Il 20 e 21 settembre si voterà in tutta Italia per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Fortemente voluto dal Movimento Cinque Stelle, tanto da essere inserito nel programma dell’attuale governo giallorosso, il referendum è ormai alle porte, ma la strada fino a qui non è stata sempre in discesa: dapprima il rinvio rispetto alla data originariamente prevista per il 29 marzo 2020, causa Coronavirus, poi le numerose critiche sollevate dalle diverse forze del comitato per il No. Difatti, il via libera ufficiale è arrivato solo lo scorso 12 agosto, quando la Corte Costituzionale ha bocciato, dichiarandoli inammissibili, i quattro conflitti di attribuzioni sollevati dagli esponenti del comitato del No in merito al taglio dei parlamentari e all’abbinamento del referendum con le elezioni per il rinnovo di sette Consigli regionali. Ma, in concreto, di che tipo di referendum si tratta? Cosa succederà se vincerà il Sì o, al contrario, se prevarranno i No?
Per cosa si vota. Il 20 settembre, dalle 7 alle 23, e lunedì 21 settembre, dalle 7 alle 15, si vota per ridurre di un terzo il numero totale dei parlamentari di entrambe le Camere, che, in caso di vittoria del Sì, passeranno da 945 a 600. In alcune regioni, l’elelction day sarà doppia, in quanto contemporaneamente al voto per il referendum, si terranno anche le elezioni amministrative – motivo questo oggetto dei uno dei quattro conflitti sollevati dal comitato del No. In concreto quindi, gli italiani saranno chiamati a confermare, o meno, la legge di revisione costituzionale, approvata a maggioranza assoluta (553 voti a favore, 14 contrari) da entrambi i rami del Parlamento l’8 ottobre 2019, e volta a ridurre del 36,5% i componenti delle due Camere: più nello specifico la legge prevederebbe di ridurre da 630 a 400 i seggi alla Camera, e da 315 a 200 quelli al Senato.
La domanda ufficiale che i cittadini troveranno scritta sulla propria scheda elettorale sarà quindi la seguente: Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.240 del 12 ottobre 2019?. In caso di vittoria del Sì, si procederà al taglio dei parlamentari, secondo quanto stabilito dalla legge in questione, ma la nuova struttura del Parlamento entrerà in vigore solo dopo lo scioglimento o cessazione delle Camere attualmente in carica. Al contrario, se il numero dei No sarà maggiore di quello dei Sì, la legge non verrà confermata e il Parlamento conserverà la sua storica composizione numerica.
Perché non è necessario il quorum. Quello del 20 e del 21 settembre sarà un referendum confermativo – e non abrogativo – in quanto con esso si chiede ai cittadini di confermare (o meno) una data legge e non di cancellarla. Un referendum confermativo, detto appunto anche costituzionale, si chiede è infatti possibile nel caso di una legge costituzionale approvata in Parlamento, ma senza la maggioranza qualificata dei due terzi dei parlamentari di una o di entrambe le Camere. A differenza dell’abrogativo, nel referendum confermativo non è necessario il raggiungimento del quorum, ma si procede direttamente al conteggio dei voti validi, a prescindere se abbia votato o meno la maggioranza degli aventi diritto.
Chi ha voluto il referendum. L’iter di questo referendum ha avuto avvio nel gennaio 2020, quando 71 senatori ne hanno depositato la richiesta alla Corte di Cassazione. A promuovere l’iniziativa politica sono stati in primis il senatore democratico Tommaso Nannicini, insieme ai colleghi di Forza Italia Andrea Cangini e Nazario Pagano e al Partito Radicale – che già ad ottobre 2019 aveva depositato la stessa richiesta alla Cassazione senza però poi riuscire a raccogliere il numero richiesto di firme. La richiesta è stata poi poco dopo dichiarata conforme all’articolo 138 della Costituzione dalla Corte di Cassazione: difatti la legge in questione, pur avendo raggiunto la maggioranza qualificata dei due terzi della Camera dei deputati, non ha superato la maggioranza assoluta in Senato. È infatti proprio questa condizione ad aver creato il presupposto per la richiesta di referendum confermativo, resa poi legittima dal fatto di essere stata avanzata da un numero sufficiente di senatori, tale da raggiungere il requisito minimo imposto dalla Costituzione di un quinto dei membri di una Camera.