Monica Chiari dopo aver conseguito la laurea in Scienze Pedagogiche presso l’Università degli Studi di Verona e il Master Universitario in Organizzazione e Personale presso l’Università L. Bocconi di Milano, dal 2009 al 2010 ha iniziato la sua carriera professionale lavorando in Fiera Milano come HR Professional. Successivamente nel giugno 2010 entra in Cameo, azienda leader nel settore alimentare specializzata in torte, pizze e dessert,come HR Specialist e a gennaio 2012 diventa HR Manager. Nell’ottobre 2018 viene assegnato a Monica il ruolo di Head of HR di Cameo dove si occupa di Selezione, Formazione e Sviluppo, Performance Management, Talent Management, Employer Branding, Compensation & Benefit, Relazioni Sindacali, People Managment e Project Management. Nell’intervista, Monica ci racconterà come le aziende, ed in particolare quella in cui lui opera, stanno affrontando l’emergenza Coronavirus al fine di garantire lo svolgimento delle attività lavorative nel pieno rispetto della salute del personale dipendente.
Cameo, presente in Italia da oltre 80 anni e nota per i suoi preparati che aiutano milioni di persone a scoprire il piacere di fare, l’orgoglio di offrire e la gioia di condividere ricette gustose, ha sede a Desenzano del Garda (BS) e conta circa 350 collaboratori.
L’Italia sta vivendo un periodo difficile e molto particolare con ripercussioni che investono tutti i settori: come vi state muovendo nella gestione dei dipendenti e dell’organizzazione del lavoro? Dal punto di vista produttivo abbiamo creato delle squadre di lavoro totalmente separate e fatto in modo che non si incontrino mai, nemmeno nella fase di cambio turno. Stiamo facendo tutto il possibile per soddisfare le richieste dei nostri clienti e consumatori, che sono straordinariamente elevate in questo periodo particolare. Grazie alla positiva e flessibile risposta dei nostri collaboratori è stato possibile organizzare nuovi turni e giornate di produzione aggiuntive, per soddisfare un maggior numero di richieste. Tutto questo pur avendo rallentato i ritmi del nostro stabilimento produttivo di Desenzano, al fine di garantire le necessarie misure di sicurezza, fondamentali in questo periodo di emergenza sanitaria. Per quasi tutto il personale degli uffici abbiamo invece adottato lo smart working.
L’emergenza coronavirus sta ponendo il mondo del lavoro di fronte a molte difficoltà ma, allo stesso tempo, ci sta offrendo la possibilità di cogliere opportunità che potremmo mantenere anche una volta archiviato questo brutto periodo. Secondo la sua esperienza e, soprattutto, in relazione alle necessità di questi giorni, ritiene che siamo pronti per lo smart working generalizzato? Le premesse e le logiche di attivazione dello smart working dipendono dalle peculiarità del contesto organizzativo di riferimento e non possono non tenere in considerazione aspetti culturali e di framework specifici aziendali. E, dal mio punto di vista, dovrà continuare ad essere così. In questi mesi di emergenza ci siamo improvvisati remote workers, ma lo smart working è altra cosa. Certo è che le aziende, e con loro le persone, hanno avuto una straordinaria capacità di risposta e questa sarà indubbiamente un’ottima base di partenza per fare ragionamenti futuri di ulteriori sviluppi sul tema.
Partendo da questa emergenza, quali sono le strade su cui lavorare per “sfruttare” e potenziare l’innovazione? Valorizzare le lessons learned, puntare ad uno sguardo verso il futuro, cogliere l’occasione di questo fermo forzato per mettere in discussione in modo critico vecchie visioni di gestione delle persone e del business.
In pochi giorni si sono verificati cambiamenti che, in condizioni di normalità avrebbero richiesto anni per avvenire, questo cosa comporta? Ritiene necessario applicare nuove regole per la gestione dei dipendenti? La capacità di risposta delle aziende e delle persone è stata davvero eccezionale ed oltre le aspettative. Abbiamo visto diverse piccole medie imprese organizzarsi in tempi record per fornire dotazioni IT e rendere così possibile il lavoro da casa, impedendo il blocco delle attività e delle forniture di beni o servizi. Questo dovrebbe comportare una sistematizzazione di regole di gestione del lavoro che vanno dai tempi vita-lavoro, alle pause, alla gestione delle riunioni online, fino all’utilizzo di strumenti IT che possono facilitare l’attività dello smart workers e la sua connessione con il resto dell’organizzazione.
Crede che ci saranno delle importanti ripercussioni, a livello occupazionale oltre che economico, per quanto riguarda la vicenda che stiamo affrontando? Quali sono i rischi maggiori ai quali andiamo incontro? La ricaduta di questa tremenda vicenda è (e sarà) sia sociale che economica. Il rischio principale è quello di una famiglia, nodo nevralgico della nostra società, che dovrà ottemperare ai propri doveri con un significativo contenimento dei supporti di care giving e, parallelamente, di un mondo dell’imprenditoria tipicamente made in Italy che, arrancando nella propria risalita, porterà con sé delle inevitabili ricadute occupazionali.
Al di là del momento senza dubbio straordinario, cosa sta cambiando in maniera permanente nel mondo del lavoro e cosa, invece, terminata l’emergenza potrà tornare come prima? Sta cambiando il modo in cui le aziende guardano alle proprie risorse umane e, in un circolo virtuoso, il modo in cui le risorse umane rispondono alle esigenze delle proprie aziende: più flessibilità, un approccio marcatamente smart, maggiore velocità di attivazione. E’ aumentata la consapevolezza dei reciproci punti di vista. Mi auguro che tutto ciò rimanga vero anche a emergenza rientrata perché non potrà che influire positivamente sulla capacità delle aziende di rispondere in modo innovativo alle richieste dei propri mercati.
Come si configura il ruolo dell’Hr in questo particolare momento? Un tema di importante governance in questa fase è il mantenere, nonostante tutto, il contatto con i dipendenti: il lavoro diffuso da remoto ci chiede di ripensare la leadership e di inventarci nuove modalità di approccio alla performance, all’assegnazione degli obiettivi, alla delega e, non da ultimo, alla relazione umana. HR deve adoperarsi per far sì che, senza misconoscere la situazione difficilissima che stiamo vivendo, le cose che possono andare avanti proseguano per aiutare le persone a mantenere una visione a breve termine che non sia solo unicamente guidata dall’incertezza e dalla paura.