L’economia legata al turismo invernale ha un peso economico stimato tra i 10 e i 12 miliardi di euro tra diretto, indotto e filiera e che dà lavoro a circa 120mila persone. Una cifra che la possibile chiusura degli impianti di risalita fino a oltre il periodo natalizio potrebbe intaccare fino a causare, secondo le stime citate dall’Agi, una perdita di circa 8,5 miliardi di fatturato, pari al 70% del totale.
In Italia, scrive l’Agi, gli impianti di risalita sono 2.200, il 95% sono associati Anef, l’Associazione nazionale degli esercenti funiviari. Le piste di sci sono 3683, per un’estensione di 6700 km; per lo sci di fondo invece si parla di 239 anelli per una lunghezza di 1926 km. Il comprensorio più grande nello sci di discesa è quello del Dolomiti Superski, 1200 km di piste e 450 impianti di risalita, numeri che lo pongono al top nel mondo. La Vialattea in Piemonte conta 400 km di piste e 63 impianti, Breuil Cervinia 322 km di piste e 52 impianti, mentre la sola Cortina conta su 120 km di piste e 29 impianti.
Per sciare però è necessaria la neve, che sempre di più negli ultimi anni è stata in prevalenza artificiale, complice il mutamento climatico che ha ridotto le partecipazioni. La produzione di neve artificiale costa dai 3,4 ai 3,8 euro a metro cubo neve e la variazione è dettata dagli agenti atmosferici. Con questi valori la produzione è di 2,5 metri di neve per metro cubo d’acqua. Il costo della neve per ettaro e’ 15.000 euro.
Per innevare una pista lunga 1 chilometro, larga 40 metri con uno spessore di 40 centimetri che dura tutta la stagione bisogna investire 60.000 euro. Ad esempio, per innevare tutta la ‘Via Lattea’ servono 1,5 milioni di metri cubi di neve. In Trentino – scrive ancora l’Agi – per innevare i 1.600 ettari di piste il costo si aggira sui 24 milioni di euro. Per quanto concerne l’innevamento delle piste che ospitano le gare di Coppa del mondo (Val Gardena, Alta Badia, Madonna di Campiglio e Bormio) la cifra è corrisposta dalla federazione internazionale dello sci.