L’Europa spinge per creare un mercato professionale unico e l’Italia risponde con la proliferazione di leggi regionali che limitano la concorrenza, l’Europa chiede di equiparare i professionisti alle imprese e in Italia i professionisti vengono esclusi dai provvedimenti riguardanti le imprese. Insomma l’Europa chiama e l’Italia (per ora) non risponde.
Questi solo alcuni esempi che ci restituiscono la realtà del mercato professionale italiano mentre è in discussione alla Commissione Industria del Senato il Ddl concorrenza.
“Attualmente il testo non prevede nulla per il sistema professionale italiano- dichiara la presidente del CoLAP Emiliana Alessandrucci-come se non ci fossero problemi in materia di concorrenza, purtroppo i problemi ci sono e oggi abbiamo l’occasione di correggere il tiro, ma serve che la politica ascolti i professionisti. Per questo abbiamo presentato i nostri emendamenti-conclude la presidente Alessandrucci– dove chiediamo la delega sulle professioni per poterci lavorare insieme e rendere finalmente competitivo il nostro sistema”.
Con 52 liberi professionisti ogni mille occupati il nostro paese vanta un tasso di presenza della libera professione superiore ad altri paesi europei, con una conseguente incidenza sul Pil. Tra il 2019 e il 2020 abbiamo riscontrato un calo di liberi professionisti pari a 38 mila unità, per quanto questo dato sia ovviamente viziato dalla crisi pandemica, non possiamo non considerare quanto la mancanza di concorrenza abbia minato la competitività del nostro mercato professionale.
Lo conferma l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che nella sua relazione del 2021 dichiara come i settori caratterizzati da una più intensa dinamica concorrenziale siano stati quelli che prima di altri hanno ripreso a crescere e a recuperare competitività, mentre i settori protetti con misure restrittive della concorrenza sono stati quelli dove l’impatto negativo sulla produttività è risultato più marcato.
“Nonostante questo quadro desolante, continuano a proliferare leggi regionali che di fatto inseriscono nuove riserve – dichiara la presidente Alessandrucci– creando conflitti inutili, anacronistici e dannosi. Come se non bastasse- continua la Alessandrucci– persiste la triste abitudine di indire bandi rivolti a volontari, laddove servirebbero professionisti formati e remunerati. Ciò avviene non solo in barba alla norma sull’equo compenso, ma anche in totale disaccordo con le direttive europee che ci chiedono di tutelare e favorire la concorrenza, non di alterarla e limitarla”.