Hanno lavorato ininterrottamente durante la pandemia o hanno bisogno di sicurezza per riavviare le attività: addetti agli appalti nei servizi ospedalieri, sociosanitari e scolastici che sono rimasti fuori dalla vaccinazione se pur è stato riconosciuto il maggior rischio per i dipendenti diretti del committente; personale addetto alle cure domestiche di anziani e disabili; addetti vendita a stretto contatto con il cliente in supermercati e negozi; lavoratrici e lavoratori dei pubblici esercizi e di strutture ricettive e di accoglienza; guardie, armate e non, che hanno monitorato e contingentato gli ingressi nei luoghi ad alta affluenza; farmacisti in prima linea per il contrasto alla pandemia che hanno fatto tamponi e che dovranno somministrare il vaccino. Ognuno di loro e molte altre lavoratrici e lavoratori del terziario non sono stati dovutamente considerati nelle priorità che il governo ha stabilito per la vaccinazione.
Senza mettere in discussione le giuste priorità ad oggi stabilite, la Filcams Cgil – fa sapere attraverso una nota – ritiene che il Governo debba implementare la lista dei lavoratori che hanno precedenza sul vaccino. Eppure, l’INAIL in questi mesi ha prodotto documenti importanti per individuare le categorie maggiormente a rischio. Rischio specifico, rischio di lavoro in prossimità con terzi e rischio aggregazione, questi sono i criteri oggettivi che si può prendere a riferimento per stabilire le priorità di vaccinazione.
Alcuni riconoscimenti aggiuntivi alle priorità del Ministero della Salute sono stati stabiliti dalle singole regioni, innescando però una competizione tra categorie di lavoratori che reclamano il vaccino senza che ci sia un criterio oggettivo e condiviso e da cui si è generato un dibattito che si potrebbe definire quanto meno inopportuno di fronte alla tragicità della situazione.