Maria Rita Parsi è una delle più note e autorevoli psicopedagogiste e psicoterapeute italiane, ideatrice della metodologia di intervento terapeutico sociopsicopedagogico denominato “Psicoanimazione” ed è Presidente della “Fondazione Movimento Bambino Onlus”, da lei fondata e che si occupa della tutela giuridica e sociale dei bambini, dei preadolescenti e degli adolescenti. Già membro del Comitato Onu dei diritti del Fanciullo, è attualmente componente del ricostituito “Osservatorio Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza” della Ministra Bonetti. È, inoltre, un volto noto al grande pubblico per le sue partecipazioni a trasmissioni televisive ed è autrice di oltre 100 libri tra pubblicazioni scientifiche, letterarie, divulgative.
Professoressa Parsi, in questo periodo di quarantena forzata, ci siamo dimenticati dei nostri ragazzi sia bambini che adolescenti?
A mio avviso, stiamo sottovalutando l’impatto che queste settimane di chiusura forzata in casa, possono avere avuto sui bambini, sui preadolescenti e sugli adolescenti che ora si preparano ad affrontare la fase 2. In tal senso, c’è, anzitutto un argomento di grande rilievo umano ed affettivo che riguarda, direttamente ed indirettamente, i ragazzi: gli anziani. E, dunque, per tanti di loro, i bisnonni e i nonni. Come sappiamo, questa epidemia sta colpendo soprattutto le fasce più anziane della popolazione. Al punto che un sistematico impegno che si rende, oggi, necessario a combattere il covid 19, dovrebbe, anzitutto, essere: “Save the children but also the elders!”. Purtroppo, ci sono molti anziani deceduti, in cura domiciliare o che, comunque, non possono vedere i loro amati nipoti. Questo aspetto può avere ripercussioni negative sui minori. Infatti, molto spesso, i nonni e i bisnonni sono figure di rilevante importanza nella vita di bambini, preadolescenti, adolescenti. Soprattutto in situazioni critiche, come nel caso delle famiglie “frantumate” , con drammatici conflitti in casa, con genitori separati o che si stanno separando e dove i minori sono anche costretti ad assistere alle loro devastanti liti. In questi casi, assai spesso, i nonni svolgono l’importante funzione di “Bene Rifugio”. E non solo affettivo ma alle volte, perfino, contribuendo,dal punto di vista economico, al sostegno delle famiglie dei loro nipoti . Pertanto, l’hastag, coniato dal “Movimento Bambino Onlus” per questo “covid-time”, è, non a caso: “#SaveTheElders”. Poiché, oggi, la condizione di tanti anziani è simile, se non affine, a quella di tanti minori “ a rischio”. Vero è, invece, che, per quei ragazzi che vivono in “Famiglie Contenitive”, questa atipica fase di difensiva sospensione, può costituire un momento di consolidamento e di sviluppo dei rapporti affettivi all’interno della famiglia . Anche con i fratelli! E,ancora, di studio sereno, di ripristino di ludici intrattenimenti, individuali e familiari. Poichè , in queste famiglie, si ha la possibilità, avendo, genitori e figli, maggiore tempo a disposizione per stare insieme, per dialogare, per ascoltare e per essere ascoltati , di riorganizzare tempi , ritmi e spazi della vita comune, di ribadire, con fiducia, propositi e di fare progetti , rivisitando regole e limiti, “negoziando” e/o “rinegoziando” ,autonomie e doveri. Per quei minori che, al contrario, vivono in “Famiglie Disfunzionali”, segnate da problemi di convivenza, conflitti preesistenti, gravi o nuove difficoltà economiche, malattie e crolli psicologici, la costrizione a stare tutti insieme, a casa, può essere vissuta dai bambini, dai preadolescenti, dagli adolescenti, come un’autentica “carcerazione” che, nella fase due, potrebbe favorire fughe incontrollate e illeciti intrattenimenti. Soprattutto,poi, se in quelle famiglie “Disfunzionali”, si respirano i miasmi del conflitto, della disgregazione e, perfino, dell’odio tra i genitori. Tutto questo, infatti, destabilizza i minori e crea una minacciosa , incandescente atmosfera che può portarli a deprimersi o , al contrario, a ribellarsi con aggressività. E, ancora, può procurare loro disturbi del sonno, dell’alimentazione, dell’apprendimento e della crescita. Infatti, nelle “famiglie disfunzionali” , la costrizione a rimanere in casa, senza poter uscire può, nei passaggi che dovrebbero, poi, ricondurre alla normalità,ulteriormente, alimentare le difficoltà di relazionarsi con se stessi , con le proprie emozioni e con i propri bisogni ed empatizzare con quegli degli altri. E, anche, minare la fiducia nell’autorità degli adulti-genitori, nel microcosmo familiare e, più in generale, “l’autorevolezza” delle autorità educative,legali,sociali, nel macrocosmo sociale. Pertanto, proprio in questo momento è necessario occuparsi, immediatamente e di più, proprio e soprattutto, dei minori e valutare, a pieno, il grave rischio che non farlo potrebbe comportare e comporterà.
Quali sono i rischi concreti che corrono i ragazzi che vivono in questi contesti negativi acuiti dalla quarantena?
Quando si è chiusi in casa, costretti a non uscire, a comunicare, soltanto, virtualmente, con i propri coetanei e con gli insegnanti, le difficoltà- lo sottolineo, ancora- si acuiscono e si slantetizzano ed emergono problemi e traumi, individuali, familiari e/o, anche, connessi al tessuto sociale e culturale che circonda i minori e le loro famiglie. E questi problemi, a maggior ragione, dovranno essere affrontati nella fase2 e, ancora, nelle fasi che seguiranno. Questo emerge anche dai dati dell’ “Osservatorio sui mutamenti sociali in atto” coordinato dal Prof. Antonio Tintori del CNR, a cui partecipo, anche in qualità di Presidente della Fondazione “Movimento Bambino Onlus”. Se penso, però, a tutte le persone-adulti e minori- che, prima di questa pandemia ,stavano , anche con il supporto psicopedagogico e psicoterapeutico- indagando, riflettendo, analizzando le proprie dinamiche familiari, il rapporto con i propri figli e dei propri figli con loro, i propri bisogni negati, i propri traumi, i propri timori e le proprie aspettative: lavorative, culturali,sociali, contestualizzandole alla luce di una sistematica, metodologica ricerca introspettiva, ho potuto verificare- continuando a dialogare con loro “on-line”- che queste persone hanno saputo e potuto affrontare difficoltà e problemi, anche grandi, con energia, creatività, capacità di contenimento e di approfondimento empatico nel rapporto con se stessi e con gli altri. Ed anche di utilizzare il virtuale, per continuare a farlo! E, dunque, in occasione di questa crisi pandemica,- laddove “crisi” significa “opportunità” di agire e reagire nel migliore, possibile, dei modi combattendo, con coraggio, angosce, paure, panico,stress e, ancora, senso di abbandono e solitudine. Chi, invece, si è trovato- senza sostegno formativo, culturale, assistenziale, sanitario e, dunque, senza gli strumenti adeguati e necessari a misurarsi con questo globale, apocalittico cambiamento, ha affrontato, con traumatico stress, la “costrizione” in casa, i problemi, con e dei figli, anche connessi alla chiusura delle scuole, delle palestre, dei circoli culturali, sportivi, ricreativi, dei negozi,dei ristoranti, dei bar. O, ancora , quelli legati alla propria sfera sentimentale e amicale. Ed essendo deprivato del contenimento dei ritmi della reale vita quotidiana, del lavoro, dei rapporti sociali, si è trovato in gravi difficoltà. Difficoltà che potrebbero aggravarsi nel post Covid-19. A queste persone, alla loro impotenza che può riverberarsi sulle loro famiglie e sui minori – oltre che alla solitudine e alla povertà estrema di tanti – debbono essere subito indirizzate risorse economiche e mirati programmi di sostegno psicologico e assistenziale qualificati. Per evitare che tali condizioni di disagio psichico, di distacco, di limite aspro, di frustrazione, si trasformino in rabbia, individuale e sociale, in malinconia, disperazione, senso di esclusione, solitudine, abbandono, paura per il futuro, sfiducia, malattia mentale. E, ancora, nei minori, come negli adulti, in attacchi di ansia e di panico, in disturbi dell’alimentazione quali anoressia, bulimia, obesità, in disturbi della comunicazione, quali “internet addiction” e ludopatia. Con le gravi conseguenze da “stress post traumatico” che ne possono, individualmente e socialmente, derivare. E senza, in alcun modo, sottovalutare che molti minori, in questo lockdown, si sono sentiti e si sentono, ancora oggi, all’inizio di questa Fase 2, vittime di maltrattamenti fisici e psicologici e/o spettatori coinvolti di “violenza assistita” . E hanno fatto e continuano a fare “da contenitori impotenti”ai disagi e alle disfunzionali dinamiche relazionali di genitori e adulti “in crisi”.
E per chi vive in famiglia senza queste difficoltà ?
Diciamo che, nelle “Famiglie contenitive”, dove le cose vanno sostanzialmente bene e c’è armonia, le ripercussioni psicologiche post traumatiche da Covid-19, potranno essere limitate e ,comunque, non tali da suscitare allarme. Superata questa drammatica fase, questi minori saranno, di fatto, in grado di recuperare il disagio patito durante la quarantena e le problematiche connesse alla mancata riapertura delle scuole. In questo momento, tuttavia, tutti viviamo proprio come i topi in gabbia del film “Mon Oncle D’Amèrique” di Alais Resnais (1980) laddove il grande psichiatra francesce, Henri Laborit, mostrava gli effetti dello stress su cavie rinchiuse in una gabbia, costantemente attraversata da scariche elettriche. E’ questa una condizione che mette, comunque, a rischio “la salute mentale” di adulti , bambini, preadolescenti e adolescenti. In particolare, poi, dei più piccoli poiché essi avvertono emotivamente tensioni e cambiamenti che non sanno e non possono controllare e/o comprendere. E, al contempo, non riescono ad esprimere, pienamente o veder soddisfatti, a pieno, i loro espressi e/o inespressi bisogni. Pertanto, essi manifestano una maggiore predisposizione ad ammalarsi, a diventare aggressivi o depressi, a regredire. Questi disagi, infine, oltre che dalla generale condizione di stress, generata dalla pandemia nelle famiglie, dipende, ovviamente dagli adulti che stanno intorno a loro. Poiché, ogni persona ha una storia a sé e ha una propria storia familiare alle spalle e ciascun membro di una coppia genitoriale ha, poi, una sua famiglia di origine dalla quale proviene e dalla quale è stato educato/a e preparato – oppure no! – ad affrontare le sfide della vita. Anche sfide dure, come questa! E, dunque, ha un suo bagaglio di esperienze, di vissuti, di strumenti umanistici e scientifici acquisiti e non, di cultura, di educazione, di rispetto – o meno – della legalità che sono alla base dell’identità e della personalità di ciascuno e di tutti. Bagaglio esperenziale, culturale, umano che, nel bene e nel male, deve fare i conti con la gestione di questo pandemico disagio. E che condiziona la sua capacità di trasformare, in occasioni di crescita e cambiamento, questa traumatica esperienza. E, ancora, in qualcosa che non sia ancor più traumatico per i suoi figli. I quali, peraltro, sono spettatori delle reazioni degli adulti di fronte alle difficoltà e ne subiscono, fino in fondo, l’influenza e l’esempio dei loro comportamenti . Comportamenti che, se positivi, adeguati, responsabili, possono aumentare il loro livello di autostima, di resilienza, la loro solidità, dignità, coerenza, stabilità di fronte alle attuali e future prove della vita. Ricordiamo , poi, che l’investimento, anche economico, sulla “salute mentale” dei Formatori, dei Legislatori, delle “autorità autorevoli” che guidano e amministrano i Paesi, è centrale, tanto quanto garantire la salute fisica di ciascuno e di tutti. Poiché, assai spesso, quel benessere fisico può, addirittura, dipendere proprio dal benessere mentale. E, certo, non aiuta il raggiungimento di questo equilibrio, il clima da “bollettino di guerra” che viene, oggi come ieri, costantemente proposto dai mass-media tradizionali e non. E non mi riferisco soltanto ai programmi di informazione ma penso anche all’intrattenimento e a tanti film e serie televisive che vengono mandate in onda, senza tenere conto del momento che stiamo vivendo. Insomma, è necessaria una programmazione mediatica che sostenga, in modo creativo e costruttivo, il momento cupo, incerto, drammatico che stiamo vivendo. Una programmazione diversamente pensata, culturalmente illuminata, competente, attenta potrebbe, infatti, consentire a chi – soprattutto i minori – ne fruisce, di fare riferimento ad esempi, orientamenti e scelte, generose, scientificamente, umanisticamente e storicamente, valide. E di ricevere suggerimenti, indicazioni, proposte che contengano possibili soluzioni a situazioni, come quella ingenerata dal Covid-19 e caratterizzata da stress , angoscia, paura, dolore e comunque, insicurezza ed incertezza per il futuro. Infatti- e lo voglio qui, nuovamente, denunciare- è sommamente deleterea una costante, martellante informazione centrata, anzitutto e soprattutto, sul covid 19 che, in Italia, ha inglobato e cannibalizzato tutto il resto delle notizie e dell’intrattenimento massmediatico, accompagnata, peraltro, da serie televisive e film violenti e criminali, quando non osceni ed horror, decisamente inadatti ai tempi del Covid-19 – E, non soltanto! -. Si tratta di immagini e contenuti, forieri di vissuti distruttivi , estremi e destabilizzanti, con evidenti ricadute sull’humor generale, sulle prospettive di futuro, sulle paure catastrofiche, sull’errata scelta di “vie di fuga” e sulle ipocondriache, patologiche resistenze che vengono adottate dalle delle persone sottoposte a stress. Bisogna, allora, provvedere, ricorrendo al riconosciuto, selettivo contributo di qualificati, esperti e responsabili operatori della comunicazione, ad organizzare, con metodologica, scientifica, sistematicità, una programmazione massmediatica capace di illuminare l’’oscurità del tunnel che stiamo attraversando.
C’è chi parla di “pandemia psichica” o “virus psichico”
Concordo con la definizione di virus “anche” psichico. Come dire: “Psicovid-19”. Poiché l’attuale contesto pandemico, potrebbe influenzare, anche in seguito, negativamente, la mente dei bambini, dei preadolescenti, degli adolescenti – e, naturalmente, degli adulti!- Innescando in loro- come in tutti – paure per il futuro prossimo e venturo, angoscia di morte, panico, malessere psichico e fisico, devianze. Anche e, soprattutto, perché il nemico è invisibile, ingovernabile, irrefrenabile. E molti, in questo momento, hanno sviluppato forme di angosciante senso di impotenza di fronte a questa pandemia. Personalmente, io considero questo anche un “contagio emotivo”. E tale contagio emotivo, di fatto, può continuare a mietere vittime ancora per molto tempo. Dobbiamo, pertanto, essere in grado di elaborare il lutto di quanto ci è accaduto con consapevolezza, responsabilità, e strumenti psicologici, informazione e formazione adeguate. E, anzi, approfittare del momento, tenendo in debito conto gli aspetti problematici che, essendo stati slatentizzati a causa del covid 19, sono emersi. Per reinterpretarli ,in chiave positiva, pensando a quali analisi, azioni preventive, metodologie operative, alleanze, supporti economici e organizzativi e a quali soluzioni operative, possiamo, oggi, far riferimento e mettere in atto, per risolvere “alla radice” antichi problemi e piaghe sempre aperte. E non trovarci, poi, di fronte agli stessi problemi, nelle occasioni di difficoltà e di emergenza che, anche in seguito, potrebbero presentarsi o ri-presentarsi. E, infine, per far trionfare un globale senso di responsabilità di fronte a catastrofi come questa, che evidenziano come sia necessario integrare, confrontandole, le migliori risorse umane e le economie del mondo, per dare un futuro ad ogni comunità umana del nostro Pianeta.
Quali conseguenze dobbiamo attenderci perle menti dei più giovani?
Che il loro immaginario diventi, ancor più, “prigioniero” del web. In altre parole, questa fase di sospensione dagli impegni della vita quotidiana che abbiamo vissuto a motivo della pandemia, ha avuto, come pratica , inevitabile conseguenza, il “ricorso pervasivo al mondo virtuale”. Anzitutto e soprattutto, da parte dei minori. E li ha resi, per certi versi, iperconnessi, sia per ricevere informazioni, formazione, sia per mantenere i necessari rapporti umani con i coetanei, sia per lo svago. Se, però, questa modalità di comunicare si è dimostrata utile, rendendo “virtuoso” il virtuale e ci ha permesso di svolgere una serie di attività, necessarie a contenere l’emergenza covid 19, è anche vero che non dobbiamo commettere l’errore di promuovere, ad oltranza, l’utilizzo del virtuale. E di farlo prevalere sulle attività “de visu”, sulle pratiche lavorative ed educative, sui contatti, sugli intrattenimenti culturali,artistici, sportivi della vita reale, con il rischio di favorire lo sviluppo di generazioni iperconnesse. Se non, addirittura, di “Generazioni H”, depositarie della sindrome Hikikomori. Perciò, dovremmo tornare alla “cosiddetta normalità” – seppure con le dovute, imposte, nuove, cautele – potenziando il ritorno nelle aule scolastiche, le occasioni di stare insieme, di incontrare gli altri, di praticare sport, di godere di attività spirituali,culturali, artistiche e ludiche, individualmente e collettivamente. Dobbiamo, in tal senso, procedere per gradi, allenandoci al cambiamento e non improvvisando. E, prepararci, nel rispetto delle nuove condizioni dettate dal Covid-19, senza imperizia e senza cedere alla fretta, a ripristinare i ritmi della nostra vita quotidiana, adattandoli, con “resilienza” a quegli imposti dal Covid-19. Infatti, passare dal “tutto chiuso” al “tutto aperto”, senza una fase intermedia che consenta di acquisire le necessarie conoscenze di limiti e rischi e senza una gradualità che, se evasa, potrebbe avere conseguenze decisamente negative, costituisce un rischio da non correre.
C’è poi, un tema connesso all’uso del virtuale. Molti ragazzi, in casa, per passare il tempo, rimangono- e, già prima del covid 19 – incollati allo smartphone, dedicando molto tempo ai giochi online, alla play station e così via. Esiste, allora, un rischio amplificato di ludopatia?
Decisamente, si! Infatti, rispetto all’uso dei social media, assistiamo ad un raddoppio del tempo del loro utilizzo, per almeno quattro soggetti su 10. E’ una statistica che riguarda tutti e tutte le fasce di età. Infatti, a tale aumento dell’utilizzo del virtuale, si associa ad un incremento di emozioni e di stati, anche negativi, quali, ad esempio, la rabbia, il disgusto, la paura, l’ansia, la tristezza che vanno attentamente. valutati. “L’iper connessione di massa”, inoltre, colpisce in modo particolare le fasce più giovani. Ovvero, quei “nativi digitali” il cui immaginario è già, da tempo, prigioniero del web. Tra i minori di 12 anni, ad esempio, risulta esserci un abuso di internet, per giocare e comunicare col mondo reale e i coetanei, pari al 33,4%. Giocare è,poi, una possibilità di intrattenimento che, in generale, se fatto con moderazione, offre sollievo e svago. Attenzione, però, ai pericoli che, in questa situazione di coercitiva e isolante clausura, e, anche in seguito, possono derivare dallo stabilire una dipendenza “proprio” dal gioco, soprattutto online. Infatti, chi gioca troppo assiduamente, può diventare aggressivo e/o depresso o ludopaticamente in cerca di continue sfide, per superare il malessere interiore e la sensazione di impotenza che ne deriva se non si vince. E, ancora, allorquando si trasferisce l’aspirazione spasmodica a superare gli ostacoli, nelle sfide che il gioco online propone e comporta. E questo, nel tempo, può trasformarsi in una vera e propria “droga mentale”. Come dire: la dipendenza dal gioco è come un virus che, pervasivamente, può colpire chiunque, dai giovanissimi agli anziani, che la adottano, per distrarre la loro attenzione dai problemi della vita reale. In generale, ma soprattutto in questa critica emergenza dettata dal Covid-19, dobbiamo, poi, stare molto attenti proprio ai bambini, ai preadolescenti e agli adolescenti poiché essi attraversano delicate e radicanti fasi della loro crescita. Fasi in cui tutto, in loro, è fisicamente, mentalmente e psichicamente, in cambiamento. Pertanto, se, in questo decisivo iter del loro sviluppo, non sono seguiti, supportati, ascoltati, informati e formati, possono trovare – proprio nella regressione alla dipendenza indotta dal gioco online – come, peraltro, da altre forme di dipendenza, quali l’alcool e le droghe – una pericolosa ed allarmante valvola di sfogo ai loro dubbi, alle loro sfiducie, alle loro incertezze. Relative sia al presente che al futuro che li aspetta.