Circa 10 mila lavoratori metalmeccanici del settore automotive, a partire da Lunedi 27 Aprile saranno richiamati a lavoro in vista della ripresa delle produzioni di veicoli commerciali in Sevel. Una ripresa delle attività che di riflesso coinvolgerà migliaia di lavoratori degli stabilimenti di Fca come Pomigliano, Cassino, Mirafiori e Termoli oltre che la filiera di Cnhi e Marelli legata allo stabilimento di Val di Sangro e dell’indotto metalmeccanico automotive. Lo comunica in una nota il Coordinatore nazionale del settore automotive della Fim Cisl, Raffaele Apetino.
La mobilità dei lavoratori in vista della ripresa delle attività seppur in maniera graduale, durante la fase di emergenza sanitaria da Covid 19, è un problema che Governo, Regioni e Province rischiano di sottovalutare, al quale invece, va posta massima attenzione perché è imprescindibile che vada di pari passo con la sicurezza nelle fabbriche.
In tutti i luoghi di lavoro come Fim Cisl stiamo discutendo e stipulando con le aziende a partire da Fca, protocolli di prevenzione con linee guida anti-contagio per garantire ad esempio, distanza sociale, igienizzazione e sanificazione degli ambienti di lavoro, utilizzo delle mascherine e misurazione temperatura corporea.
L’incertezza di oggi è che se da un lato, stiamo lavorando ininterrottamente con le aziende al fine di garantire le misure necessarie di prevenzione ai lavoratori, dall’altro è inconcepibile che non arrivino segnali precisi da Regioni e Province sul tema dei trasporti da e per la fabbrica.
E’ necessario adottare subito misure atte a fronteggiare l’emergenza sanitaria come ad esempio aumentando il numero di autobus, di corse a disposizione, distanza di un metro a bordo, fornitura di mascherine e misurazione delle temperatura corporea.
Urge per tali motivi, un piano straordinario sulla mobilità da e per i luoghi di lavoro che merita immediatamente una elevata attenzione. Una questione seria che se non affrontata bene e gestita per tempo, soprattutto nella fase di ripresa graduale, quindi con presenza ridotta di lavoratori interessati, rischia di rendere carta straccia i protocolli di sicurezza già sottoscritti e attuati nelle fabbriche e generare nuovi focolai di contagio che metterebbero a rischio la salute di migliaia persone.