Con la circolare n. 72 del 29 aprile, l’Inps, come preannunciato dal comunicato stampa del giorno 16, si propone di illustrare le novità del decreto “Sostegni” e, soprattutto, di spiegare come sarebbe possibile far retroagire gli effetti del D.L. n. 41/2021 a prima del periodo dallo stesso indicato (1° aprile) per la fruizione degli ammortizzatori sociali. Il provvedimento, come annunciato, si prefigge di risolvere i dubbi interpretativi circa la collocazione temporale delle nuove settimane di cassa integrazione riconosciute con il decreto. In realtà le soluzioni proposte non appaiono del tutto soddisfacenti, anche
perché in gran parte prive delle ragioni giuridiche che dovrebbero sostenerle. Dubbi che non appaiono completamente risolti neppure dalla legge di conversione del “Sostegni”.
Il voto di tutela di fine marzo. Come rilevato immediatamente dalla Fondazione Studi e pressoché da tutti gli operatori, nella successione di norme tra la legge di Bilancio (L. n. 178/2020) e il decreto “Sostegni” (D.L. n. 41/2021), con riguardo ai trattamenti di cassa integrazione, si poteva realizzare una soluzione di continuità tra le due misure, considerato che le settimane concesse dalla L. n. 178/2020, se utilizzate ininterrottamente dal 1° gennaio, si concludevano il 25 marzo scorso, mentre, ai sensi dell’art. 8 del D.L. n. 41/2021, il nuovo periodo opera soltanto dal 1° aprile 2021.
Il comunicato stampa del 16 aprile 2021. Con il comunicato stampa del 16 aprile scorso, l’Inps, premettendo che le indicazioni contenute erano condivise con il Ministero del Lavoro, con un sillogismo claudicante, dichiara “che non vi sono vuoti di copertura di cassa integrazione per la settimana dal 29 marzo al 4 aprile 2021”, salvo concludere invece che, in realtà, la soluzione di continuità esiste “per coloro che hanno fatto ricorso alla CIG sabato 2 gennaio 2021”. Ciò, peraltro, dopo aver affermato che “il primo giorno lavorativo dell’anno 2021 è stato il 4 gennaio” e che “le 13 settimane del D.L. Sostegni comprendono i periodi decorrenti dalla settimana in cui è collocato il 1° aprile” (in realtà l’art. 8 espressamente limita l’utilizzabilità delle settimane al <<periodo compreso tra il 1° aprile 2021 e il…>>). Pertanto, il decreto “Sostegni” ricoprirebbe anche i giorni lavorativi dal 29 al 31 marzo: possibilità che, annuncia il comunicato stampa, verrà chiarita con “prossima circolare in corso di emanazione […] con parere conforme del Ministero del Lavoro”. La circolare n. 72/2021 appunto.
La circolare N. 79 del 29 aprile 2021. In realtà il provvedimento di prassi dell’Inps accresce ulteriormente le incertezze, a partire dalla posizione della questione, che denota una evidente aporia con le premesse del comunicato stampa che lo ha preannunciato. Secondo la circolare n. 72, infatti, “la decorrenza del 1° aprile 2021, prevista dal menzionato articolo 8 del decreto legge n. 41/2021 per tutte le tipologie di trattamenti, non consente ai datori di lavoro di accedere alle previste misure di sostegno in regime di continuità con quelle precedentemente introdotte dalla legge n. 178/2020, che, per coloro che hanno iniziato il periodo di sospensione/riduzione dell’attività dal 1 gennaio 2021, le 12 settimane di interventi previste dalla legge di Bilancio 2021, sono terminate – al massimo – il 25 marzo 2021” (par. 1). Dunque, deve ritenersi definitivamente confermato il rischio – negato invece nota stampa dell’Istituto del 16 aprile – della soluzione di continuità tra le due misure. Tuttavia, il promesso chiarimento non è reso. Non può soddisfare, infatti, l’apodittica affermazione che “il nuovo periodo di trattamenti previsto dal citato articolo 8 potrà essere richiesto a decorrere dall’inizio della settimana in cui si colloca il 1° aprile 2021 (i da lunedì 29 marzo 2021)”. Tale presa di posizione non è accompagnata dal riferimento delle ragioni che la giustificherebbero, soprattutto considerando che la stessa circolare, appena poche righe prima di questa affermazione, riproduce il testo del primo comma dell’art. 8 del D.L. n. 41/2021. Quest’ultimo è chiaro nel limitare la fruibilità delle settimane di cassa integrazione al periodo compreso tra il 1° aprile e il 30 giugno CIGO) o il 31 dicembre (ASO e CIGD), individuando così un preciso arco di efficacia temporale, che impedisce interpretazioni estensive e che in ogni caso rimangono inspiegate. Suscita interesse (senza però diradare i dubbi), il periodo precedente, sempre nel paragrafo 1 della circolare, con il quale in maniera sibillina viene fatto riferimento all’attesa “nelle more della definizione dell’iter legislativo di conversione in legge del decreto Sostegni”, quasi a lasciar presagire che – finalmente – la soluzione sarà adottata attraverso la modifica della norma.
La conversione del decreto Sostegni. Tale intervento normativo, l’unico in realtà con la prerogativa di modificare la portata applicativa dell’art. 8 del D.L. n.41/2021, pare in effetti essersi compiuto con la legge di conversione del decreto “Sostegni”, che nel testo del disegno circolante, prevede l’introduzione del comma 2-bis all’art. 8, per il quale “i trattamenti di cui ai commi 1 e 2 possono essere concessi in continuità ai datori di lavoro che abbiano integralmente fruito dei trattamenti di cui all’art. 1 comma 300 della legge 30 dicembre 2020 n. 178”. Ciò, però, senza spiegare le modalità attraverso le quali tale operazione “in continuità” possa essere materialmente attuata dagli interessati. Si confermano, infatti, tutti i dubbi premessi con riguardo all’efficacia concreta della misura, in considerazione del tempo in cui entrerà in vigore. I giorni di sospensione o riduzione dell’attività produttiva non coperti da ammortizzatori sociali sono già trascorsi e i termini per provvedere agli adempimenti connessi nell’elaborazione dei prospetti paga (copertura con ferie, permessi, etc…) e relativa trasmissione scaduti. Sarà necessario, perciò, predisporre un corollario di regolamentazione procedurale attraverso il quale consentire la possibilità di dare attuazione concreta a tale previsione normativa, una volta entrata in vigore, tenendo conto che ciò avverrà verosimilmente nell’ultima settimana di maggio. Pertanto, tali disposizioni dovranno contemplare il necessario coordinamento di termini e tempo di adozione, onde evitare l’ulteriore aggravio di adempimenti per i Consulenti del Lavoro, altrimenti inevitabile e oggettivamente da respingere.
La decadenza relativa dei termini. È un dato pacificamente acquisito dell’esperienza emergenziale che i termini per la trasmissione delle domande per gli ammortizzatori sociali e dei dati necessari al pagamento delle misure (modelli SR41) hanno natura decadenziale e spirano, primi “entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa” (art. 8, co. 3, D.L. n. 41/2021), i secondi “entro del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, o, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione” ( co. 4, D.L. n. 41/2021).
Anche su questo aspetto la circolare Inps suscita non poche perplessità per le franchigie interpretative che si attribuisce. Al paragrafo 13, è reiterato l’approccio pragmatico di altri provvedimenti simili dell’Istituto, per cui, in relazione alla previsione della decadenza fissata in sede di prima applicazione, entro il mese di entrata in vigore del provvedimento, è ribadita la considerazione che poiché questa “non concretizza una condizione di miglior favore per le aziende, il termine di trasmissione resta regolato dalla disciplina a regime anche per le domande riferite a sospensioni o riduzioni attività iniziate nel mese di aprile 2021. Conseguentemente, le relative istanze di accesso ai trattamenti potranno continuare ad essere trasmesse, a pena di decadenza, entro il 31 maggio 2021”. Si tratta, come premesso, di una presa d’atto realista, considerando che quella previsione, coerente quando introdotta in provvedimenti che riferivano il decorso a momenti precedenti alla loro entrata in vigore, non ha giustificazione in questo caso e perciò, come già con il messaggio n. 1297/2021, è di fatto disapplicata dall’Istituto. Meno comprensibili appaiono, invece, le basi giuridiche che abbiano consentito, nel passaggio successivo dello stesso paragrafo 13, di considerare che “la medesima scadenza del 31 maggio 2021 troverà applicazione anche con riferimento alle istanze di accesso ai trattamenti di integrazione salariale (CIGO, CIGD e ASO) di cui all’articolo 8 del decreto legge n.41/2021, il cui periodo di sospensione/riduzione di attività decorre dal 29 marzo 2021”. Si tratta di una scelta all’apparenza del tutto arbitraria. Se nel primo caso, infatti, l’aver trascurato l’indicazione di un dies a quo (la c.d. “prima applicazione”), pur risultando anch’essa soluzione priva di oggettivo riscontro giuridico, ha il pregio di risolvere una contraddizione applicativa della norma e – in ogni caso – di confermare il rispetto del termine decadenziale previsto dalla legge a regime, in questa seconda ipotesi, mal si comprende come possa, d’imperio, un documento di prassi amministrativa di un I’istituto previdenziale, seppur prestigioso, modificare un termine decadenziale imposto ex lege, differendone la scadenza. Peraltro, tale scelta non appare del tutto avallata neppure dal legislatore, che per quanto risulta dal disegno di legge di conversione del decreto “Sostegni”, differisce al 30 giugno 2021 i termini scaduti nel periodo dal 1° gennaio al 31 marzo, escludendo così quelli oggetto del differimento impropriooperato con la circolare n. 72/2021 dell’Inps.
Nota stampa Fondazione studi Consulenti del Lavoro.