Ha cambiato nome, e per questo è stato licenziato in tronco. E’ di una gravità inaudita, l’episodio accaduto in questi giorni ai danni di un rider di Just Eat. L’uomo di 32 anni, di origini nigeriane e da tempo residente in provincia di Monza, appena ricevuta comunicazione della risoluzione del contratto si è rivolto alla UILTuCS, la categoria della Uil che segue il settore. Il sindacato non ha esitato un attimo e ha condannato il gesto, chiedendo immediati chiarimenti all’azienda, mobilitandosi per far rispettare i diritti del lavoratore.
“Nessuno può ledere la libertà individuale di una persona di cambiare nome – esordisce, con fermezza, la UILTuCS nazionale – Non può esserci alcun ostacolo, ricatto o impedimento: è impensabile che, per una scelta privata di questo tipo, una persona debba perdere il lavoro”.
Il fattorino, dal canto suo, si è mosso con grande correttezza: ha comunicato all’azienda i suoi nuovi dati anagrafici, con tanto di documentazione del Comune di residenza con cui veniva registrata la variazione. Ha fatto tutto in piena regola. Ed è a questo punto che arriva la risposta di Just Eat; una replica che sfiora il paradosso: “Ci ha fatto pervenire un documento che non corrisponde alle generalità con cui lei si è registrato per operare come rider”. Questo si legge nella replica dell’azienda, che a quanto pare non contempla che si possa iniziare un rapporto di lavoro con un nome, e successivamente fare scelte diverse cambiandolo. Pena il licenziamento.
Ma è fondata su un articolo di legge, o la cessazione del rapporto è un mero pretesto? Secondo Just Eat il licenziamento poggia su solide basi, poiché avviene secondo quanto previsto all’art. 11.4.4 dell’Accordo Quadro. Peccato però che nell’accordo in questione, e qui sta l’ennesima beffa, non esista l’articolo 11.4.4.
“Invitiamo Just Eat – commenta Mario Grasso, funzionario della UILTuCS nazionale che segue il settore e questa vertenza – a rivedere immediatamente la sua posizione, riattivando prima possibile l’account del fattorino: quest’uomo vede negati non solo i suoi diritti come lavoratore, ma anche umani. Di fronte a un sistema automatizzato di relazioni con i fattorini del food delivery, bisogna combattere ogni tipo di discriminazione possibile. Riteniamo assurdo questo comportamento, anche alla luce della trattativa in corso con Take Away Express – Just Eat che dovrebbe portare alla firma di contratti subordinati per i fattorini a partire da quest’anno”.
Incontro, quest’ultimo, in calendario per il prossimo 4 febbraio: data entro la quale la situazione del rider ci auguriamo sia risolta, con il suo ritorno al lavoro con il nome che ha scelto, nel pieno rispetto della legge e delle sue personali decisioni.