L’appuntamento con il referendum costituzionale del 20 e 21 settembre ha riacceso, come accade ormai da tempo ad ogni appuntamento elettorale, le luci sulla paradossale questione delle difficoltà di voto per i cittadini fuorisede. Questi ultimi infatti, potendo votare solo presso i seggi dei loro comuni di residenza, sono spesso costretti a viaggi lunghi e costosi, pur di esercitare il loro diritto di voto. È per rimuovere questi ostacoli che il comitato Iovotofuorisede e The good lobby hanno lanciato – approfittando dell’imminente appuntamento elettorale – una petizione finalizzata a chiedere al Parlamento una legge che garantisca il diritto di voto a distanza ai cittadini in mobilità.
La petizione. Iovotofuorisede nasce nel 2008 come comitato civico per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del diritto di voto per i cittadini che vivono in Italia, ma lontano dalla propria residenza. Paradossalmente infatti, nonostante per i cittadini italiani temporaneamente all’estero, come gli studenti Erasmus, il diritto di voto sia garantito anche a distanza, così non è per i milioni di lavoratori o studenti fuorisede in mobilità in Italia. La petizione – a cui si può aderire sul sito iovotofuorisedde.it –, promossa insieme all’associazione no profit The good lobby, mira quindi ad ottenere l’introduzione di una nuova legge elettorale che riconosca a tutti gli aventi diritto al voto fuorisede la possibilità di esercitare quest’ultimo, anche senza l’obbligo di viaggi, nella maggior volte impegnativi e costosi, e ora, a causa della pandemia da Coronavirus in corso, anche rischiosi per la salute.
Un problema per molti. L’assenza di strumenti legislativi adeguati e il mancato aggiornamento di una legge risalente all’ormai lontano 1957 non è affatto un problema di nicchia. Secondo il sito di Iovotofuorisede, sono infatti circa 2 milioni le persone a cui viene preclusa la possibilità di esercitare il proprio diritto al voto. Si tratta soprattutto di giovani tra i 18 e i 35 anni: non solo i circa 570 mila studenti universitari fuorisede (fonte: Rapporto Eurostudent, Federconsumatori), ma anche i moltissimi lavoratori che continuamente si trasferiscono (spesso dal Sud al Nord) in cerca o per accettare il loro primo impiego o una situazione lavorativa maggiormente gratificante o più in linea con le proprie aspirazione o la propria formazione.
Disparità su disparità. Appare dunque evidente come questa situazione crei di fatto una disparità nell’esercizio del diritto al voto tra chi risiede nel proprio comune di residenza e chi invece, per diversi motivi, si trova a viverne lontano. La possibilità riconosciuta ai lavoratori fuorisede del permesso lavorativo o eventuali agevolazioni economiche sui trasporti non possono infatti bastare a garantire agli interessati le condizioni necessarie per esercitare il proprio diritto, tanto che nella maggior parte dei casi i diretti interessati finiscono con il rinunciare a votare. Ma, non per tutti i fuorisede è così: paradossalmente tale diritto è riconosciuto solo a particolari categorie di lavoratori, come gli appartenenti a corpi militari, alle forze di polizia, ai vigili del fuoco e i naviganti (marittimi o aviatori), gli unici a poter votare al di fuori del comune di residenza in occasione delle elezioni nazionali. Un’eccezione che fa apparire la situazione ancor meno equa e giusta.
Il confronto con gli altri paesi Ue è infine la prova definitiva dell’arretratezza legislativa italiana rispetto a questa categoria di cittadini: “in Svizzera, in Spagna e in Irlanda – sottolineano i promotori della petizione – è possibile votare per corrispondenza; in Francia e in Belgio si può delegare il voto a un’altra persona; in Danimarca si può votare in anticipo, in un seggio speciale allestito per l’occasione presso il luogo in cui si è domiciliati; mentre in Germania è ammesso sia il voto per corrispondenza, sia il voto in un altro seggio, nei Paesi Bassi c’è la possibilità di delegare o di votare in un altro seggio”. La speranza è dunque che la concomitanza con il progetto di una riforma elettorale che vada oltre il taglio dei parlamentari – voluta in primis dal Pd – nonché con l’emergenza Covid-19, e i conseguenti potenziali rischi insiti nei viaggi molto lunghi, possano determinare il definitivo superamento di questa disparità nell’esercizio di uno dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione.