La pandemia da Covid-19 ha stravolto le nostre vite private e lavorative, modificando radicalmente le nostre abitudini quotidiane. In particolare, lo smart working, prima sconosciuto ai più, si è affermato in modo sempre più diffusivo, offrendo una valida alternativa all’impossibilità di recarsi a lavoro durante i mesi più duri del lockdown, e non solo. Ancora ad oggi, resta infatti uno degli strumenti fondamentale nella battaglia per il contenimento del virus e non sono pochi coloro che ne sostengono gli innumerevoli benefici anche in un suo impiego in quella che sarà la società post-Covid.
Che ne sarà degli smart workers? Tuttavia, il carattere emergenziale della sua introduzione, nonché la contemporanea chiusura delle scuole, ha creato non poche difficoltà nei lavoratori e – soprattutto – nelle lavoratrici. Ma quale sarà il futuro degli smart workers italiani? Ne abbiamo parlato con Gilberto Gini, responsabile nazionale di Smart Workers Union, il primo sindacato italiano per il lavoro agile.
Com’è nato il vostro sindacato? L’idea di creare un sindacato per il lavoro agile esisteva già prima della pandemia o è stata quest’ultima a determinarne la creazione?
L’idea di creare un sindacato moderno, digitale, che si occupasse dei lavoratori che operavano in smartworking è nata prima della pandemia, nel 2019, quando i lavoratori “smart” nel nostro paese erano circa 500.000. L’avvento della pandemia ed il successivo lockdown ci hanno convinto che eravamo sulla strada giusta ed è nato Smart Workers Union. Il nostro scopo è quello di favorire, diffondere ed incentivare lo Smart Working nel mondo del lavoro e la tutela ed assistenza di tutti i lavoratori che operano, o che potrebbero operare, in regime di telelavoro, smartworking, home e remote working ecc.
Dall’inizio del lockdown ad oggi come è evoluta la situazione per gli smart workers italiani?
L’evoluzione del lavoro agile in questi mesi è stata soprattutto culturale, da misura imposta per il contenimento del contagio da Covid-19 nella fase iniziale si è passati ad un apprezzamento della nuova organizzazione del lavoro che si è trasformata come una esigenza vera e propria dei lavoratori che hanno scoperto i vantaggi di lavorare in smart working. Tra i vantaggi più apprezzati vanno menzionati la riduzione delle distanze da percorrere per recarsi al lavoro, il miglioramento della condizione personale delle persone, l’aumento di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore, il miglioramento della gestione dei tempi di vita-lavoro, ed il minore impatto ambientale. Non è da sottovalutare il risparmio economico.
Rispetto ai nostri vicini europei, come viene tutelato il lavoro agile in Italia?
In italia lo smart working viene tutelato dalla legge 81 del 2017, ma se non fosse stato per la pandemia il cambiamento della organizzazione del lavoro sarebbe andato molto a rilento. I nostri vicini europei sono in uno stato più avanzato rispetto al nostro sua dal punto di vista culturale che di tutele del lavoratore.
Quali sono le principali problematiche segnalate dai lavoratori in questi mesi?
Nel nostro paese il problema principale è culturale, tanti pensano che lo smart working non sia una modalità di lavoro e che abbia un impatto negativo per l’economia reale troppo elevato, motivo per il quale prediligono il lavoro in presenza. Per quanto riguarda la tutela dei lavoratori in questa fase di sperimentazione in cui si lavorava principalmente da casa, è emersa la necessità di regolamentare il diritto alla disconnessione, alle fasce orarie di reperibilità, il diritto al buono pasto ed alla fruizione dei permessi brevi. Inoltre il fatto che i lavoratori utilizzassero le proprie apparecchiature informatiche e la propria connessione per lavorare ha creato un gap tra gli stessi perché non tutti avevano le stesse possibilità informatico-digitali.
Si è parlato spesso di come il lavoro agile possa sfavorire alcune categorie rispetto ad altre, in primis le donne. Esiste davvero questa disparità? Voi come sindacato cosa suggerite per rimuovere questi ostacoli al lavoro agile?
La fase emergenziale iniziale in cui molte famiglie si sono ritrovate a lavorare da casa con la presenza dei figli, a causa delle scuole chiuse, ha sfavorito in primis le donne che si sono ritrovate a dover gestire sia il proprio carico di lavoro ordinario che quello famigliare. Al contrario il lavoro agile a regime favorirà la conciliazione dei tempi vita-lavoro permettendo in primis alle donne una miglior gestione della propria vita e dei propri tempi. La nostra proposta è quella di permettere il diritto soggettivo allo smart-working a tutte le donne che ne facciano richiesta.