Sono Molise (27,6%), Basilicata (26,26%) e Abruzzo (25,71%) le tre regioni italiane con il maggior tasso di femminilizzazione, cioè con la maggiore percentuale di imprese femminili sul totale di oltre 1milione e 334mila, mentre Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia sono le regioni in cui si concentra il maggior numero di imprese guidate da donne, secondo i dati dell’Osservatorio dell’imprenditoria femminile Unioncamere-Infocamere.
Ma qual è lo stato attuale delle imprese in rosa nel nostro paese? Il tema è stato affrontato in questi giorni anche dal primo Women20, il summit del G20 dedicato alla parità di genere nel quale Elena Bonetti, Ministra per le Pari Opportunità e la famiglia, ha dichiarato: “La promozione della parità di genere è una leva strategica per raggiungere una maggiore efficienza della qualità produttiva socioeconomica del Paese. Esiste un forte gap digitale nel mondo dell’impresa femminile: solo il 19% delle imprenditrici ha le competenze digitali adeguate, rispetto alla media europea del 33%. Nell’ambito del PNRR sono state individuate alcune azioni specifiche, tra cui la formazione soprattutto nei settori scientifico, digitale e finanziario, in modo da consentire alle donne di avere pieno accesso ai 24 miliardi messi a disposizione dal PNRR per la digitalizzazione innovativa nelle imprese. Aver introdotto strumenti come la certificazione sulla parità di genere delle imprese e del gender budgeting tra gli elementi di premialità significa aver indotto un processo di promozione che colmerà quel gap e consentirà di moltiplicare gli effetti positivi della transizione digitale ed ecologica”.
Se si guardano i dati Unioncamere del primo trimestre 2021, certamente la pandemia ha rappresentato un elemento di freno alla crescita delle imprese femminili ma a guidare la ripresa sono proprio le giovani under 35. Rispetto alle iscrizioni registrate nei primi tre mesi del 2020, le nuove imprese fondate da under 35 aumentano dell’8,1%. Ancora molto timorose, invece, si rivelano le colleghe più adulte, la cui voglia di mettersi in proprio è inferiore del 2%.
Dopo la caduta delle iscrizioni complessive di nuove attività guidate da donne registrata nel corso di tutto il 2020, è tornato inoltre a salire lievemente l’indicatore più importante della vitalità imprenditoriale: 26.299 le imprese femminili nate tra gennaio e marzo scorso, contro le 26.044 dello stesso periodo di un anno fa, il dato più basso dal 2015. Sebbene ancora ben al di sotto delle performance del passato, la crescita dell’1% rispetto a gennaio-marzo 2020 segna quindi una prima svolta rispetto ai trimestri precedenti, anche se non assume ancora la robustezza degli anni passati.
In tutto questo lungo anno di pandemia, comunque, le giovani aspiranti imprenditrici si sono mostrate un po’ più resilienti delle over 35. Nel secondo e nel terzo trimestre 2020, infatti, le iscrizioni delle imprese femminili giovanili si sono ridotte in misura minore rispetto a quelle (sempre rosa) non giovanili (-38,6% contro -44,0% nel secondo trimestre, -3,7 contro -5,3% nel terzo), fino a tornare in positivo nei primi tre mesi del 2021. Le donne, comunque, continuano a pagare un prezzo più alto degli uomini alla crisi provocata dalla pandemia.
Anche nel primo trimestre di quest’anno, infatti, l’incremento percentuale delle nuove imprese guidate da donne continua ad essere ben inferiore a quello delle imprese maschili (1% a fronte del 9,5%). Relativamente alla dimensione,vi è una spiccata dimensione “micro”. Circa 97 imprese su 100 guidate da donne non hanno avuto, nel 2019, oltre i 9 addetti e se il calo della domanda è l’elemento critico più segnalato, le donne d’impresa hanno mostrato di avere maggiori problemi di liquidità.
Il problema dell’accesso al credito è stato affrontato con il D.L. n. 34/2019 che ha riformato la disciplina dei mutui a tasso zero per l’autoimprenditorialità giovanile e femminile di cui al D.Lgs. n. 185/2000. Inoltre, recenti interventi legislativi, adottati anche per far fronte alla crisi economica generata dalla pandemia, hanno implementato il sostegno al credito e introdotto talune forme di sostegno diretto, assieme ad azioni per la diffusione di cultura imprenditoriale tra la popolazione femminile. È stata inoltre disposta l’istituzione, presso il Ministero dello sviluppo economico, del Comitato Impresa Donna, tra le cui attribuzioni rientrerà il formulare raccomandazioni relative allo stato della legislazione e dell’azione amministrativa, nazionale e regionale, in materia di imprenditorialità femminile e sui temi della presenza femminile nell’impresa e nell’economia.
Alle agevolazioni specificamente dirette alle imprese femminili, possono essere affiancate, entro i limiti di cumulabilità derivanti dalla disciplina europea in materia di aiuti di Stato, ulteriori incentivi generalmente previsti per le imprese, quali, ad esempio, quelle a sostegno delle start up innovative o a sostegno delle imprese dislocate nelle aree del Mezzogiorno.
Il cammino verso una completa parità di genere nel mondo dell’imprenditoria è ancora lungo ma l’attenzione del Governo Draghi verso questo tema resta alta tanto che il premier ha dichiarato all’ultimo Women Political Leaders Summit 2021′ l’intenzione di stanziare 7 miliardi di euro per l’uguaglianza di genere.
Un obiettivo ambizioso ma assolutamente necessario per moltiplicare storie di successo come quelle narrate da “Femina”, il Docufilm sull’imprenditoria femminile realizzato dalla Fondazione Arezzo Innovazione in partenariato con la Camera di Commercio Arezzo-Siena. Un lavoro prezioso e che racconta il percorso di vita ed aziendale di alcune delle imprenditrici più rappresentative della provincia di Arezzo; donne che con il loro impegno hanno raggiunto livelli di eccellenza in ambito internazionale contribuendo a fare la storia del tessuto economico locale.