svolto in grandissima parte, che ha finito per lasciare milioni di persone prive di tutele e sostegni economici; o il lavoro di cura non retribuito, che è notevolmente aumentato con la chiusura delle scuole e la necessità di prendersi cura delle persone ammalate in famiglia.