La strana coppia. E’ andato in scena a Firenze la scorsa settimana il remake italiano dell’esilarante commedia americana interpretata da Walter Matthau e Jach Lemmon negli anni Sessanta.
Protagonisti, questa volta, Matteo Renzi e Maurizio Landini. I due sembravano avere una visione del mondo del lavoro, e di come cambiarlo, molto distante, e per certi versi inconciliabile. Così pareva. A sorpresa, però, giunge il colpo di scena. Il capo dei metalmeccanici della CGIL, fiero bastian contrario, dichiara di apprezzare la proposta, che ancora nessuno conosce nei dettagli, di contratto unico avanzata da Matteo Renzi, che prevede un contestuale ammorbidimento del sempre verde articolo 18 attraverso un allungamento del periodo di prova.
Do ut des – L’apertura di Landini, però, è subordinata ad una chiusura netta nei confronti dei diversi contratti flessibili esistenti. “Dico basta ai contratti di collaborazione, alle false partite Iva, al lavoro interinale e ai contratti a progetto. Sono contratti che non servono né alle imprese né ai lavoratori”. La ragione? “Dobbiamo guardare in faccia la realtà” sentenzia il segretario della Fiom. Che ne pensa Renzi? Vedremo.
Per rispondere alle parole di Landini, voglio partire proprio da qui: dalla realtà. Il mercato del lavoro italiano è fatto di lavoratori dipendenti (oltre 17 milioni) e di lavoratori autonomi (5 milioni e 700 mila circa). Per entrambe queste “categorie” esistono tipologie contrattuali connaturate alla natura e specificità del lavoro o della professione svolta: il contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato o determinato per i primi, e la partita Iva e i contratti di collaborazione e a progetto per i secondi.
Le pere e le mele – Dire che si vogliono abolire i contratti di collaborazione e i contratti a progetto non ha senso. Il lavoro autonomo si esercita anche con il contratto a progetto e di collaborazione che prevede autonomia professionale, assenza di un orario di lavoro rigido o di rapporto di subordinazione, nessun salario mensile, e via dicendo. Inoltre, il contratto a progetto è un’opportunità in più per i professionisti che non intendono aprire una partita Iva perché meno vantaggiosa. Quale sarebbe l’alternativa? Un contratto da dipendente anche per i lavoratori autonomi oppure costringerli ad aprire per forza una partita Iva? E’ ovvio che stiamo mischiano le pere con le mele.
La questione è un’altra. L’utilizzo improprio e illegale che alcuni datori di lavoro fanno dei contratti di lavoro autonomo. In altre parole alcune imprese applicano contratti di lavoro autonomo in rapporti di lavoro tipicamente subordinati. Qui è il problema. Ma per combattere l’abuso è impensabile pensare di cancellare la normalità del lavoro autonomo. E’ come voler combattere una malattia eliminando il malato. Assurdo.
Il senso della realtà – La priorità, quindi, è combattere l’abuso, se si vuol richiamare davvero il senso della realtà. E sempre la realtà, ci ricorda che ci sono, oltre ai furbi e gli approfittatori, anche molte piccole aziende costrette a ricorrere a forme contrattuali improprie per cercare di abbattere il costo del lavoro altrimenti insostenibile. Che facciamo in questo caso? Le chiudiamo tutte?
Allargando lo sguardo, vediamo che siamo dentro un’economia globale caratterizzata da una forte flessibilità e incertezza, e la strada per ridare sicurezza lavorativa e tutele alle persone, purtroppo, non passa più della garanzia del posto fisso attraverso un contratto a tempo indeterminato per tutti. Questa è una favola alla quale non crede più nessuno. La via è un’altra e passa dalla riforma del nostro sistema di protezione sociale che dovrà garantire a tutti, compresi i lavoratori autonomi, un reddito nei periodi di non lavoro e efficaci politiche attive di ricollocazione. E soprattutto, dovrà farlo fuori dai recinti spinati dell’ideologia.
Ce lo chiede la realtà caro Landini.