Se non avete mai sentito parlare di learning agility, probabilmente la conoscete indirettamente senza saperne realmente il nome. In realtà è una capacità che state applicando in pieno, specie in questo delicato periodo. Con queste due parole inglesi che letteralmente potremmo tradurre con agilità nell’apprendere si intende infatti quella capacità di imparare che permette a gruppi e persone di affrontare situazioni impreviste – e con l’emergenza sanitaria ce ne sono di continuo – e allo stesso tempo di migliorare efficacia, produttività e competitività. E questo nonostante il cambiamento sia continuo e si inverta di molto la rotta.
Le aziende italiane sempre più attente alla learning agility. È qualcosa che le aziende italiane, stando all’HR Trends & Salary Survey 2020, stanno mettendo in campo e che 2 direttori HR su 3 conoscono sì, anche se solo il 22% di loro ha piena consapevolezza dei principi basati su flessibilità e cambiamento. Sempre stando alla ricerca condotta da Randstad Professionals, la divisione di Randstad specializzata nella ricerca e selezione di middle, senior e top management, in collaborazione con l’ASAG (Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli) dell’Università Cattolica, nel 69% delle organizzazioni si parla di applicare la learning agility in modalità di lavoro e cambiamenti organizzativi, ma solo il 41% lo sta realmente facendo o quantomeno ci prova. Il 28% delle aziende non si è ancora mosso e nel 31% dei casi l’argomento non è neanche stato affrontato.
Tale ricerca, che è stata condotta tra il 19 febbraio e il 30 aprile scorsi, ha coinvolto 465 Direttori HR (intervistati con metodologia CAWI, tecnica d’indagine online con strumenti web) non a caso è stata svolta su questa tematica, visto che tutte le aziende, piccole, medie o grandi che siano, hanno dovuto far fronte a una “nuova normalità”.
Una caratteristica necessaria per eliminare il malessere interno. La learning agility, inoltre, stando all’indagine, è diventata una vera e propria necessità per le imprese. Infatti, nonostante la metà degli HR intervistati parli di un buon livello di benessere e serenità all’interno della propria organizzazione, c’è da dire che di contro solo il 21% registra la totale assenza di malessere, per le altre questo c’è, indubbiamente. E i primi 3 tipi di malessere sono lo stress per il 50% delle aziende, la demotivazione per il 39% seguita dalla sensazione di non appartenenza. In tutto questo, il 63% degli HR ritiene che adottare i principi della learning agility possa contrastare i malesseri interni così come che tale capacità possa migliorare l’efficacia, produttività e competitività della propria azienda. A ogni modo, non è tutto negativo. Stando sempre agli HR intervistati, nel 24% dei casi i dipendenti riescono a comprendere le decisioni manageriali, per il 33% la vision aziendale è chiara e condivisa a tutti i livelli. Sempre stando agli HR, la propria azienda è “capace di conciliare velocità e flessibilità necessarie all’azienda con il bisogno di stabilità dei dipendenti”, anche se un buon 46% ritiene che la sua azienda lasci spazio ai dipendenti per portare osservazioni critiche e propositive.
Learning agility necessaria nei processi interni e nel cambio organizzativo. Secondo i direttori del personale italiani, la learning agility sarebbe comunque da applicare in particolare nelle modalità di lavoro/dei processi interni e direzione operativa (secondo il 60% degli HR), poi nel cambiamento organizzativo (45%) e in minor misura nel clima interno (35%). La grande maggioranza degli HR (85%) concorda sul fatto che sia una competenza acquisibile, solo uno su sei invece ritiene che sia una caratteristica innata che non si può allenare.
“La learning agility è la capacità di individui, gruppi e organizzazioni di mettersi in gioco, affrontare le sfide e cavalcare l’onda del cambiamento, imparando dall’esperienza, dai successi e dai fallimenti”, ha spiegato Marco Ceresa, Amministratore Delegato Randstad Italia, Una capacità fondamentale in un mercato in evoluzione rapida e costante, quanto mai importante in un momento di profonda incertezza come quello della ripresa post emergenza Covid19”.
Il mondo HR è cambiato e ha nuove sfide da affrontare. Così come Maria Pia Sgualdino, Head of Randstad Professionals ha ricordato che oggi “la Direzione HR oggi ha un rinnovato ruolo strategico per il business delle aziende. Il suo compito è di applicare nel modo giusto i principi della learning agility secondo le specificità della propria organizzazione, estraendo e riadattando modelli di comportamento, facendo sviluppare nelle persone e nei gruppi quella propensione all’apprendimento che consente di rispondere in maniera veloce e performante alle sfide del futuro”.
La ricerca infatti fa emergere anche delle vere e proprie sfide per gli HR. Tra queste: incrementare performance e produttività, individuata dal 46% dei responsabili, seguita dallo sviluppo di leader di talento (42%) e dall’attrazione di talenti (42%), poi la creazione di un buon ambiente di lavoro (41%) e il trattenimento dei candidati migliori (40%).
Le principali competenze richieste alla leadership sono la capacità di motivare e ispirare gli altri, indicata dal 65% degli HR, poi la capacità di adattarsi alle nuove esigenze dell’attività (53%) e la capacità di programmare (44%). Caratteristiche che non tutte le aziende hanno. Stando sempre agli HR che hanno partecipato al sondaggio, la capacità di motivare e ispirare gli altri c’è solo nel 31% delle organizzazioni, mentre la capacità di adattarsi alle nuove esigenze è presente in un buon 63% e la capacità di programmare il futuro nel 40%.
In azienda l’importanza del ruolo HR può crescere soprattutto coinvolgendo maggiormente la funzione Risorse Umane nelle decisioni strategiche (la pensa così il 37% degli intervistati),allineando l’attitudine dei dipendenti alla cultura aziendale (30%) e sviluppando politiche di talent management (27%).