“Potevi fare di più”, un titolo, una frase, una constatazione. Quello che urliamo in faccia a quell’amore arreso, sfinito, frammentato come pezzi di specchio sul pavimento. Ne raccogli uno: ti guardi, osservi quello che sei diventato quando è sceso il buio. Ti tagli ed il dolore d’improvviso diventa la tua compagnia.
La solitudine nelle notti in cui nel cuore c’è un gran baccano, il cuscino con cui hai soffocato le parole fino a lasciarle morire. Il rancore per ciò che poteva essere e non è stato, come un bacio sul petalo di una rosa, appena caduto. E quelle spine poi, a ricordare che si può cogliere la bellezza, ma ci si può ferire.
La consapevolezza che si è giunti alla fine: che c’è stato così tanto, troppo, da non avere più la voglia di portarsi in salvo, di aver “dato di più”, ma aver ricevuto di meno e quel meno è abbastanza per dirsi addio.
Mastichi caramelle di delusione e ingoi il succo di un amore avvelenato dalla noia.
“Non importa se sono vestita o son nuda
Se da sopra il divano più niente ti schioda
A che serve truccarmi se nemmeno mi guardi
Ero dentro i tuoi occhi ma tu non lo ricordi“
Cerchi a quattro mani nel passato, quel desiderio ‘abbandonato’ negli occhi, ma “dove c’era dell’acqua oggi solo vapore” e quell’oasi felice, diventa un deserto, lontano da tutto.
“Potevi fare di più”, quel rimprovero a denti stretti mentre raccogli le ultime bugie prima di andare via. Non sai quanto tempo passerà prima dimenticarsi, ma sai che hai fatto tutto il possibile e mentre realizzi che hai smesso di crederci, sei già volato via.
La poetica dell’Addio in questo brano di Arisa, sà di verità, di fine ma anche di nuovi inizi.
Della consapevolezza di dover lasciare andare un amore finito, tenuto in piedi solo dal ricordo di ciò che era e non c’è più. L’amore evoluto, esaurito, che non trova più la voglia di reinventarsi e smette di trattenere anche il dolore.
Ciò che resta dopo la “festa”: disordine, sporco, confusione e la necessità immediata di mettere a posto, ripulire il cuore, fare ordine.
Scivola con grazia la penna di Gigi D’Alessio che consegna ad Arisa, questo “melodramma” contemporaneo che nella prima serata del Festival, non scala la classifica, ma che di certo già appartiene ad ognuno di noi.
TESTO “POTEVI FARE DI PIU’
Lasciarsi adesso non fa più male non è importante
Cosa ci importa di quello che può dire la gente
L’abbiamo fatto oramai non so più quante volte
Te lo ricordi anche tu
Ci sono troppi rancori che ci fanno star male
Mi sono messa in disparte sola col mio dolore
Dove c’era dell’acqua oggi solo vapore
Potevamo fare di più
A che serve cercare se non vuoi più trovare
A che serve volare se puoi solo cadere
A che serve dormire se non hai da sognare
Nella notte il silenzio fa troppo rumore
A che serve una rosa quando è piena di spine
Torno a casa e fa festa solamente il mio cane
Ora i nostri percorsi sono pieni di mine
Sto annegando ma tu non mi tendi la mano
A che serve un cammino senza avere una meta
Dare colpa al destino che ci taglia la strada
Non importa se sono vestita o son nuda
Se da sopra il divano più niente ti schioda
A che serve truccarmi se nemmeno mi guardi
Ero dentro i tuoi occhi ma tu non lo ricordi
Noi di spalle nel letto più soli e bugiardi
Ti addormenti vicino ti svegli lontano
Mi mancheranno i sorrisi che da un po’ non vedevo
Ti chiamerò qualche volta senza avere un motivo
Racconterò a chi mi chiede che sto bene da sola
Questo farai anche tu
Cancellerò foto e video dal mio cellulare
Solo per non vederti né sentirti parlare
Ne avrò piena la testa e spazio sulla memoria
E chissà quanto tempo io ti amerò ancor
A che serve truccarmi se nemmeno mi guardi
Ero dentro i tuoi occhi ma tu non lo ricordi
Noi di spalle nel letto più soli e bugiardi
Ti addormenti vicino ti svegli lontano
A che serve morire se ogni giorno mi uccidi
Dallo specchio ti vedo mentre piango tu ridi
È tutto quello che è stato oramai non ci credi
Potevi fare di più