Ieri sera in seconda serata su Rai Uno è andata in onda la prima puntata di AmaSanremo, il format che introduce al pubblico le nuove proposte di Sanremo Giovani.
Ogni giovedì Amadeus dagli studi Rai di via Asiago a Roma, presenterà per 5 puntante, quattro cantanti che si contenderanno due posti per la finale di Sanremo Giovani prevista per il 17 dicembre. Su venti artisti selezionati dalla Rai, solo dieci andranno alla finale della kermesse dedicata alle nuove proposte.
Una gara a voti in cui il punteggio dato in studio dai quattro giurati si somma con il televoto da casa.
La giuria televisiva composta da Morgan, Piero Pelù, Luca Barbarossa e Beatrice Venezi, in questo calcio d’inizio a parer mio, ha dato dei voti molto alti rispetto al livello dei cantanti sul palco. Eppure a detta di Luca Barbarossa, “il livello di quest’anno è altissimo”. Una frase ormai diventata retorica. Ogni anno gli artisti di Sanremo Giovani sono di altissimo livello eppure nessuno li ricorda (se non chiaramente qualche fortunato vincitore che avrebbe vinto lo stesso anche senza Sanremo, pensiamo a Mahmoud…). Ed è qui che vorrei esprimere tutto il mio dissenso: dobbiamo essere obiettivi, non possiamo dire a un ragazzo che sogna di fare il cantante che è da 9 o da 10 se poi non lo è.
Qui porto la mia personale esperienza: premetto che la mia riflessione non vuole aprire una polemica personale, ma mi auguro possa aprire qualche coscienza…
Chi mi conosce sa che per passione sono una cantautrice, quando in passato partecipavo alle selezioni di Sanremo o di qualsiasi altro concorso canoro, alle audizioni mi dicevano sempre che ero intonata, che avevo una bella voce, che avevo delle cose belle da dire, che l’arrangiamento era pazzesco…ma? ma poi mi scartavano. Ma il problema non era essere scartati…ci sta, fa parte del gioco…è una cosa che capita in tutti gli ambiti, dai concorsi pubblici, ai colloqui di lavoro, insomma ci sta…! Il problema era che io non capivo perchè. Cioè era tutto bello, ma…mi scartavano. Mah…
Il ruolo della giuria non deve essere solo quello di esaminare quello che è bello o quello che funziona. Non deve essere quello di dire “sei bravo” perchè non vuoi scoraggiarlo. La giuria deve essere diretta, perchè diversamente non dai a quel ragazzo la possibilità di crescere, di evolversi, di studiare, di migliorarsi. Non dobbiamo raccontargli stronzate per non sembrare stronzi a casa. Dobbiamo dirgli la verità senza la paura di spezzargli un sogno. Un ragazzo che ci crede davvero, non si scoraggia, anzi entra in competizione col sistema e prova a dimostrarti che ce la può fare. E se non è così, non crede abbastanza nel suo sogno.
Voglio dirvi di più e voglio farlo da chi fino a qualche tempo fa, era dall’altra parte: quando invii un brano alla Rai per la prima selezione per le nuove proposte, devi inviare il brano in mp3, il testo e il videoclip. Quindi mi direte che tutti i brani arrivati sono stati ascoltati e scrupolosamente (in teoria). Mi direte che avete selezionato le eccellenze tra tutte le proposte arrivate. Quindi mi direte anche che su 961 canzoni, quelle presentate ieri sera erano le migliori.
Ora, mi chiedo: se a M.e.r.l.o.t (cantante in gara con “sette volte”, tra l’altro in finale il 17 dicembre), viene detto che il livello è altissimo (Barbarossa) ma il suo arrangiamento e la sua melodia non sono i suoi punti di forza (Morgan), l’interpretazione è da “cameretta” ( e in effetti l’interpretazione non raggiunge neppure la sufficienza, e nel lavoro di un cantante è un dato indispensabile dal momento che vogliamo dare un messaggio), che ripete un qualcosa di già visto (Coez?), ecco, se ci sono tutte queste cose insieme, è lecito pensare che forse e dico forse, c’è qualcosa che non torna. Il livello è altissimo ma poi spuntano fuori “difetti” relativi anche alla produzione del brano che non alzano alcun livello. Possibile che le altre 961 canzoni erano peggiori di “sette volte”?
Poi al pubblico a casa piace e infatti è arrivato alla finale di Sanremo Giovani, però la mia riflessione non è per M.e.r.l.o.t che tra l’altro ho trovato molto spontaneo e la sua canzone in linea con il periodo musicale che stiamo vivendo, ma unendomi alla riflessione della Venezi, non saremo un pò stanchi sempre della stessa pappa?
Dopo M.e.r.l.o.t è arrivata Ginevra. Bella la sua idea ed intenzione, ma caro Morgan da casa tutto si sentiva tranne che fosse perfettamente intonata. Non è vero. Era calante e sembrava si stesse trascinando per i capelli la sua canzone. E’ evidente che la sua anima è compagna di banco di Elisa, ma non è Elisa ed è per questo che Piero Pelù le ha detto una cosa verissima: usi la tua voce al 50%, bei colori, ma poca libertà. Le sonorità sono belle, eteree, ci portano in un altra dimensione…ma quando si evolve il brano, quando succede qualcosa nell’arrangiamento? quando viene fuori Ginevra in quanto Ginevra? Non serve darle 9 o 10 se poi non si è in grado di scuoterla e di tirarle fuori il mondo che ha nell’anima!
Poi chitarra in mano arriva il prodotto finito: Wrongonyou. La giuria immediatamente premia questo talento che finalmente non imita nessuno. Forse la melodia dell’introduzione mi ha ricordato vagamente “I Don’t Want To Change You” di Damien Rice, ma per il resto l’ho trovato tra i cantanti più originali della serata. Simpatico, spontaneo e intonato. Una bella interpretazione che graffia la voce e il testo. Morgan lo “accusa” di restare “imbrigliato” nel tempo presente, non immagina un’evoluzione futura e gli dice che può vivere bene solo nella contemporaneità. Ma su, non diciamo cavolate…ma quale artista italiano del passato, oggi non ha dovuto ripensare alla sua idea di musica. La Paola Turci di 10 anni fa è la stessa di oggi? Giusy Ferreri di “Non ti scordar mai di me” è la stessa che canta oggi con Elettra Lamborghini? Anna Tatangelo che era una “ragazza di periferia”, è la stessa che oggi canta la periferia con Guapo?
Hanno semplicemente ripensato al loro genere in base alle attuali tendenze. Fine. Forse è anche questa la sfida di un vero artista, provare ad essere camaleontico e mettersi in discussione ogni volta. Al momento Wrongonyou nasce come figlio di questo tempo, lasciamoglielo vivere e poi domani si vedrà. Per me funziona benissimo e infatti arriva dritto alla finale del 17 dicembre.
Chiude questa prima puntata Gavio che questa volta mi vede assolutamente d’accordo con la giuria. Un testo retorico, in totale disaccordo con l’altissimo livello (frase sempre usata in modo improprio durante tutta la puntata). Introduce bene Piero Pelù ponendo un accento importante anche sulla performance fisica sul palco, qualcosa che però non mascherava abbastanza un brano tutto sommato debole. Gavio con il suo “ditino”, voleva dare un messaggio relativo alla sua, alla nostra, “nuova generazione”, ma non è arrivato abbastanza forte. Una di quelle canzoni a cui non sapresti dare un colore preciso: se una cosa è rossa e blu o verde, la vedi subito. Trova facilmente il suo posto nella tavolozza delle emozioni, in questo caso il colore di questo brano era neutro e purtroppo nella musica di oggi, non sempre il neutro va bene con tutto, il più delle volte è solo un contorno (purtroppo ne so qualcosa anche io).
In ogni caso, la mia è una personale disamina che non vuole ferire nessuno, vuole essere reale, concreta. Magari sarò di quelli che non ci capisce niente, anzi quasi sicuramente è così, però sono una che ascolta. Che sente, che ci è passata per prima, che condivide quello che avrebbe voluto sentirsi dire. La musica deve farti provare un’emozione e abbiamo due modi per farlo: avere una bella poetica e una grande interpretazione (a prescindere che tu sia Fiorella Mannoia o i Black Eyed Peas).
Ad esempio, Pietro Cantarelli, musicista, produttore, autore e penna elegantissima di numerosi successi della musica italiana (e non ve li elenco perchè non se non li conoscete, dovete ricercarli, incuriosirvi e ascoltarli), poche settimane fa ha pubblicato su Facebook una versione minimal, piano e voce di “Felicità” di Lucio Dalla. Poche note, poca voce ma un’interpretazione profonda come l’oceano. Ecco, nessun fenomeno da baraccone, l’arte e l’artista quando c’è, lo si vede anche senza luci, effetti e palcoscenici fatati. Questo è quello che voglio dire a tutti i giovani che rincorrono questo sogno. Siate voi stessi, studiate, ascoltate tutto ciò che potete, fatevi un’idea e poi raccontate la vostra storia.