Oltre metà dei lavoratori italiani quest’anno si aspetta di ricevere un aumento di stipendio (54%) o un bonus finanziario una tantum (55%). Attese in linea con la media globale (in cui nel 2013 il 58% dei lavoratori si attende un aumento e il 48% un bonus), ma in contrazione rispetto allo scorso anno, quando un aumento di stipendio era previsto dal 64% degli italiani e il bonus una tantum dal 56%. Sono alcuni dei risultati del Randstad Workmonitor, l’indagine sul mondo del lavoro realizzata nel quarto trimestre 2013 da Randstad, seconda azienda al mondo nel mercato delle risorse umane, attraverso un sondaggio sottoposto a lavoratori dipendenti di età compresa tra 18 e 65 anni, impegnati per un minimo di 24 ore alla settimana, in 32 paesi del mondo.
Quanto alle prospettive economiche, secondo il Randstad Workmonitor, il 59% degli italiani si aspetta che la situazione del paese migliori nel 2014. Un dato che dimostra un ottimismo superiore alla media a livello mondiale (49%) e ben superiore a quella dell’Europa meridionale (35%).
L’Italia, infatti, si colloca al 9° posto nella graduatoria dei Paesi che prevedono un 2014 economicamente migliore del 2013, a pari merito con la Danimarca e appena dietro la Svizzera, in una classifica dove molti degli altri paesi europei si collocano nella parte prudentemente bassa delle aspettative. A livello globale, in Nord America vede in positivo esattamente metà dei lavoratori, mentre in Asia la situazione appare molto eterogenea, divisa tra il grande ottimismo dell’India, dove l’84% dei lavoratori si aspetta miglioramenti, e i timori del Giappone, con il 40%. L’ottimismo italiano, però, dopo anni di crisi, mostra un calo evidente. Dal 2011 al 2013, si nota un’erosione del 10% di coloro che prevedono una situazione economica migliore nel paese l’anno successivo.
Sul fronte del lavoro, la grande maggioranza dei lavoratori italiani (84%) dichiara di essersi impegnato in prima persona per accrescere le proprie abilità e competenze professionali nel corso dell’ultimo anno, una percentuale che vale all’Italia la decima posizione sui 32 paesi oggetto di indagine.
Nel 59% dei casi, questo ha significato la partecipazione a corsi di formazione e programmi di apprendimento. Ma solo in poco meno della metà dei casi (45%) il datore di lavoro ha contribuito al progetto di crescita professionale (29ma posizione su 32). Una tendenza comune a livello globale: nella media dei 32 Paesi oggetto d’indagine è lo sforzo personale il driver più forte per lo sviluppo professionale (79%), ma nel 55% dei casi i datori di lavoro abbiano contribuito.
L’indagine analizza anche l’impatto dell’immigrazione: gli italiani si dividono sulle opinioni circa l’immigrazione di stranieri occupati. La metà dei lavoratori (49%) ritiene che l’immigrazione di lavoratori stranieri abbia influito positivamente sul proprio sviluppo lavorativo (una percentuale di poco inferiore alla media globale, pari al 52%), mentre un terzo (33%) pensa che abbia influito negativamente. In ogni caso, il 39% pensa che la sicurezza del proprio posto di lavoro sia diminuita per effetto dell’immigrazione (il 25% a livello globale).
“Il Randstad Workmonitor fotografa un cauto ottimismo – afferma Marco Ceresa, amministratore delegato di Randstad Italia – per le prospettive del 2014 nel mondo del lavoro italiano. Alla fiducia nella ripresa, si accompagna un forte attaccamento al lavoro, che comporta investimento nella crescita professionale e aspettative sul fronte economico, ma anche timore di perdere il posto e allerta costante in un periodo di incertezza e cambiamento di modelli organizzativi tradizionali. Dopo anni di crisi, il lavoratore italiano sembra sentirsi più solo, anche se pronto ad affrontare con impegno personale – prosegue Ceresa – il miglioramento professionale: uno stato d’animo che emerge dall’84% di occupati pronto a darsi da fare in prima persona nello sviluppo di conoscenze e competenze”.