Con la Legge di Bilancio 2021 approvata il 27 dicembre del 2020 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 30 dicembre sono diversi i cambiamenti che vengono introdotti per l’anno appena iniziato. E molti di questi, come sappiamo, riguardano il mondo del lavoro. D’altronde, vista l’enorme crisi che stiamo vivendo a causa delle conseguenze del Covid-19 non poteva essere diversamente.
Vediamo cosa succederà per i lavoratori dipendenti, per le partite IVA, per le imprese e quali misure sono state previste per sostenere l’occupazione e far sì che le aziende possano affrontare i prossimi mesi.
Esonero dei contributi al 100% per le nuove assunzioni. Come scritto nel testo della legge n.178 del 30 dicembre, 2020, conosciuta come Legge di Bilancio 2021, il Parlamento ha previsto l’esonero dei contributi del 100% in favore delle nuove assunzioni a tempo indeterminato e per le trasformazioni dei contratti a termine in contratto stabile (leggi: indeterminato) che verranno effettuate nel biennio 2021-2022.
Tale esonero viene riconosciuto per un massimo di 36 mesi e per un limite di importo massimo pari a 6mila euro annui. Esonero che non vale per tutti i nuovi assunti indistintamente, ma per chi, alla data della prima assunzione, non abbia compiuto i 36 anni.
Si arriva a 48 mesi per gli assunti al Centro e Sud. Questo prevede dunque il comma 10 dell’articolo 1, mentre nel comma 11 viene specificato come questo esonero contributivo del 100% di massimo 36 mesi arriva a 48 mesi qualora i datori di lavoro abbiano la loro unità produttiva o effettuino nuove assunzioni in una sede che si trova in Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. Regioni del Centro e del Sud dove è necessario dare maggiori incentivi alle nuove assunzioni.
C’è da dire, però, che tali esoneri sono validi per i datori di lavori che, né nei 6 mesi precedenti l’assunzione né nei 9 mesi successivi alla stessa, abbiano proceduto o procedano a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o a licenziamenti collettivi, come previsto dalla legge 23 luglio 1991, n. 223, nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva. Vale a dire: non si può avere lo sgravio contributivo per assumere nuove persone che abbiano ruoli simili a quelle licenziate o che si intende mandare a casa.
Sgravi per assunzioni al femminile. Sulla stessa lunghezza d’onda, la Legge di Bilancio 2021 incentiva l’assunzione delle donne: per le aziende che prendono con sé donne lavoratrici quest’anno e il prossimo viene riconosciuto sempre un esonero contributivo del 100%, ma fino a un massimo di 6mila euro all’anno. Prima l’esonero contributivo era del 50% e probabilmente questa è una misura che è stata messa in atto per venire incontro alle donne che, come molte statistiche hanno rilevato, sono state particolarmente colpite dalla pandemia.
Novità ci sono poi per coloro assunti con contratto a tempo determinato: è stato prorogato fino al 31 marzo 2021, per un periodo massimo di 12 mesi e solo per una volta, il termine fino al quale i contratti possono essere rinnovati o prorogati. Ovviamente, ci devono essere delle motivazioni valide come picchi di attività che sono estranei a quella ordinaria pertanto si verificano delle condizioni temporanee e oggettive per cui è necessario che un contratto a termine venga prorogato o rinnovato. Altre situazioni per cui questo è possibile sono quelle dettate da esigenze dovute a incrementi temporanei così come la necessità di dovere sostituire lavoratori assenti.
Blocco dei licenziamenti fino al 31 marzo 2021. Sempre in tema di lavoro dipendente, fino al 31 marzo di quest’anno continua il blocco di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e quelli collettivi per motivi economici.
Tale divieto riguarda anche le eventuali procedure in corso che vengono sospese fino a quella data e non vale nel caso in cui l’attività dell’impresa sia cessata definitivamente e senza continuazione di essa, in caso di fallimento (se non è previsto l’esercizio provvisoria dell’impresa o la cessazione) e nel caso di accordo collettivo nazionale in cui sia previsto l’accordo con i sindacati. Per tali lavoratori è comunque prevista la Naspi.
12 settimane in più di cassa integrazione. Quanto alla cassa integrazione Covid, come specifica il comma 300, sono previste altre 12 settimane di cui si può usufruire fino al 31 marzo 2021 per la cassa integrazione ordinaria e fino al 30 giugno 2021 (partendo in entrambi casi dall’inizio dell’anno) “per i trattamenti di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga. Con riferimento a tali periodi, le predette 12 settimane costituiscono la durata massima che può essere richiesta con causale COVID-19”.
Come si legge ancora nel testo, i cosiddetti “periodi di integrazione salariale precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi dell’articolo 12 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 1° gennaio 2021 sono imputati, ove autorizzati, alle dodici settimane del presente comma”.
Come spiega, poi, il comma 306, ai datori che non usufruiscono di queste integrazioni salariale (eccezion fatta per chi lavora nel mondo agricolo) viene riconosciuto l’esonero dei versamenti contributivi previdenziali per un ulteriore periodo di 8 settimane “fruibili entro il 31 marzo 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno 2020, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’INAIL, riparametrato e applicato su base mensile”.
Per i lavoratori dipendenti agricoli a tempo indeterminato è invece previsto un periodo ulteriore di 90 giorni di integrazione salariale tra l’1 gennaio e il 30 giugno 2021.
La legge di Bilancio 2021 prevede interventi anche per i lavoratori autonomi e per i professionisti: è stato infatti istituito il Fondo per l’esonero dai contributi previdenziali dovuti dai lavoratori autonomi e dai professionisti, con una dotazione finanziaria iniziale di 1.000 milioni di euro per l’anno 2021.
Tale cifra è il relativo limite di spesa, destinata a finanziare l’esonero parziale dal pagamento dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori autonomi e dai professionisti iscritti alle gestioni previdenziali dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dai professionisti iscritti agli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza. Questo vale per chi abbia percepito nel periodo d’imposta 2019 un reddito complessivo non superiore a 50.000 euro e abbia subito un calo del fatturato o dei corrispettivi nell’anno 2020 non inferiore al 33% rispetto a quelli dell’anno 2019. Sono esclusi dall’esonero i premi dovuti all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL).
Una nuova indennità: l’ISCRO. Dal cilindro della Legge di Bilancio 2021 esce poi un nuovo acronimo: ISCRO che sta per Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa. Di cosa si tratta? Di un’indennità erogata dall’INPS e riconosciuta, purché sia fatta domanda, a chi è iscritto alla Gestione separata ed esercita per professione abituale attività di lavoro autonomo diversa dall’attività commerciale.
Andando nel dettaglio tale indennità verrà data a chi:
- non è titolare di trattamento pensionistico diretto e non è assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie;
- non è beneficiario di reddito di cittadinanza;
- non ha un reddito di lavoro autonomo, nell’anno precedente alla presentazione della domanda, inferiore al 50 % della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei tre anni precedenti all’anno precedente alla presentazione della domanda;
- ha dichiarato, nell’anno precedente alla presentazione della domanda, un reddito non superiore a 8.145 euro, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati rispetto all’anno precedente;
- è in regola con i contributi;
- è titolare di partita IVA da almeno 4 anni alla data di presentazione della domanda, per l’attività che ha dato titolo all’iscrizione alla gestione previdenziale in corso.
Tale domanda va presentata all’INPS in via telematica entro il 31 ottobre di ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023. L’ISCRO sarà pari al 25%, su base semestrale, dell’ultimo reddito liquidato dall’Agenzia delle Entrate e sarà erogata dall’INPS in 6 mensilità, con un importo variabile: da 250 euro a un massimo di 800 euro al mese. Per ottenerla, però, bisogna non chiudere la partita IVA sennò l’indennità decade.
Infine, buone notizie per i papà: il congedo di paternità del 2021 per chi lavora come dipendente viene prolungato da 7 a 10 giorni. Stiamo parlando del congedo obbligatorio. Importante, poi, il fatto che venga previsto l’obbligo di astensione dal lavoro per un giorno non solo al momento della nascita del bambino, ma anche nel tragico caso in cui ci sia una morte prenatale.