Scende il tramonto sulle Terme di Caracalla, l’orchestra fa un respiro profondo, gli archi si accordano, il coro entra silenzioso e con gentilezza si accomoda all’ultima fila, sono tutti pronti. Si accendono le luci parte un applauso lunghissimo quando dalla quinta appare un uomo che dando il braccio ad un collaboratore si avvicina al centro del palco.
Si inchina, si emoziona e si siede davanti al suo leggio. È pronto a muovere la sua bacchetta, come un mago pronto a fare una magia. Al suo tocco delicato, l’orchestra intona il suo canto, d’improvviso tutto intorno scompare e ci si ritrova in una sala vuota di un cinema, come Jacques Perrin seduto in seconda fila sulla poltrona rossa di Nuovo Cinema Paradiso. Con quelle lacrime piene di nostalgia ad assaporare ancora i momenti di quei baci tagliati e immortalati in quella pellicola sbiadita in bianco e nero. Così Ennio ferma il tempo e comincia il suo viaggio tra gli amori e premi Oscar celebrando i successi e l’amicizia, ricordando in modo particolare, quella con Sergio Leone, amico di banco alle elementari e amico di sempre sul set della vita.
La scaletta che in questo caso non è l’ordine di pezzi in scena, ma gradini di storia verso il successo, presta il suo appoggio al passo sicuro del Maestro.
Così arriva nel 1979 la prima nomination al Premio Oscar per la colonna sonora di “I giorni del cielo (Days of Heaven)”, al quale seguirono nel 1986 quella per “The Mission”, che vincerà comunque il BAFTA (The British Academy of Film & Television Arts) e il Golden Globe, poi nel 1987 per “The Untouchables – Gli intoccabili”, che vincerà il Nastro d’argento, il BAFTA, il Golden Globe e il Grammy Award, per “Bugsy” nel 1992 e nel 2001 per “Malèna”. Nel 1984, vinse un altro BAFTA per la colonna sonora di “C’era una volta in America”, ma questi citati sono solo alcuni dei riconoscimenti che Morricone ha ricevuto durante la sua carriera.
Una vita dedicata alla musica che il mondo amava omaggiare alzando il volume della sua grandezza artistica mentre lui, preferiva vivere in sordina, come la sua tromba, lo strumento che suonava papà Mario e in cui si è diplomato fino all’incontro con il professor Goffredo Petrassi, compositore che durante gli anni del conservatorio ha “solleticato” il genio di Morricone e proprio il 6 luglio del 1954 gli consegna la “bacchetta” in composizione.
Un 6 luglio che 66 anni dopo ha visto l’alba più dolorosa di sempre, la luce più buia per Maria, che ha stretto le sue mani per una vita intera, nota d’amore in ogni colonna sonora, madre di Marco, Alessandra, Andrea e Giovanni, l’estensione del suo respiro e il premio più importante della sua vita. A lei il suo più importante pensiero anche prima di andare, quando ha scritto di suo pugno l’ultimo messaggio al mondo.
L’ultima parte di un concerto senza musica: “Io, ENNIO MORRICONE sono morto. Lo annuncio così a tutti gli amici che mi sono stati sempre vicino e anche a quelli un po’ lontani che saluto con grande affetto. Impossibile nominarli tutti. Ma un ricordo particolare è per Peppuccio e Roberta, amici fraterni molto presenti in questi ultimi anni della nostra vita. C’è una sola ragione che mi spinge a salutare tutti così e ad avere un funerale in forma privata: non voglio disturbare. Saluto con tanto affetto Ines, Laura, Sara, Enzo e Norbert, per aver condiviso con me e la mia famiglia gran parte della mia vita. Voglio ricordare con amore le mie sorelle Adriana, Maria, Franca e i loro cari e far sapere loro quanto gli ho voluto bene. Un saluto pieno, intenso e profondo ai miei figli Marco, Alessandra, Andrea, Giovanni, mia nuora Monica, e ai miei nipoti Francesca, Valentina, Francesco e Luca. Spero che comprendano quanto li ho amati. Per ultima Maria (ma non ultima). A lei rinnovo l’amore straordinario che ci ha tenuto insieme e che mi dispiace abbandonare. A Lei il più doloroso addio».
Così esce di scena il più grande compositore della storia, con la sua umiltà, eleganza e gentilezza. Con la discrezione di chi non vuole disturbare, ma che dal punto più alto del cielo, oggi potrà vedere tutto il mondo in piedi per la sua ultima standing ovation.