Un dono del destino? No di certo. Un’illusione favorita da un approccio ingenuo alla complessità della vita? Men che meno. Secondo Sergio Sorgi e Francesca Bertè, essere felici è qualcosa di ben più concreto (e semplice): un progetto che richiede impegno, scelte e prese di posizioni chiare, solido dal punto di vista metodologico e appassionante da quello soggettivo. È una “formula” alla portata di tutti, insomma, ma non banale, quella illustrata nel saggio “Felicità cercasi – Pratiche individuali e collettive” (Egea Editore, 2020).
Ma è possibile parlare di felicità proprio oggi, in un’epoca frenetica e segnata da ansie e paure rese ancora più forti dalla difficoltà di condividerle pienamente con gli altri? Secondo Sergio Sorgi – esperto di welfare e politiche sociali, membro del comitato di indirizzo di milano2046 – e Francesca Bertè – studiosa dei cambiamenti sociodemografici del corso di vita dei cittadini e coordinatrice di disegni di ricerca sul futuro – la risposta è affermativa. Anzi, è proprio nei momenti di crisi che bisogna trovare il coraggio di progettare l’avvenire personale e comune, riappropriandosi dei fini in un’epoca contraddistinta dalla vastità dei mezzi.
Per farcela, tuttavia, la filosofia non basta: servono basi scientifiche e metodo. In quest’ottica gli autori propongono classificazioni e tesi utili per chiunque voglia intraprendere un cammino consapevole.
Il primo passo, infatti, è capire cosa significhi – oggi – essere felici. E in questo senso non si può prescindere da una condizione di benessere intesa in una concezione estesa e intera, che comprenda sia aspetti numericamente misurabili quali stato di salute e attesa di vita, occupazione, reddito, livello di scolarizzazione, standard di vita, che altri più soggettivi quali fiducia, soddisfazione personale, relazioni famigliari e sociali, senso di protezione, grado di coinvolgimento nella vita del proprio territorio. Condizioni da raggiungere e preservare non solo grazie all’impegno personale ma anche ad appropriati e moderni modelli di welfare.
Tuttavia, il benessere da solo non basta: l’uomo sente il bisogno di condividere fatiche e successi e questo, è indubbio, non può farlo da solo. Secondo gli autori, quindi, per essere felici bisogna riuscire ad ampliare il proprio capitale sociale, ossia la capacità che ognuno di noi ha di costruire la propria rete di relazioni nell’arco di tutta la sua vita. Una rete che dovrebbe basarsi su comportamenti come il rispetto, la collaborazione, il supporto, la gentilezza. Più si investono tempo ed energia alla costruzione di questa rete, più questa diventa forte e pronta a sostenerci nei momenti difficoltà. Ma se benessere e relazioni sociali sincere rappresentano i pilastri di una vita serena, per raggiungere una vera felicità occorre fare un ultimo passo. Anzi, un salto: verso il futuro.
Così come non si può essere felici restando da soli, non ce la si può fare nemmeno stando fermi, senza una progettualità e una meta che non si colloca nello spazio, ma nel tempo. Senza prospettive e immagini di un sé accresciuto, in un disegno di un domani per cui valga la pena mettere in campo impegno e progettualità comune, la felicità non si accende. Essere felici – affermano Sorgi e Bertè – significa quindi avere una tensione a essere migliori e altro da quel che si è ora, talvolta con un orizzonte temporale distante ma che richieda tappe intermedie e concretamente misurabili.
Benessere, relazioni sociali e futuro. La ricerca della felicità parte da qui e per raggiungerla, secondo gli autori, servono gli sforzi di tutti: dagli individui (intesi come singoli, famiglie, comunità) alle istituzioni, passando per le imprese e la politica. Se ognuno facesse la sua parte – dall’impegno nella vita quotidiana all’individuazione e misurazione di indicatori e traguardi, fino a iniziative concrete per raggiungere gli obiettvi – sarebbe possibile affrancarsi passo dopo passo da ansie e paure della postmodernità e immaginare davvero un domani più felice. Per poi realizzarlo.
“Siamo, per natura, destinati a inseguire utopie e costruire traguardi”, ricordano Sorgi e Bertè, “a fare salti nel buio e a essere in grado di sorridere e di apprendere dagli insuccessi senza farci immobilizzare. Siamo uomini e donne solidi, fantasiosi e solidali, ed è in questa natura sfidante – e non nell’abitudine – che troviamo ogni mattina un buon motivo per alzarci e preparare il tempo che verrà”.
Gli autori:
Sergio Sorgi è esperto di welfare e politiche sociali. Divulgatore e formatore, ha scritto diversi libri tra cui Il futuro che (non) c’è (con A. Rosina, Bocconi Editore, 2016). Fa parte del comitato di indirizzo di milano2046, laboratorio di ricerca del Comune di Milano, ed è Segretario Generale di Mappa Celeste-Forum per il Futuro.
Francesca Bertè progetta e coordina disegni di ricerca sul futuro ed è impegnata nella realizzazione di programmi di educazione fi nanziaria di qualità in collaborazione con imprese e pubbliche amministrazioni. Vicepresidente di eQwa-Impresa sociale, studia i cambiamenti sociodemografi ci del corso di vita dei cittadini.
Nota stampa Egea.