Nel giorno in cui la Regione decide per un cambio al vertice della Sanità lombarda e nomina Marco Trivelli nuovo direttore generale che prenderà il posto di Luigi Cajazzo, a Bergamo arriva una pioggia di denunce da parte dei familiari delle persone decedute per il Coronavirus.
I familiari delle vittime del Covid chiedono giustizia. In piazza Dante, di fronte alla Procura orobica, ognuno stringe al petto la foto ricordo del proprio caro estinto mentre in fila, uno a uno, in cinquanta entrano nella ex aula della Corte d’Assise dove ci sono otto funzionari incaricati del compito di ricevere le denunce di tutti quei familiari che si sono visti strappare un affetto nel peggiore dei modi a causa del Covid-19. Persone alle quali rimarrà sempre indelebile l’immagine dei camion militari che portavano via le bare dei propri cari e che oggi chiedono alle autorità di individuare i responsabili affinché sia fatta chiarezza sulla vicenda.
L’avvocato Consuelo Locati e il presidente Luca Fusco, rappresentanti del comitato “Noi Denunceremo – verità e giustizia per le vittime del Covid-19”, iniziativa nata su Facebook e che ad oggi conta 55mila iscritti, lo hanno chiamato il “Denuncia day”. Nel giorno in cui testimonianze, rabbia e dolore confluite nel gruppo Facebook nato in piena emergenza coronavirus, si trasformano in richieste alla magistratura, vengono consegnate ai magistrati le prime 50 denunce su un totale di circa 200.
Le responsabilità mancate. Da oggi i fascicoli sono sul tavolo del procuratore Maria Cristina Rota e da questi nasceranno nuove indagini oltre a quelle già aperte sulla mancata applicazione della zona rossa a Nembro e ad Alzano Lombardo, zone in cui si sono registrati i numeri più alti di vittime. Tra le responsabilità mancate, infatti, il presidente e fondatore del Comitato “Noi Denunceremo”, Luca Fusco indica “quella di non aver chiuso la Valseriana quando doveva essere chiusa, cioè il 23 febbraio e non l’8 marzo. Per quindici giorni – racconta Luca – noi bergamaschi abbiamo viaggiato, lavorato, bevuto il caffè, fatto gli aperitivi e, a quel punto, il virus ha circolato senza problemi. Sono anche convinto che se ci fosse stata la chiusura tempestiva della zona rossa nella provincia di Bergamo forse non avremmo dovuto chiudere tutta la Lombardia. E probabilmente avremmo evitato il lockdown italiano”, ha concluso.
Sarà un’inchiesta non breve per via della delicatezza della materia”, ha spiegato Consuelo Locati, legale del Comitato, rispondendo alle domande dei giornalisti. In merito alle affermazioni del procuratore facente funzione, Maria Cristina Rota che, dopo aver sentito il presidente della Lombardia Attilio Fontana e l’assessore al Welfare Giulio Gallera come persone informate sui fatti, aveva detto che dalle prime risultanze decidere di istituire la zona rossa sarebbe stata una “decisione governativa”, l’avvocato Locati spiega che “Quella frase è stata male interpretata. La Procura indaga a 360 gradi e non ha scagionato nessuno. Indaga – ha detto – senza escludere alcuna ipotesi”.