La decisione assunta da Acciaierie D’Italia, Governo e Arcelor-Mittal di rinviare di due anni l’ingresso definitivo dello stato al 60% è una decisione che prende tempo e continua a lasciare sul campo incertezza sulla fase gestionale. Lo hanno dichiarato in una nota il Segretario Generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia e il Segretario nazionale Valerio D’Alò sottolineando come oggi invece abbiamo bisogno di fare chiarezza sul rilancio della società e sulla produzione e ambientalizzazione, fatti che al momento non traspaiono rispetto a quello che sta accadendo.
Per questo si rende ancora più urgente che il sindacato sia convocato e ascoltato dal Governo e dall’azienda per poter rappresentare chiaramente cosa può capitare già a partire dal mese prossimo. Abbiamo bisogno che questo periodo che abbiamo davanti, porti concretamente a più investimenti, più produzione e meno cassa integrazione. Avere oggi a che fare con una situazione di cassa integrazione straordinaria senza un accordo sindacale è una lacuna che va assolutamente colmata.
Servono delle risposte che si traducano in fatti ed investimenti ed evitare che la situazione si trascini in maniera incerta come avvenuto fino ad oggi con l’attuale gestione, proseguono i due sindacalisti. Alla FIM – affermano – non basta che Acciaierie d’Italia sopravviva, nello scenario geopolitico attuale privarsi o limitare la produzione di un asset strategico per l’industria italiana come l’acciaio primario dell’ex-Ilva è una follia, c’è la necessità di cogliere le occasioni di rilancio del mercato della siderurgia, che questa fase sta offrendo e soprattutto bisogna risolvere la questione occupazionale.
E’ inimmaginabile pensare che solo tra due anni potremo avere qualche risposta per i lavoratori. Il coinvolgimento del sindacato, in questa vertenza non è un punto secondario, deve essere l’attenzione che governo e l’azienda devono mettere in campo nei prossimi giorni. Anche per questo motivo che insieme a Fiom e Uilm saremo a Taranto il prossimo 15 giugno, dove insiste lo stabilimento maggiore, proprio per poter chiedere al Governo e all’azienda di porre fine a questa fase che sta nei fatti logorando piano piano l’unica realtà industriale di acciaio primario del nostro Paese ostacolandone il rilancio e condannando i lavoratori a lunghi ammortizzatori sociali e una visione di risanamento della città che resta solo una promessa nei proclami elettorali e niente più. Bisogna uscire da questo immobilismo logorante, concludono Benaglia e D’Alò.