La soglia più alta del “tetto al contante”, pari a 5.000 euro, fissata per il 2010, coincide con il livello più basso di evasione fiscale mai registrata nello scorso decennio, pari a 83 miliardi di euro. Mentre il livello massimo di evasione, con picchi superiori a 109 miliardi, si è registrato nel periodo che va dal 2012 al 2014, quando la soglia massima per i pagamenti cash era stata abbassata a 1.000 euro. È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo la quale non è possibile individuare alcuna correlazione diretta tra l’andamento dell’evasione fiscale e l’evoluzione del cosiddetto “tetto al contante”: l’osservazione dei rispettivi andamenti negli ultimi 10 anni, infatti, non consente di indicare alcun nesso causale tra le modifiche alle norme relative all’utilizzo del denaro di carta per i pagamenti e la curva del gettito tributario sottratto all’amministrazione finanziaria annualmente.
“Alzare a 5.000 euro l’utilizzo del denaro contante restituirebbe anzitutto un senso di libertà alle imprese e ai cittadini. Sono anche sicuro che una decisione di questo tipo, ci auguriamo arrivi il prima possibile, favorirebbe sopratutto il commercio e quindi i consumi, con effetti positivi per la crescita economica e quindi per il prodotto interno lordo. Sarebbe una decisione positiva e sono convinto che le imprese, sopratutto quelle più piccole, largamente indebolite dalla congiuntura sfavorevole, tornerebbero a guardare con fiducia al futuro, anche tornando ad assumere e creando così nuova occupazione” commenta il presidente onorario di Unimpresa, Paolo Longobardi.
Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, nel corso del decennio che va dal 2010 al 2019, la soglia massima per l’utilizzo del denaro contante ai fini del pagamento e delle transazioni commerciali è stata più volte oggetto di correzioni e modifiche. Nel 2010 si è registrato il livello più alto, quando il tetto al cash era a 5.000 euro, e proprio quell’anno l’evasione fiscale ha toccato la soglia più bassa con 83 miliardi successivi. Nel 2011, il tetto al contante è stato abbassato a 2.000 euro e l’evasione fiscale è salita a 104,8 miliardi di euro, con un incremento di oltre 21 miliardi rispetto all’anno precedente (+26%): quindi, cala il tetto al contante e sale l’evasione. Negli anni successivi, la soglia per l’utilizzo del cash è stata ulteriormente ridotta a 1.000 euro, ma i “furbetti delle tasse” non si sono intimiditi: nel 2012 l’evasione fiscale è salita a 107,5 miliardi, nel 2013 ancora a 109,7 miliardi, nel 2014 era a 109,2 miliardi, nel 2015 a 106,1 miliardi. Nel 2016, poi, il tetto al contante è stato si nuovo alzato a 3.000 euro, ma questo fattore è rimasto una variabile indipendente rispetto all’evasione che quell’anno è rimasta stabile a 106,6 miliardi. Nel 2017 il totale del denaro sottratto all’erario era a 107,3 miliardi, nel 2018 a 102,3 miliardi e solo nel 2019 si è registrata una riduzione più apprezzabile a quota 99,2 miliardi. Una riduzione, quest’ultima, tuttavia che non è in alcun modo stata favorita dall’aumento da 1.000 a 3.000 euro per la soglia dell’utilizzo del contante, definita peraltro già quattro anni prima.
– Nota stampa Unimpresa –