Siamo tutti felici per il ritorno a casa di una giovanissima ragazza e per i suoi familiari. Punto. Adesso, tuttavia, è utile capire alcuni risvolti della liberazione e fare qualche riflessione politica. Qui ci soffermeremo sulla vicenda del presunto pagamento di un riscatto per la sua liberazione. In un’intervista a la Repubblica dello scorso 12 maggio, il portavoce di Al Shabaab, Ali Dehere, l’organizzazione terroristica somala che ha rapito Silvia-Aisha Romano, alla domanda sull’entità del riscatto ha risposto con un secco “no comment” ma successivamente aggiunge: “Quei soldi in parte serviranno ad acquistare armi, di cui abbiamo sempre più bisogno per portare avanti la Jihad, la nostra guerra santa. Il resto servirà per gestire il Paese: a pagare le scuole, a comprare il cibo e le medicine che distribuiamo al nostro popolo, a formare i poliziotti che mantengono l’ordine e fanno rispettare le leggi del Corano”. Va ricordato che questa organizzazione islamista radicale, Al Shabaab (in arabo, “gioventù), controlla quasi l’80 per cento del territorio Somalo ed ha un suo sistema di governo.
A queste affermazioni non si è fatta attendere la replica del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio che ha ribadito in un intervento alla trasmissione Fuori dal Coro su Rete 4: “A me non risultano riscatti, altrimenti dovrei dirlo. Perché la parola di un terrorista che viene intervistato vale più di quella dello Stato italiano?”. Le versioni, com’è evidente, discordano. Certo, è comprensibile sul piano istituzionale, vista la spinosità della questione, la posizione di Di Maio.
La questione si complica ulteriormente. Come riportato dall’agenzia Askanews e da numerose testate il 14 maggio, i jihadisti somali di Al Shebaab hanno smentito di aver rilasciato un’intervista a la Repubblica sul sequestro di Silvia Romano, bollandola come una “fake news”. “Non c’è stata nessuna intervista del portavoce con nessun media sul caso Romano”, ha affermato un funzionario storico dell’organizzazione al sito SomaliMemo, uno dei canali di comunicazione usati da Al Shabaab. E’ plausibile che la Repubblica si sia inventata un’intervista come questa? Sembra davvero improbabile. Qual è il gioco, allora? Dov’è la verità in questo momento è difficile appurarlo e restiamo in attesa della replica di Repubblica.
Con gli ultimi governi del nostro Paese si sarebbe affermata la cosiddetta “dottrina italiana”, ossia la linea di riportare a casa i nostri connazionali rapiti all’estero a qualunque costo, anche attraverso il pagamento di un riscatto. Ovviamente sempre smentita nettamente. Una strategia mal sopportata dai nostri alleati storici come Usa e Gran Bretagna.
La vicenda del sequestro e della successiva liberazione di Silvia-Aisha Romano ha molti punti aperti da dipanare: dal ruolo dei servizi segreti turchi a quelli italiani, dall’Onlus Africa Milele di Fano che ha mandata la giovane cooperante, sembrerebbe, senza le dovute precauzioni in Kenya, fino ai conflitti in seno al Governo tra il ruolo svolto dalla Farnesina e quello della Presidenza del Consiglio. Molti aspetti, andranno chiariti dagli investigatori e dal Sostituto Procuratore Sergio Colaiocco che ha la titolarità dell’indagine, compresa, forse, la questione del riscatto pagato. Nel frattempo qualcuno gioca ad intorbidire le acque?