Inefficienze e scarsa qualità dei servizi erogati impattano sulla crescita del nostro Paese causando una perdita di circa 70 miliardi e facendo scivolare l’Italia dalla 20esima alla 33esima posizione nel confronto internazionale, il terzultimo sui 36 Paesi Ocse. Sono, in sintesi, i risultati di un’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sulla qualità della burocrazia e il suo impatto sulla crescita economica del Paese.
Le valutazioni sulla qualità della burocrazia nella comparazione internazionale sono ricavate dal “Quality of Government Index dell’Università di Goteborg”, indicatore composto da tre pilastri: livello di corruzione, caratteristiche della legislazione e osservanza della legge, qualità della burocrazia in senso stretto. Quindi è un indice che, oltre alle singole procedure burocratiche, – prosegue Confcommercio – dà conto anche dei loro effetti sui comportamenti e le performance dei legislatori e dei cittadini.
Il ritardo della qualità della nostra burocrazia, rispetto a quella delle economie avanzate, – si legge nella nota – ha probabilmente a che fare anche con i ritardi del nostro Paese sull’innovazione tecnologica e sul capitale umano della P.A., con un pesante impatto sulla crescita. Basti pensare che se l’Italia avesse, ad esempio, la stessa qualità dell’amministrazione della Germania, tra il 2009 e il 2018 la crescita cumulata sarebbe stata del 6,2% invece del 2,3%.
Con una migliore burocrazia si avrebbero, inoltre, evidenti benefici anche per i conti pubblici. Infatti, una maggiore crescita del Pil genererebbe maggiori entrate, minore disavanzo e, dunque, minore debito sia come dimensione dello stock, sia in rapporto al Pil. Ci sono ampi margini, dunque, per migliorare il benessere economico del Paese e questo si può fare con strategie che non richiedono maggiori risorse o ricette fantasiose: basterebbe – conclude Confcommercio – semplicemente migliorare la qualità della pubblica amministrazione.