I lavoratori “over 60” in Italia oggi appaiono “disorientati”. Penalizzati da frequenti cambiamenti normativi, dall’aumento della disoccupazione e dalla mancanza di flessibilità, vivono una prospettiva di incertezza che ne riduce le motivazioni e, con queste, la performance nel lavoro. È necessario definire dei nuovi profili retributivi e di carriera, in grado di coniugare produttività e costo del lavoro del personale più maturo, attraverso riforme ed interventi in grado di garantire una flessibilità funzionale a favore dei lavoratori anziani, superando i tanti ostacoli ad una gestione agile degli inquadramenti, delle mansioni e delle retribuzioni per favorire l’active ageing e sostenere l’engagement anche nelle ultime fasi della carriera.
Lo sostiene la ricerca “Mercato e senso del lavoro: le direttrici del cambiamento” realizzata da The European House – Ambrosetti con Randstad e Crowe Horwath, sotto la responsabilità scientifica del prof. Tiziano Treu e del prof. Armando Tursi, presentata in occasione del workshop risorse umane 2013 organizzato da The European House – Ambrosetti “Gestire i nuovi dilemmi per creare valore in azienda”, parte del programma di Aggiornamento Permanente di The European House – Ambrosetti. Lo studio fornisce la fotografia del mercato del lavoro in Italia, evidenziando come le ultime evoluzioni normative hanno impattato sul senso di appartenenza ed engagement delle persone nelle organizzazioni, attraverso un approccio di ricerca multilivello che ha combinato incontri del gruppo di Lavoro, analisi desk, focus group con manager delle risorse umane, analisi di casi aziendali e approfondimenti analitici.
“Il documento di ricerca scritto con The European House – Ambrosetti si pone l’obiettivo di fotografare l’attuale legislazione sul lavoro focalizzando quattro temi di stretta attualità – afferma il prof. Tiziano Treu – Il primo si riferisce alle politiche innovative in merito all’invecchiamento attivo; il secondo analizza criticamente le più recenti tendenze normative sul mercato del lavoro; il terzo tema di ricerca riguarda l’impatto dell’interpretazione giudiziale, amministrativa e della prassi imprenditoriale sulle varie forme di flessibilità. Infine si sofferma sulle criticità della legislazione sul lavoro e segnala proposte di riforma in tema di contratto a termine, outplacement, active ageing, età pensionabile, costo del lavoro, semplificazione delle procedure al fine di incrementare la produttività del lavoro e l’occupazione.”
“Il progressivo invecchiamento della popolazione impone a tutti – imprese, lavoratori, sistema economico e sociale nel suo complesso – una profonda ristrutturazione per affrontare le sfide del cambiamento, evitando il rischio di una perdita di motivazioni, produttività e capitale umano dei lavoratori più maturi – commenta Marco Ceresa, AD Randstad Italia – Da un lato acquisiscono sempre maggiore importanza i servizi di outplacement, che possono garantire un’efficace transizione di carriera con benefici sia per le aziende che per le persone. Dall’altro, le imprese sono chiamate a studiare e mettere in atto politiche di welfare aziendale in grado di mantenere alti livelli di motivazione ed engagement. Il sistema normativo deve garantire la necessaria flessibilità per favorire l’impiego e la ricollocazione dei lavoratori maturi e sostenere politiche di active ageing, che possono liberare un potenziale nascosto e costituire nuove opportunità di sviluppo”.
Invecchiamento e qualità del lavoro
Dalla ricerca emerge come la qualità del lavoro in Italia – in termini di stabilità, regolarità, retribuzione e coerenza con le competenze acquisite nel sistema formativo – presenti una serie criticità, con le fasce di popolazione “under 30” e “over 60” a risentirne maggiormente. Se per i giovani le difficoltà di accesso al lavoro, soprattutto stabile, generano “disaffezione” e “senso di alienazione”, per gli over 60 si nota soprattutto perdita di motivazione e engagement.
La categoria degli over 60 risulta penalizzata dai cambiamenti normativi, dall’aumento della disoccupazione e dalla mancanza di flessibilità. Una situazione che genera tra i lavoratori anziani un forte senso di disorientamento. In una popolazione che vede spostarsi costantemente in avanti il termine di uscita dal mondo del lavoro, l’incertezza sul futuro determina un calo consistente nelle motivazioni. E tale fenomeno si accompagna spesso ad un calo di performance. I lavoratori più anziani però risultano generalmente più dediti al luogo di lavoro, meno assenti per malattia e presenti più lungo nel proprio posto di lavoro.
Una fotografia che non corrisponde totalmente alla percezione dei colleghi: quattro lavoratori su 10 in Italia ritengono che gli “over 60” siano meno produttivi sul lavoro rispetto agli altri e il 48% crede che si assentino maggiormente dal lavoro a causa di malattia rispetto agli altri lavoratori. Sette su 10 ritengono che i colleghi anziani siano meno in grado di adattarsi ai cambiamenti sul lavoro rispetto agli altri, ma pochi sono a conoscenza di politiche e programmi a sostegno dei lavoratori più anziani.
E le aziende? È opinione diffusa tra quelle intervistate dalla ricerca che gli “over 60” forniscano mediamente una performance più bassa rispetto alla stessa popolazione nei cinque anni precedenti. Ma la larga maggioranza non è ancora pienamente attrezzata riguardo a politiche o iniziative per invertire il trend, migliorando la motivazione dei lavoratori maturi. Le prassi sono indirizzate prevalentemente alla “riqualificazione” della professionalità, coinvolgendo gli “over 60” in attività di supporto a giovani come coaching, mentoring o di iniziative formazione/knowledge transfert su aree di competenza specialistica. Solo in casi più rari si offre la possibilità di ricoprire nuovi ruoli attraverso contratti di pari livello o superiore all’interno delle organizzazioni.
Gli strumenti
L’invecchiamento della popolazione comporta una persistenza nel mondo del lavoro di manodopera sempre più anziana che impone una ristrutturazione progressiva della società e dell’economia per convertire strutture produttive, di welfare e di consumi dagli adulti agli anziani.
Tra gli strumenti disponibili, acquisiscono sempre maggiore importanza i servizi di outplacement per il ricollocamento del personale, il cui utilizzo da parte delle aziende oggi in Italia è solo facoltativo e la diffusione appare ancora scarsa. In altri paesi d’Europa dove l’outplacement ha avuto maggiore diffusione, invece, è divenuto obbligatorio. Ad esempio in Francia è avvenuto con il contratto di sicurezza professionale (CSP) per il reinserimento di lavoratori assoggettati a procedura di licenziamento collettivo. E in Spagna, in caso di licenziamento collettivo oltre i 50 lavoratori.
C’è poi il patto generazionale: il Part-Time misto a pensione, che prevede la riduzione dell’orario di lavoro di un lavoratore anziano fino a un massimo del 50% e contestualmente l’assunzione di un giovane assunto è uno strumento che riduce il costo del lavoro.
Più in generale, però, è necessario costruire nuovi profili retributivi e di carriera, in grado di coniugare produttività e costo del lavoro del personale anziano. Sono necessari interventi in grado di garantire una flessibilità funzionale a favore del lavoratore anziano, superando alcuni ostacoli alla gestione flessibile degli inquadramenti, delle mansioni e delle retribuzioni per favorire l’active ageing e il ricambio generazionale Ad esempio, sono possibili politiche di welfare aziendale che prevedano la riduzione del carico di lavoro e una gestione più flessibile dell’orario. Oppure interventi concordati a livello nazionale che rendano l’utilizzo della manodopera anziana meno vincolante in termini di costi e flessibilità organizzativa, come le clausole di fungibilità che permettono di affidare al lavoratore mansioni equivalenti (ad esempio quelle contenute del CCNL dell’industria chimica). O come l’abolizione degli scatti di anzianità, previsti in alcuni casi dalla contrattazione nazionale per favorire l’occupabilità dei lavoratori anziani.
È necessaria poi una maggiore attenzione alla salute del lavoratore, tramite miglioramenti ergonomici della postazione di lavoro, un orario di lavoro più flessibile in grado di conciliare vita familiare e lavorativa, la revisione del sistema delle carriere e delle strutture organizzative. Si possono anche utilizzare strumenti di mobilità interna (per ricollocare i lavoratori in posti più agevoli) o esterna per effettuare scambi di manodopera anziana con imprese del distretto industriale in cui condividere e incrementare il know-how verso nuove leve.