Gli esseri umani sono animali sociali. Tuttavia, ad alcuni risulta più naturale che ad altri la capacità di intessere relazioni, connettersi, parlare con gli sconosciuti, stabilire un dialogo autentico ed aperto. Personalmente, ritengo di essere molto fortunata. E’ grazie a due donne fondamentali nella mia vita che tessere relazioni ed entrare in connessione con gli altri è diventato per me una seconda natura. Mamma e nonna, entrambe napoletane, hanno sempre coltivato “la PIAZZA” attraverso la capacità di stabilire relazioni sociali, personali e professionali, in maniera spontanea: a cuore aperto. Questo tipo di networking che potremmo definire “open minds, open hearts” è quello in cui credo fermamente.
Il networking che ti cambia la vita. Il networking che aggiunge valore alle nostre vite non è quello di “settore” ma quello “trasversale”: avvocati che fanno networking con musicisti, imprenditori con mamme in congedo di maternità, studenti universitari con coloro che hanno un profondo desiderio di “restituire qualcosa” ed essere di ispirazione. È la contaminazione dei profili professionali che ci stimola in maniera diversa e trasversale. Il nostro way of thinking cambia e si evolve e ciò che ci sembrava un tempo impossibile, diventa reale perché riusciamo a trovare in noi stessi l’energia per reinventarci professionalmente, per osare, essere ambiziosi.
Il networking per me non rappresenta una transazione: “cosa ricevo in cambio…se io dò a te”, o quello che si basa sullo sfruttamento della propria posizione sociale legata al privilegio o all’anzianità lavorativa. Networking è la rete umana, è l’insieme di quelle connessioni che hanno il potere di trasformarci, quello a cui in Hub Dot abbiamo dato il nome di “alchimia”.
Nella mia vita professionale sono le connessioni umane ad aver fatto la differenza. Anche quando ero in Goldman Sachs, nella City a Londra, il mio network più importante era quello che si fondava sulle storie personali dei miei capi, e dei miei colleghi, qualcosa che andava oltre il loro ruolo ed il loro titolo professionale. Nel 2012, dopo aver attraversato tanti cambiamenti nella mia vita, cambiamenti che accomunano molte donne, mi sono sentita alla deriva. Tutti avevamo a disposizione piattaforme virtuali che ci consentivano di restare connessi praticamente sempre, eppure in quel momento non mi rappresentavano, sentivo che non raccontavano la mia storia. LinkedIn parlava della mia storia professionale con gente che neppure conoscevo ma da cui ricevevo “endorsement”, la mia pagina Facebook era piena di “amici” che era stato un algoritmo a fare incontrare.
Io cercavo altro. Volevo connessioni vere ed autentiche, che ci riportassero alla nostra dimensione di esseri umani, alla piazza fisica e non a quegli spazi virtuali fatti di intimità fredde. Hub Dot è nato sette anni fa a Londra, al tavolo di cucina di casa mia. Da semplice idea si è trasformata, in poco tempo, in una comunità globale che celebra il potere delle connessioni, di quei legami che sono di ispirazione e che possono cambiarti la vita. Ad oggi abbiamo organizzato centinaia di eventi e collegato comunità, banche, aziende scuole e università in oltre 25 città del mondo. www.hubdot.com
Hub Dot crea esperienze immersive e coinvolgenti che sovvertono la modalità tradizionale in cui ci si incontra. Le connessioni umane e le storie personali sono più importati dello status e dei titoli professionali. Hub Dot rimuove le etichette sociali e le sostituisce con cinque Dot (puntini) colorati che riflettono lo stato d’animo. Il tuo Dot è quello che rappresenta la tua storia. Ciò che conta non è “chi sei” o “cosa fai” ma “qual è la tua storia”. Grazie ai Dot siamo tutti sullo stesso piano. Contiamo tutti allo stesso modo. E questo introduce un altro elemento importante: il tema dell’inclusione.
Il mio suggerimento per prepararsi al networking? Il mio consiglio per le donne, ma per tutti in generale, senza fare alcuna differenza di genere, è quello di sentirsi forti della propria storia, qualunque essa sia e si spegnere quella vocina che nella nostra testa ci rende insicuri e ci ripete che “non sei abbastanza, non hai valore da aggiungere”. In tre passi, li riassumerei così:
- Sii te stessa. Rifletti su “qual è la mia storia oggi?”
- Guarda sempre oltre, non limitarti al network che ti sembra più ovvio, più in linea con la tua professione. Ma muoviti trasversalmente
- Sii sempre aperto a fare nuove conoscenze, a tessere la tua rete. Non puoi sapere in anticipo il potere che uno sconosciuto possa avere su di te. E soprattutto abbi l’umiltà di raccontarti a cuore aperto.
Articolo a cura di Marco Vigini e Simona Barbieri