In che modo si può valorizzare una risorsa “over 50” in un’azienda? Intervenuto all’incontro Over 50, come cambiano le età della vita lavorativa e il mercato del lavoro in Italia organizzato dall’agenzia per il lavoro Randstad, il professor Tiziano Treu, Ordinario di Diritto del lavoro all’Università Cattolica di Milano, ne ha parlato a lungo spiegando come il problema dell’active ageing, ovvero dell’invecchiamento attivo, debba essere affrontato in un’ottica a tutto tondo: “In Italia il fenomeno ci ha colto di sorpresa e si avverte un ritardo nel percepirlo e nell’affrontarlo culturalmente.
Il problema non è quello di mandare via gli “over 50” dalle aziende, ma quello di mantenerli all’interno di esse in modo utile”. La via, da percorrere soprattutto per non rischiare un conflitto intergenerazionale, è in primis quella di una crescita equilibrata nelle opportunità di lavoro: “Dobbiamo iniziare a pensare che non c’è antitesi tra l’occupazione dei lavoratori anziani e di quella dei giovani, ma che anzi, i Paesi che sono stati in grado di garantire una crescita economica continua e sostenuta hanno offerto lavoro a entrambe le generazioni”.
Come intervenire – Per il professor Treu, il percorso verso possibili soluzioni di integrazione vede protagonisti le imprese e i lavoratori, mentre non è sempre necessario un intervento del legislatore che, nella maggior parte dei casi, ha un ruolo meno prevalente.
Quali sono dunque le strade percorribili? “Prima di tutto, più che istituire una soglia variabile dell’età pensionabile, valuterei più realistico garantire una certa flessibilità nel pensionamento graduale, partendo per esempio da una riduzione dell’orario di lavoro o da un part time che renderebbe possibile introdurre la staffetta generazionale. In questo caso sarebbe necessario l’intervento della legge per tutelare la pensione del lavoratore part time”. La prevenzione poi, secondo Treu, è un altro punto fondamentale: “Le pratiche di active ageing devono iniziare ancora prima che il lavoratore diventi anziano, dunque per esempio l’area del welfare aziendale potrebbe svilupparsi in direzione del wellness per contribuire al benessere fisico dei dipendenti favorendo la prevenzione in tema di salute e incentivando un corretto stile di vita in termini di corretta alimentazione e fitness”.
Un altro fattore su cui lavorare è quello dell’istruzione: “In questo momento la maggior parte dei lavoratori più vicini ai 50 anni di età ha la licenza elementare, mentre il futuro richiede professionalità sempre più qualificate. In questo senso, una buona istruzione e un continuo aggiornamento fanno sicuramente bene alla qualità del lavoro”.
Iniziative a livello dell’organizzazione aziendale, come la modifica degli orari di lavoro o la diversificazione dei settori in cui impiegare i lavoratori anziani e quelli giovani, sono altre modalità d’intervento per favorire gli “over 50”, oltre a politiche di carriera non più verticali e basate sull’anzianità, ma orizzontali e meritocratiche al fine di garantire uno stimolo continuo.
L’idea: un Osservatorio – Da che parte iniziare? “Occorre una coalizione di volenterosi – è l’opinione di Treu – ovvero di una rete di imprese convinte dell’importanza di agire sul fenomeno che si mettano in moto insieme”. L’idea da cui partire, come ha spiegato durante lo stesso incontro anche Fabio Costantini, Chief Operations Officer di Randstad HR Solutions, sarebbe quella di istituire un osservatorio permanente “per acquisire consapevolezza dei problemi e delle opportunità, per permettere un confronto tra gli attori sulle singole esperienze, per favorire la diffusione delle best practices e per alimentare il dibattito politico indirizzando il legislatore sulla creazione di strumenti efficaci”.
“Il rischio sarebbe quello di legiferare senza conoscere l’oggetto di legge”, ha chiarito Treu, mentre l’Osservatorio funzionerebbe invece come uno strumento di ricerca e monitoraggio sul fenomeno in grado di fornire dati da cui partire.