Una giornata rovente quella di ieri, in cui Amadeus ha minacciato di abbandonare la conduzione del Festival dopo il tweet del ministro Franceschini: “Il Teatro Ariston di Sanremo è un teatro come tutti gli altri e quindi, come ha chiarito ieri il ministro Speranza, il pubblico, pagante, gratuito o di figuranti, potrà tornare solo quando le norme lo consentiranno per tutti i teatri e cinema. Speriamo il prima possibile”.
Polemiche a pioggia sull’argomento “pubblico in sala”: dopo aver aperto le candidature per i figuranti (leggi qui), ieri ancora una volta si è prospettata l’ennesima chiusura al pubblico in teatro. Insomma una situazione paradossale e altalenante che continua a far viaggiare l’organizzazione della kermesse in “prima”.
Ma questa volta il direttore artistico di Sanremo, punta i piedi e sembrerebbe aver minacciato di dare le sue dimissioni. Qualcuno ha commentato le parole con un bel “macchissenefrega“, in verità quello di Amadeus è tutt’altro che un capriccio.
Il messaggio è ancora più forte di quello che banalmente abbiamo percepito fino ad oggi. Un teatro senza pubblico è come uno stadio senza tifosi. Ma mentre la quantità di persone che sono presenti ad una partita di calcio è molto più densa, in un teatro i rischi di contagio si riducono perchè è una superficie monitorabile. Aprire le porte del teatro Ariston, è riaprire le porte di tutti i teatri.
Dimostrare con i fatti, che il mondo dello spettacolo, può ricominciare la sua attività (prendendo chiaramente tutte le dovute precauzioni), ritornando a dare dignità alle centinaia di persone che lavorano nel mondo dello spettacolo. Riaccendere la creatività, l’entusiasmo di chi fa questo lavoro, ma anche di chi ne gode (il pubblico).
Con questa richiesta, Amadeus, sta mettendo tutta la sua carriera sul tavolo da gioco: si è seduto e ha pronunciato “All In”. Ma in che senso? Provate ad immaginare se durante il Festival scoppiasse un focolaio. Sarebbe crocifisso dai media per essere stato un “irresponsabile”. Una carriera di successi, che finirebbe nel buio più totale nel giro di pochi giorni. Ma se ne frega, perchè il suo Sanremo, può funzionare. Il suo Sanremo DEVE funzionare.
I cinema, i teatri, i palazzetti, sono diventati spazi spettrali. Quelle porte chiuse che al loro interno hanno da sempre fatto vivere l’arte (che già in Italia non è considerata un “lavoro”), devono spalancarsi. Sicuramente vanno attivati tutti i protocolli e le misure di sicurezza anti-contagio, ma non si può continuare dopo un anno a tenere chiusi i sipari.
Pertanto la cosa che mi stupisce, sono le critiche che arrivano proprio dagli altri teatri: “perchè l’Ariston si e noi no?” Perchè se non si dimostra con i fatti che i cinema e i teatri sono luoghi sicuri, non si potrà mai tornare alla normalità. Bisogna essere compatti e invece, siamo polemici e divisi come i politici.
Forse, invece di attivare la macchina dei figuranti, continuo a sostenere che un’idea carina poteva essere quella di invitare tutto il personale medico vaccinato ad assistere alla kermesse. In questo anno di grandi fatiche, avrebbe gratificato la classe medica, sarebbe stato un incentivo alla campagna vaccinale (più incisivo dello spot di Tornatore, che a parer mio è un bellissimo film, ma un pessimo spot), ma soprattutto, avrebbe per un attimo dato al Festival un respiro di normalità.