La sopravvivenza di decine di milioni di persone in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, e in particolare in Africa, dipende già oggi e dipenderà sempre di più nel prossimo futuro dalla capacità di adattarsi e resistere all’impatto del cambiamento climatico e di eventi sempre più estremi, come siccità prolungate e durissime, alluvioni, cicloni e uragani. Tuttavia, nei paesi più poveri del pianeta ogni persona, esposta ad un rischio continuo, riceve in media circa 3 dollari l’anno in aiuti utili a mettere in sicurezza sé stessi e le proprie famiglie dalla perdita di raccolti, allevamenti e tutte quelle risorse essenziali da cui ne dipende la sopravvivenza.
I 48 Paesi più poveri del pianeta ricevono da 2,4 a 3,4 miliardi di dollari l’anno in aiuti e finanziamenti diretti a ridurre l’impatto della crisi climatica. Una cifra irrisoria che equivale a meno di 1 centesimo di dollaro al giorno. E l’allarme lanciato da Oxfam, organizzazione che lotta contro le disuguaglianze, in occasione dell’inizio del Climate Summit delle Nazioni Unite a New York, attraverso un nuovo rapporto che pone l’accento in particolare sulla catastrofe climatica che sta devastando il Mozambico e il Corno d’Africa.
Un‘area già poverissima dove milioni di persone subiscono l’alternarsi e le conseguenze di siccità prolungate e cicloni distruttivi. Senza un’immediata inversione di rotta, – spiega Oxfam – le prime vittime saranno decine di milioni di persone in Africa Milioni di persone in Africa sono a rischio di carestie e malattie, se i leader mondiali, riuniti da oggi a New York, non interverranno immediatamente per invertire la rotta, colmando il divario tra gli obiettivi fissati nell’accordo di Parigi nel 2016 e i pochi progressi realizzati sino ad oggi.
Già in Mozambico, l’impatto dei cicloni Idai e Kenneth, che sei mesi fa hanno distrutto il Paese, ha portato oltre 2 milioni di persone sull’orlo della carestia, aumentando a dismisura il rischio di diffusione di malattie come il colera e causando danni per 3,2 miliardi di dollari, pari a oltre un quinto del Pil del Mozambico. In proporzione – si legge in una nota – è come se sugli Stati Uniti si fossero abbattuti 23 uragani Katrina. Allo stesso tempo, nell’ultimo anno, la siccità nel Corno d’Africa ha portato allo stremo oltre 15 milioni di persone in Somalia, Etiopia e Kenya.
“I governi delle grandi potenze mondiali continuano a non mantenere le loro promesse di stanziamenti diretti all’adattamento dei paesi poveri alla crisi climatica globale – ha detto la direttrice delle campagne di Oxfam Italia, Elisa Bacciotti – Il paradosso è che questi paesi pur non avendo responsabilità dei cambiamenti climatici, ne sono vittime, intrappolati in una terrificante spirale di crisi umanitarie, espropriati del futuro e costretti a diventare profughi. A loro prima di tutto dobbiamo pensare, facendo tutto il possibile perché possano ancora avere un futuro. Per questo oggi chiediamo ai Paesi ricchi e ai grandi donatori di intervenire immediatamente concedendo veri aiuti, e non prestiti da restituire che condannano milioni di persone alla povertà.”
Le promesse non mantenute. Nel 2009, – prosegue Oxfam – i paesi ricchi hanno promesso lo stanziamento 100 miliardi di dollari entro il 2020, per finanziare la riduzione delle emissioni globali in atmosfera e consentire ai Paesi in via di sviluppo di adattarsi alla crisi climatica. Il 13 settembre di quest’anno hanno dichiarato di aver impegnato 71 miliardi di dollari. Una cifra che per il momento non appare confermata da impegni concreti ed è di gran lunga al di sotto di quanto promesso.
Il caso della Somalia. Indebitata per il 75% del Pil, ogni nuovo “prestito” sarebbe insostenibile. Gli alti livelli di debito in paesi come Somalia e Mozambico non fanno che aggravare l’impatto dei cambiamenti climatici, riducendo drasticamente le risorse disponibili per l’adattamento e la riduzione di emissioni di CO2. – si legge ancora nella nota – Il debito della Somalia ammonta al 75% del PIL ed ogni finanziamento per il clima concesso in forma di prestito non fa che sprofondare il paese in un buco nero. Oxfam stima che circa i due terzi degli aiuti per combattere la crisi climatica siano stati stanziati sotto forma di prestiti.
“Secondo le stime delle Nazioni Unite l’adattamento ai cambiamenti climatici e la gestione dei danni causati dai suoi effetti costeranno ai Paesi in via di sviluppo tra 140 e 300 miliardi di dollari entro il 2030. – aggiunge Bacciotti – Per questo i Paesi ricchi devono ridurre drasticamente le loro emissioni di CO2 e stanziare veri aiuti per i Paesi meno sviluppati, rispettando gli impegni da raggiungere entro il 2020. Un’azione che dovrà andare di pari passo con un raddoppio degli attuali finanziamenti per il Fondo per il clima”.
“Il nuovo Governo Conte ha dichiarato l’ambizione di siglare un Green New Deal, che possa contrastare l’emergenza climatica. Ebbene chiediamo di passare presto dalle parole ai fatti, senza rinviarne l’adozione e trovando le coperture finanziarie adeguate. – dice Bacciotti – Contemporaneamente chiediamo all’Italia di giocare un ruolo di primo piano nel combattere la crisi climatica anche a livello globale, destinando adeguati contributi al finanziamento del Fondo per il Clima e di strumenti bilaterali e multilaterali di adattamento al cambiamento climatico.”
Oxfam aderisce e sostiene la Settimana Globale di Azione per il clima che culmina oggi con il 3° Global Strike For Future, la manifestazione che in tutto il mondo e in tante piazze italiane chiederà interventi immediati per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Un lavoro di sensibilizzazione sul tema, che – spiega Oxfam – realizza in tante scuole italiane formando docenti e studenti perché si facciano interpreti a loro volta di azioni di cambiamento sui temi della sostenibilità ambientale e dello sviluppo sostenibile. Un processo che sino ad oggi ha coinvolto migliaia di studenti che parteciperanno a dicembre al prossimo Meeting dei Diritti Umani 2019 a Firenze dedicato al tema e alla Marcia per il Climache nel maggio 2020 – conclude Oxfam – porterà migliaia di studenti per le strade di 12 città italiane e 11 paesi europei.