In un mondo del lavoro che diventa sempre più ibrido, in cui cioè lo smart working si affiancherà al lavoro in presenza, tutto quello che succederà d’ora in poi non è affatto scontato. Tant’è che come afferma il World Trend Index 2021 di Microsoft, il 66% dei leader sta considerando di modificare gli spazi aziendali proprio in questa direzione, anche alla luce del fatto che – Green Pass obbligatorio o no nei luoghi di lavoro – il dibattito tra il rientrare in ufficio e continuare in modalità da remoto è particolarmente acceso e non risparmia nessun settore.
Alla luce di tutto questo, dove si collocano le presentazioni virtuali ossia quella modalità, nelle varie riunioni online, di presentare un progetto cercando di catturare l’attenzione il più possibile? Dopo che abbiamo imparato a usare piattaforme come Microsoft Teams, Google Meet e Zoom e a condividere su di esse tutti i nostri materiali, come dovremmo comportarci quando c’è gente che lavora in ufficio e gente che è da remoto?
A porre la questione – tutt’altro che banale – è Maurizio La Cava, docente di Pitch & Presentation Strategies e fondatore della metodologia Lean Presentation Design che ci dà 8 consigli per realizzare presentazioni ibride utilizzando come strumento Power Point rendendo il più interessante ed efficace possibile la propria comunicazione in un mondo del lavoro sempre più ibrido.
Scopriamoli insieme.
Chi presenta deve diventare ibrido. Non deve esserlo solo la presentazione, ma bisogna pensare già in “dual mode”, il che, secondo La Cava, vuol dire che chi sta presentando deve curare a fondo la regia. Dopo aver impostato il laptop in modalità estesa e non condivisa, si potrà condividere lo schermo e gestire la regia della presentazione sul proprio laptop, mentre sullo schermo del proiettore scorreranno le slide per i due pubblici (da remoto e dal vivo.
Pensare a chi è da remoto fin dal primo minuto: se le presentazioni avvengono contemporaneamente per un pubblico in presenza e uno da remoto, va da sé che è bene considerare questa seconda audience fin da subito. Come? Condividendo subito, non appena si entra in sala riunioni, lo schermo con la conference room avendo cura di impostare la modalità presentazione su PowerPoint, che consente di anticipare il contenuto della slide successiva, mantenendo l’attenzione alta e costante l’attenzione. Questo è importante anche per non far sentire escluso chi non è nella sala che magari resta in attesa che tutto inizi, ma non ha la percezione di cosa sta succedendo. Se è più facile prendersi cura di chi si riesce a vedere, non bisogna dimenticare di farlo anche con chi è dietro lo schermo.
L’importanza dell’attrezzatura necessaria: tra gli strumenti che non possono mancare ci sono sicuramente lo smartphone (e il caricabatterie) e gli auricolari bluetooth in primis. Quando si utilizzano le cuffie, tuttavia, non bisogna dimenticare che si è i soli a sentire l’audience remota, che dovrà essere collegata anche alla presentazione dal vivo per poter partecipare al dibattito quindi possibilmente senza auricolari ma testando prima l’audio.
Senza dimenticare poi tutto quello che sono i cosiddetto must have del presentatore sono: un pannello luce, magari con un piedistallo, il microfono, il mouse, il treppiede modellabile, una borsa per contenere i cavi, la macchina fotografica per riprendere, un cavo USB extra e un tablet. Se ci si trova in un ambiente scuro, o si vuole scontornare la propria sagoma, è necessario ricorrere alla luce artificiale, con i pannelli sopracitati, che garantiscono una resa ottimale anche a budget ridotti.
Parola d’ordine coordinare. Cosa? Le due audience, che seppur lontane, probabilmente vorranno interagire, ma per farlo c’è bisogno di qualcuno che monitori la chat o che presenzi in entrambe le “stanze”, ripetendo le eventuali domande dal vivo alla sezione da remoto. Aspetto tutt’altro che banale e se il presentatore è da solo, magari deve organizzare il tempo da riservare alla chat e al dibattito.
Arrivare preparati. Sembra un consiglio banale, ma è fondamentale ridurre a zero le attività che possono distrarre e testando tutto prima di cominciare. Non bisogna dimenticare, ricorda La Cava, che la presentazione virtuale richiede una serie di operazioni che possono richiedere qualche minuto e, non di rado, presentare qualche difficoltà: è sempre buona cosa avere il tempo e il modo di intervenire.
Curare la post-presentazione. Per chi è in collegamento da remoto, le occasioni di distrarsi sono molto più frequenti, ecco perché è importante registrare l’incontro, in in modo che tutti abbiano la possibilità di recuperarlo e che si possa continuare a creare valore.
Tenere a mente le diverse esperienze dell’audience è fondamentale: da un lato, dal vivo, c’è un pubblico che si concentrerà principalmente sul presentatore, mentre dall’altro c’è un’audience remota che, nella migliore delle ipotesi, seguirà il tutto da un PC. Pertanto, less is more: la chiave è fare slide essenziali, chiare e con font leggibili, evitando video e animazioni che possono interrompersi;
Non tralasciare l’interazione umana: nonostante le grandi potenzialità di Internet permettano di veicolare un contenuto in maniera altrettanto efficace, è innegabile che la performance dal vivo abbia un impatto differente. Gli sguardi, le espressioni facciali e i gesti sono parte integrante di una presentazione ma oggi, a causa delle mascherine, parte del viso è coperta: per questo, si può optare per un dispositivo trasparente a norma, che lasci intravedere la bocca del presentatore.
“Sembra evidente che le presentazioni ibride siano la nuova frontiera, nonché la grande sfida dei presentatori del domani” , conclude Maurizio La Cava. “Personalmente, ritengo che il paradigma fondamentale resti lo stesso: progettare l’esperienza di fruizione che si desidera per la propria audience, da cui ricavare poi la presentazione ideale. Il tutto condito con i giusti accorgimenti tecnici, che possono davvero fare la differenza e diventare la chiave di volta nel lavoro del futuro”.