Nel 2019 il numero di lavoratori dipendenti e indipendenti è risultato pari a 25.473.000, con un incremento rispetto al 2014 di oltre il 3% (+3,2%). All’incremento del numero di lavoratori si è associato un modesto incremento del numero medio di settimane lavorate, passate da 42,6 nel 2014 a 42,9 nel 2019 (+0,7%), mentre nello stesso periodo il reddito medio annuo da lavoro è cresciuto da 21.515 a 22.906 euro (+6,5%). Lo rileva l’Inps in una nota.
L’andamento degli occupati distinti secondo la posizione prevalente è molto differenziato: il lavoro indipendente classico (artigiani, commercianti e autonomi agricoli) mostra una generale contrazione, con gli artigiani che tra il 2014 e il 2019 perdono circa 174 mila unità (-10,2%), i commercianti 100 mila (-4,8%) e gli agricoli autonomi 15 mila lavoratori (-3,4%). Al contrario, sempre nel periodo 2014-2019, il lavoro dipendente privato cresce del 13%, consentendo il recupero di quasi 1,8 milioni di lavoratori ritornando ai livelli del 2008.
Crescono anche i dipendenti pubblici, con un aumento dell’1,8% tra il 2014 e il 2019 e con 100 mila unità in più nell’ultimo anno. Per i lavoratori domestici si evidenzia invece un trend decrescente (-9,2% nel periodo 2014-2019) mentre gli operai agricoli, dopo un momento di crescita tra il 2016 e il 2018, nell’ultimo anno segnano un calo del 2,7%. L’andamento dei cosiddetti parasubordinati (iscritti alla gestione separata sia senza partita IVA -collaboratori, dottorandi, amministratori, ecc.- sia con partita IVA -professionisti senza Cassa previdenziale) è nel complesso fortemente decrescente con una perdita di 247 mila lavoratori tra il 2014 e il 2019 (-21%).
Il confronto. Per quanto riguarda, infine, i lavoratori in prevalenza impiegati con voucher (fino al 2017) o con contratti di lavoro occasionale (dal 2017), si osserva un andamento crescente fino al massimo di 812 mila lavoratori nel 2016 e poi una secca contrazione fino al minimo di 40 mila lavoratori del 2019. Nel 2019 i maschi rappresentano il 56,6% degli occupati anche se, dal 2014 al 2019, il numero delle donne è cresciuto maggiormente (+3,4% contro +3,0% dei maschi). Sempre nel 2019 i maschi presentano un numero medio di settimane lavorate nell’anno pari a 43,5 e un reddito medio annuo da lavoro di 25.751 euro, mentre le femmine evidenziano 42,1 settimane medie lavorate e un reddito medio annuo di 19.193 euro. Lo rileva l’Inps in una nota.
Le classi di età centrali. Osservando l’andamento per classe di età, – spiega l’Istituto – emerge l’incremento dei giovani fino a 19 anni (+41% tra il 2014 e il 2019 e +5,6% nell’ultimo anno) e da 20 a 24 (+8,5% nel periodo 2014-2019 e +2,4% nell’ultimo anno). Anche le classi di età più anziane, in particolare 55 anni e oltre, fanno registrare andamenti decisamente crescenti, conseguenza del generale prolungamento della vita lavorativa e dell’invecchiamento della popolazione. Le classi di età centrali presentano invece trend negativi sia nel periodo 2014-2019 (-14,2% per la classe 35-39 anni e -11,0% per la classe 40-44 anni) sia nell’ultimo anno (rispettivamente -2,2% e -4,1%).
La distribuzione territoriale dei lavoratori. Nel 2019 il 29,3% degli occupati è attivo nel Nord ovest, quasi 7,5 milioni di lavoratori. A seguire il Nord est con il 22,8%, pari a circa 5,8 milioni di lavoratori, – si legge nella nota – il Centro con il 21,3% (oltre 5,4 milioni di lavoratori), infine il Sud con il 18,3% (circa 4,7 milioni di lavoratori) e le Isole con l’8,3% (2,1 milioni di lavoratori).
I dati. Per il 2019, poco meno di 1 milione di lavoratori (pari al 3,8%) risultano anche pensionati. Più precisamente- aggiunge l’Inps – 685.156 (pari al 2,7% dei lavoratori dell’anno) sono sicuramente pensionati che lavorano, in quanto risultano beneficiari di una pensione diretta di vecchiaia o anzianità già da prima del 2019, mentre 288.551 (pari all’1,1% dei lavoratori del 2019) sono nuovi pensionati nel 2019 (e pertanto la loro condizione di pensionato può essere successiva a quella di lavoratore).
La quota di pensionati che lavorano (esclusi quindi i neo-pensionati) è massima tra i lavoratori autonomi agricoli (il 22,4% di tali lavoratori è già pensionato) e significativa tra i lavoratori occasionali (16,5%), i parasubordinati (11,9%), gli artigiani (9,3%) e i commercianti (8,3%). In queste cinque categorie – conclude l’Inps – si concentrano oltre i tre quarti dei pensionati che lavorano.