Nelle campagne mancano lavoratori stagionali per i raccolti che sono facile preda di oltre 2 milioni di cinghiali oltre agli altri selvatici che si moltiplicano senza freni scorrazzando liberamente nei terreni coltivati con gravi danni a semine, foraggi, frutta, ortaggi, vigneti e minacciando gli animali della fattoria. E’ l’allarme della Coldiretti sulla necessità di difendere le forniture alimentari del Paese diventate piu’ preziose in questo momento ma anche la sicurezza e la salute dei cittadini. Nelle campagne ci sono piu’ animali selvatici che lavoratori agricoli e la situazione è drammatica lungo tutta la Penisola, da Nord a Sud, con lo stop alle misure di contenimento, gli italiani costretti nelle case e le forze dell’ordine impegnate nei controlli stradali per la quarantena.
I selvatici – sottolinea la Coldiretti – hanno preso possesso del territorio e si sono spinti anche nei centri abitati con segnalazioni nei paesi e nelle grandi città, oltre che nelle aree coltivate. In pericolo – precisa la Coldiretti – non ci sono solo le produzioni agricole necessarie per soddisfare la domanda alimentare dei cittadini ma anche la sicurezza delle persone che in alcuni territori sono assediate fin sull’uscio di casa, senza dimenticare gli incidenti stradali ed i pericoli per i mezzi di soccorso.
I rischi per la salute. Si stimano danni per oltre 200 milioni di euro ai raccolti con effetti anche sulla stabilità dei prezzi ma a preoccupare – ricorda la Coldiretti – sono anche i rischi per la salute provocati dalla diffusione di malattie come la peste suina. Un pericolo denunciato recentemente dalla stessa virologa Ilaria Capua che ha parlato del rischio effetto domino se oltre al coronavirus la peste suina passasse in Italia dagli animali selvatici a quelli allevati. La proliferazione senza freni dei cinghiali – aggiunge la Coldiretti – sta mettendo anche a rischio l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali anche in aree di elevato pregio naturalistico.
L’assalto degli animali selvatici – continua la Coldiretti – aggrava la situazione di difficoltà nelle campagne dove mancano almeno 200mila lavoratori stagionali per la chiusura delle frontiere agli stranieri che ogni anno arrivavano dall’estero garantendo ¼ delle giornate lavorative nei campi, per poi tornare nel proprio Paese.
Possibili soluzioni. Sul piano nazionale è necessaria subito una radicale semplificazione del voucher “agricolo” che possa consentire da parte di cassaintegrati, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università attività economiche ed aziende sono chiuse e molti lavoratori in cassa integrazione potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito proprio nelle attività di raccolta nelle campagne, secondo la Coldiretti, nel precisare che l’Italia non ha bisogno di posizioni ideologiche o di scorciatoie, ma di scelte pragmatiche per il bene del Paese, come quelle che riguardano l’agricoltura e la produzione alimentare.
I dati. Secondo l’analisi della Coldiretti quasi 1/3 dei lavoratori stagionali agricoli che veniva in Italia temporaneamente lavorava in sole 6 province e quelle che registrano i valori assoluti più elevati sono Bolzano (6%), Verona (5%), Foggia (5%), Latina (4%), Trento (4%) e Cuneo (4%) dove i voucher rappresentano l’unico realistico strumento per intervenire concretamente.
I cittadini in difficoltà. Per combattere le difficoltà occupazionali, garantire le forniture alimentari e stabilizzare i prezzi con lo svolgimento regolare delle campagne di raccolta in agricoltura la Coldiretti ha varato la banca dati “Jobincountry” autorizzata dal Ministero del Lavoro. Sono giunte in pochi giorni migliaia di richieste di cittadini italiani in difficoltà e tra questi per le difficoltà dell’industria, del turismo e di ampi settori del commercio e tra questi molti beneficiano di un ammortizzatore sociale che perderebbero se fossero assunti nei campi. E per questo che – conclude la Coldiretti – servono in voucher limitatamente a certe categorie e solo strettamente per il periodo di emergenza del coronavirus al termine del quale è auspicabile la ripresa del mercato del lavoro.