(Labitalia) – “Nonostante i percorsi universitari positivi, quella femminile si conferma una presenza che stenta ancora ad essere riconosciuta adeguatamente sul mercato del lavoro nel nostro Paese, dove le disparità di genere sono ancora elevate”. Ne è convinto Andrea Cammelli, fondatore e direttore di AlmaLaurea, che con Labitalia fa il punto della situazione occupazionale dei neolaureati. “Le donne – sostiene – sono trattate peggio in Italia, più di quanto non avvenga negli altri paesi europei, quindi sono costrette a studiare di più”.
“Tra i laureati specialistici biennali – ricorda – già a dodici mesi dalla laurea le differenze fra uomini e donne, in termini occupazionali, risultano significative (7,5 punti percentuali: lavora il 55,5% delle donne e il 63% degli uomini). le donne si dichiarano più frequentemente alla ricerca di un lavoro: 32% contro il 24% rilevato per gli uomini.
A un anno dalla laurea gli uomini possono contare più delle colleghe su un lavoro stabile (le quote sono 39 e 30%) e guadagnano il 32% in più delle loro colleghe (1.220 euro contro 924 euro mensili netti). A cinque anni dalla laurea le differenze di genere si confermano significative e pari a 6 punti percentuali: lavorano 83 donne e 89 uomini su cento. Anche il lavoro stabile è appannaggio prevalentemente dei maschi (80% contro 66%)”.
“Le differenze di genere – sottolinea Cammelli – raggiungono i 17 punti tra quanti hanno figli (il tasso di occupazione è pari all’89% tra gli uomini, contro il 72% delle laureate), mentre scendono fino a 7 punti, sempre a favore degli uomini, tra quanti non hanno prole (tasso di occupazione pari 61 contro 54%, rispettivamente)”.
“Anche nel confronto tra laureate, chi ha figli risulta penalizzata: a cinque anni dal titolo lavora l’81% delle laureate senza prole e 69 di quelle con figli (differenziale di 12 punti percentuali). Il differenziale retributivo è del 14% a favore delle laureate senza figli (1.247 euro contro 1.090 euro)”.