“Non è un problema di tempistiche, ma di scelte di governo: se infatti c’è da parte di quest’ultimo l’intenzione concreta di destinare alla scuola una parte (tra il 10% e il 15%) della quota prevista per i prossimi sette anni dal Recovery Fund, allora si impegni fin da adesso per far ripartire a settembre le scuole in sicurezza. E quando si parla di sicurezza, non ci si riferisce solo all’emergenza Covid-19: anche nel caso in cui l’epidemia non dovesse ripresentarsi, ci sono delle scuole che non erano in sicurezza già da prima e che quindi, a maggior ragione ora, necessitano di questi investimenti”. Così il presidente Anief – Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori, Marcello Pacifico, ha commentato la lettera che il giovane sindacato ha inviato questa settimana al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina.
Oggetto della missiva è la proposta di un nuovo patto per la scuola che a partire da un programma di investimenti pubblici possa realizzare un miglioramento reale dell’istruzione pubblica e delle condizioni di sicurezza in cui versano gli edifici ad essa destinati. Difatti, oltre all’assunzione dei docenti precari anche attraverso le graduatorie d’istituto e quelle per soli titoli, la stabilizzazione dei docenti di sostegno e del personale Ata, quello dell’eliminazione delle “classi pollaio” – e quindi la possibilità di garantire il distanziamento sociale – è uno dei cinque punti della proposta firmata da Anief. “In questi mesi – prosegue Pacifico – abbiamo ascoltato tante proposte diverse da parte della politica, come le lezioni di 40 minuti, l’apertura per tutta la durata del giorno, le turnazioni, l’uso del plexiglass, ma si tratta solo di palliativi, che per altro non trovano corrispondenza nell’operatività di tutte quelle azioni che il personale scolastico dovrebbe compiere secondo il comitato scientifico per garantire la sicurezza, dal distanziamento sociale all’igienizzazione passando per la sorveglianza. Se il governo intenderà muoversi in questa direzione, per noi altro non significherà che la presa d’atto del fatto che il governo vuole continuare lungo la strada intrapresa con il Decreto Rilancio, in base al quale alla scuola sono stati destinati solo 1,5 miliardi sui 55 previsti”.
Cosa succederà a settembre? “Se questa è la proporzione, a settembre sarà impossibile riaprire le scuole in sicurezza. Anche se verranno riaperte – spiega il presidente Anief – non potrà essere garantita la sicurezza né per gli alunni né per i docenti e il personale, sicurezza di cui certo non potrà assumersi la responsabilità il personale scolastico. Ecco perché, noi di Anief, in quanto sindacato, non possiamo rassegnarci ad una simile presa d’atto: innanzitutto perché le risorse ci sono e ci saranno, ma soprattutto perché spetta alla politica ascoltare non chi tutela gli interessi di una casta, ma chi protegge la salute di 8 milioni di studenti e quindi di 60 milioni di persone, considerando le le loro famiglie”. Solo infatti attraverso classi di massimo 20 alunni – si legge nella lettera – potrà essere garantita la distanza di sicurezza di 1,5 m tra una persona e l’altra. Ma per far ciò, le soluzioni proposte in questi mesi di emergenza sanitaria, come le lezioni di 40 minuti, sono per il sindacato nulla più che dei palliativi. Mentre, la riattivazione delle migliaia di edifici dismessi negli ultimi anni, potrebbe rappresentare non solo una risposta concreta all’emergenza Covid-19, ma anche il punto di partenza di un programma di investimenti coerente e strutturato, di cui la scuola pubblica necessitava ancor prima della pandemia.
“Senza fondi non si riparte” è d’altronde lo slogan che ha unito gli insegnanti durante la manifestazione tenutasi davanti la sede del ministero dell’Istruzione in occasione dell’ultimo giorno di scuola. Dove trovarli? La proposta di Anief è di destinare una parte, ovvero 10-12 miliardi, dei 172 miliardi previsti dal Recovery Fund per il prossimo settennato. Di questi circa 4 sarebbero sufficienti per l’eliminazione dell’urgente problema delle “classi pollaio”, la cui necessità è stata sottolineata da più ambienti della scuola italiana, a partire dagli stessi docenti durante la manifestazione romana degli ultimi giorni. In questo modo “si andrebbe – insiste Anief – a ridare alla scuola, considerandole spese di funzionamento, quello che ha perso negli ultimi dodici anni”.