Lo sciopero è finito. Forse. Ultimo baluardo di un modo di fare sindacato tipico di un passato di lotte e conflitti che oggi non c’è più, lo sciopero generale sembra giunto, dopo anni di onorato e discusso servizio, al suo epilogo. Forse è troppo presto per scriverne il necrologio. Tuttavia, le parole di Susanna Camusso, segretario generale della CGIL, segnano una rottura storica quando dice che è “uno strumento non più sufficiente ad esprimere la protesta dei lavoratori”.
I tempi cambiano e anche il sindacato deve cambiare. Lo sciopero generale non serve più ed è arrivato il momento di rottamarlo. Uno strumento vuoto e non più utile, simile sempre più ad un vecchio e stanco rituale fordista, di natura piuttosto nostalgica, sempre più distante dalle aspettative, dai linguaggi e dalla stessa identità del nuovo mondo del lavoro frammentato. Inutile e paradossalmente troppo costoso per i lavoratori per i quali il rapporto costi-benefici volge a sfavore. L’unico ambito in cui lo strumento resiste ed è ancora in voga è quello dei trasporti in cui, però, va fatto un discoro a parte.
Adesso, per dar seguito alle parole della Camusso, serve uno sforzo di fantasia. O “semplicemente” di adeguamento ad una realtà del lavoro profondamente cambiata dai “tempi moderni” rappresentati magistralmente da Charlie Chaplin nell’omonimo film.
Con la messa in soffitta dello sciopero scompare anche un vetusto modo di gestire il conflitto tra sindacato e impresa, riflesso di un’epoca che fu. Servono nuovi linguaggi, nuovi strumenti, nuove parole d’ordine e soprattutto nuovi sindacalisti. Nuovi non tanto dal punto di vista anagrafico ma soprattutto culturale.
La rivoluzione digitale che ha toccato ogni ambito della nostra vita, individuale e sociale, sembra non aver ancora persuaso fino in fondo il sindacato tradizionale. Eppure è proprio qui che il futuro del sindacato potrebbe ritrovare gli antichi splendori della centralità industriale. All’ora intercettò la modernità e fu in grado di rappresentarla mentre oggi sembra fuori dal tempo.
Il lavoro oggi è culturalmente digitale. Questo vuol dire lavoro da remoto, numerose nuove professionalità high tech, impresa a rete e iperflessibile, boom delle nuove forme di socializzazione del lavoro online, possibilità di “scioperi in Rete” con le varie opportunità del NetStrike, servizi del lavoro digitalizzati, autonomia, e così via. Solo dopo un “bagno digitale” e possibile per il sindacato rigenerarsi e attrezzarsi per le sfide che ha di fronte.
La strada è segnata. Siamo ad un punto di non ritorno per Camusso & Company: digitalizzarsi o scomparire.